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Elezioni in Emilia-Romagna: alla fine ha vinto l’astensionismo

da Redazione

Quasi la metà di chi è andato comunque a votare, ha votato Pd (il 44,5% per la precisione), nonostante la fine anticipata dell’era Errani e gli scandali per le presunte “spese pazze” degli ex Consiglieri regionali.

 

di Daniele Bartolucci

 

Il primo “partito” è l’astensionismo, arrivato ormai ad avere un consenso bulgaro, superiore al 60%. Questo il dato più evidente emerso dalle elezioni regionali in Emilia Romagna. Il secondo dato è che quasi la metà di chi è andato comunque a votare, ha votato Pd (il 44,5% per la precisione), nonostante la fine anticipata dell’era Errani e gli scandali per le presunte “spese pazze” degli ex Consiglieri regionali. E nonostante la cavalcata della Lega Nord, accreditatasi in una regione non prettamente del nord come secondo partito, trainata dal nuovo “brand man” Matteo Salvini. Al netto delle astensioni, di cui nessuno in verità può dire se sono elettori di destra o di sinistra, il Pd emiliano romagnolo non solo ha mantenuto il consenso che aveva prima, ma per certi versi l’ha perfino aumentato: nel 2010 Vasco Errani fu eletto con il 52% e il secondo classificato, Anna Maria Bernini, raccolse un sostanzioso 36,7%, domenica scorsa Stefano Bonaccini ha vinto con il 49% mentre Alan Fabbri si è fermato al 29.8%. Dieci punti oggi, solo sei nel 2010. Tradotto nei fatti, Bonaccini avrà dalla sua 32 voti (il suo, 2 di Sel e 29 del Pd) su 50 totali in un’Assemblea legislativa – il Consiglio regionale, ndr – che parla chiaramente il linguaggio della sinistra, visto che un altro seggio l’ha conquistato la lista L’altra Emilia Romagna e cinque il Movimento 5 Stelle, sicuramente più vicini all’area del Pd che a quella dell’ormai defunto Pdl. E’ infatti il tramonto del progetto berlusconiano a caratterizzare queste elezioni: il centrodestra non solo si è presentato disunito per l’ennesima volta (nel 2010 fu l’Udc ad andare da solo, quest’anno la lista Udc-Ncd), ma ha perso ancora voti in favore sia del Pd che del Movimento 5 stelle. Non solo: se Forza Italia porta comunque due rappresentanti in Regione (tra l’altro due ex An come Bignami e Aimi) e può continuare a dire che chi ha scelto Ncd e Udc ha fatto una scelta sbagliata (visto che non hanno ottenuto nemmeno un seggio, mentre cinque mesi prima erano riusciti nell’intento alle Europee), non c’è niente da festeggiare. Con l’8% raccolto domenica, il partito di Berlusconi ha toccato il minimo storico, facendosi “doppiare” dalla Lega Nord di Salvini che, di certo, farà pesare questa nuova gerarchia nel percorso di riformazione di un centrodestra unito. Centrodestra che, anche si dovessero ricompattare tutti i partiti, quindi anche Ncd e Udc, sarebbe comunque una decina di punti indietro rispetto alla coalizione di centrosinistra.

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