Se non viene rimessa a posto, entro febbraio 2015 verrà chiusa la porta. Macchinari e muri “datati”: lavori per almeno un milione di euro.
di Alessandro Carli
Il dato di fatto è che se entro il mese di febbraio qualcuno non si farà avanti, la Centrale del Latte di San Marino chiuderà i battenti. Senza entrare in merito alle polemiche da oltre un lustro periodicamente rimbalzano, ribadiamo ancora una volta che l’azienda rappresenta un patrimonio per l’intero Paese e che vada quindi salvata e rilanciata. Certo, la cordata che acquisirà l’azienda dovrà rimboccarsi le maniche: i macchinari e l’intero edificio sono fatiscenti, e gli investimenti che dovranno essere messi sul campo non sono pochi, parliamo comunque di qualche milione di euro. La spesa che la cordata dovrà sobbarcarsi vale il gioco? Crediamo di sì: i margini di guadagno, al momento, sono piuttosto risicati. Molto dipenderà da una consonante e una vocale: CE, un marchio che permetterà di esportare i latticini del Titano anche all’estero. Esiste poi un valore impalpabile, più morale che economico: quello della tradizione, della qualità dei prodotti. Della continuità con il passato.
QUANTITATIVI PRODOTTI
Nel 2007 siamo entrati nella struttura. Già a suo tempo il Direttore della Centrale del Latte, Paolo Musci, ci aveva segnalato lo stato in cui vertevano i muri e i macchinari ma ci aveva parlato anche della qualità dei prodotti.
Lo abbiamo ricontattato per avere qualche dato aggiornato sulla forza lavoro e sulla produzione dei derivati dal latte. “Attualmente i dipendenti sono 15, a cui vanno aggiunti tre appaltatori, che si occupano della distribuzione e della raccolta del latte – spiega Paolo Musci -. Nel 2013 sono stati raccolti dalle stalle del territorio oltre un milione e 100 mila litri di latte. Più o meno la metà – quindi 545 mila litri – sono stati venduti come latte pastorizzato da bere. Il resto è stato impiegato per la produzione di formaggi – dalla Centrale del Latte ne escono sette tipi diversi per un ‘peso’ complessivo che ha superato i 68 mila chili – ricotta e yogurt. Di quest’ultimo – un alimento che è in continua crescita – ne sono stati consumati oltre 14.500 litri”.
LA STORIA
All’inizio degli anni Sessanta, in pieno periodo di “Dolce Vita”, la Centrale del Latte di San Marino (nata come parte della Robur: solo successivamente è stata acquistata dallo Stato) affidava al volto di una modella svedese la pubblicità del suo particolare “cartoccio di latte” a forma piramidale.
Nasceva il marchio “Euro Latte” che sottolineava così, con il nome e l’immagine grafica, i primi sentimenti di una Europa Unita che caratterizzarono gli anni ’60. La sagoma dei confini europei all’interno di una alabarda medioevale stilizzata, e il simbolo delle tre torri ad identificare la esatta posizione della Repubblica di San Marino, anticiparono di qualche decennio l’attuale idea di “denominazione d’origine”, intesa come valorizzazione di un territorio, delle sue tradizioni e dei prodotti della sua agricoltura, nell’ormai consolidata Unione europea.
Tanto si è fatto negli anni seguenti, sia in termini industriali che commerciali. Ma avere un buon latte e non esplorarne per intero tutte le potenzialità, è come godere solo parzialmente di un’opera d’arte della natura, che tanto altro ancora può dare.
IL SEGRETARIO AL TERRITORIO ANTONELLA MULARONI
Da anni si parla del futuro della Centrale del Latte della Repubblica di San Marino, lasciata un po’ ai margini. In questa coda di fine 2014, fortunatamente, qualcosa sembra muoversi. Abbiamo intervista il segretario di Stato per il territorio Antonella Mularoni per sapere in maniera più approfondita lo stato dell’arte della vicenda. La diciamo subito: la politica sta lavorando per garantire un domani a uno dei simboli del Paese. E qualche spiraglio sembra ci sia davvero…
Entro il mese di febbraio dovrà essere effettuata una scelta. Ci sono novità a riguardo?
“Il Congresso di Stato ha adottato il 21 ottobre scorso una delibera che prevede la possibilità di manifestare il proprio interesse a soggetti che abbiano un’esperienza almeno quinquennale nel settore lattiero-caseario e che si assumano una serie di obblighi elencati in delibera. Ci auguriamo dunque che tali manifestazioni di interesse arrivino”.
L’idea è quella di una forma di “affitto” della durata di 30 anni. Cosa chiedete agli interessati?
“Agli interessati chiediamo molto, anche al fine di salvaguardare la raccolta del latte prodotto in Repubblica e il suo trattamento in conformità alle disposizioni comunitarie nonché la tipicità e la qualità dei prodotti. L’immobile ove attualmente la Centrale del Latte esplica la sua attività sarà ceduto in locazione per 30 anni. L’aggiudicatario dovrà effettuare a sua cura e spese tutti i lavori di ristrutturazione o di costruzione di nuovo immobile, che potranno essere dedotti dal canone di locazione fino all’importo massimo di 500.000 euro”.
Lo stabile è in condizioni abbastanza critiche. Due le opzioni: ristrutturare o costruire ex-novo. Qual è, secondo lei, la strada più praticabile?
“Deciderà l’aggiudicatario, che in ogni caso sarà tenuto a garantire la produzione anche durante il periodo necessario alla messa a norma dell’immobile”.
Sui media si sono alternate ipotesi di spesa: un milione di euro, due milioni di euro. Per lo stabile e i macchinari, qual è l’importo di partenza?
“Quanto all’immobile ho già detto sopra, gli oneri saranno a carico dell’aggiudicatario e lo Stato si limiterà a dedurre un importo massimo di 500.000 euro dal canone di locazione. Il resto rimarrà a carico del cessionario, che spenderà quanto riterrà necessario o opportuno al fine della messa a norma dello stabile. Per il resto direi che la manifestazione d’interesse è stata ricalcata su precedenti bandi e comunque l’obiettivo è trovare privati sinceramente interessati a sviluppare la produzione lattiero-casearia tipica sammarinese”.
Non si può pensare a una Centrale del Latte senza un dialogo con l’Europa. Esportare significa richiedere il marchio CE.
“Infatti stiamo lavorando anche per il raggiungimento di questo obiettivo”.
IL PRESIDENTE DEL CONSORZIO TERRA DI SAN MARINO
Flavio Benedettini segue la vicenda legata la futuro della Centrale del latte da cittadino ma anche da Presidente del Consorzio Terra di San Marino. “Sono preoccupato. La Centrale costituisce un bene per l’intera comunità. La struttura oggi non è più idonea né sicura. Il rischio è che a febbraio 2015 chiuda un settore storico dell’agroalimentare locale”.
Quali sono secondo lei le prospettive?
“Le soluzioni sono essenzialmente due: o l’edificio viene restaurato e consolidato oppure chiuderà”.
Sarebbe una grossa perdita per i cittadini.
“L’azienda è nel cuore di tutti: siamo cresciuti con i loro prodotti, con il cartone del latte del territorio sul tavolo di casa”.
Negli anni sono stati presentati diversi bandi.
“Alcune cordate locali ma anche estere hanno dato la disponibilità all’acquisizione, anche attraverso progetti meravigliosi, ma poi non se n’è fatto niente. Credo sia una questione di cuore: l’azienda non ha grandi introiti. Il problema è che si è parlato della Centrale del latte in un periodo difficile sotto il punto di vista economico: la grande crisi dei mercati, eccetera. Nel tempo forse si sono raffreddate le parti. Le imprese, come modus operandi, prima fanno e poi decidono”.
La struttura non gode di grande salute.
“Dovranno essere impiegate molte risorse per i lavori: un importo che oscilla tra il milione e i due milioni di euro. L’azienda però rappresenta un simbolo per il territorio e deve essere trovata una soluzione. Positiva, chiaramente”.