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Il sangue che impastò l’Europa

da Redazione

Sono passati settant’anni dalla Seconda Guerra Mondiale, che tragicamente lambì anche il Titano. Conseguenza di un equilibrio socio-politico più che precario, provocò oltre sessanta milioni di vittime.

 

di Loris Pironi

 

In questi giorni corre il 70° anniversario della Battaglia di Monte Pulito, ricordata nei libri di storia anche come la Battaglia di San Marino. Siamo nelle fasi salienti della Seconda Guerra Mondiale, il conflitto che più di qualunque altro ha lasciato il segno, ha sconvolto l’umanità.

Anche la neutrale Repubblica di San Marino è stata coinvolta dagli eventi bellici: per lo “sconfinamento” dei combattenti all’interno del proprio territorio, ma anche per il triste episodio del bombardamento alleato, quelle 263 bombe sganciate per un “errore” dell’intelligence britannica e che il 26 giugno del 1944 provocò 63 morti.

È proprio per questo che San Marino Fixing dedica lo Speciale Cultura di questo mese al secondo conflitto mondiale, alle sue origini e alle sue conseguenze.

Se la causa occasionale che portò allo scoppio della Prima Guerra Mondiale fu un episodio isolato, l’assassinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando d’Austria da parte del terrorista – o patriota a seconda da che parte la si guardi – Gavrilo Princip, per la Seconda Guerra Mondiale non si può fare altrettanto.

L’inizio ufficiale, così raccontano tutti i libri di storia, fu sancito dall’invasione delle truppe della Germania nazista alla Polonia, un’avanzata inarrestabile fino al cuore della Francia, la famosa guerra lampo che si tramutò in estenuante lotta di trincea. Una lettura sin troppo facile, che tuttavia fa perdere di vista lo scenario globale che portò al conflitto.

Le cause recondite dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale si ritrovano infatti ben radicate nella pace che scaturì nel 1918 al termine della sanguinosa Grande Guerra. La Germania sconfitta, schiacciata, annichilita, impoverita e “scippata” di alcuni dei suoi territori più ricchi (la fragile Repubblica di Weimar, destinata al rapido naufragio), con il sanguinoso avvento al potere di Hitler pretese infatti di riscuotere il conto.

Il XX Secolo sarà ricordato nei millenni a venire come il secolo dei totalitarismi. Il nazismo, il fascismo italiano, il franchismo in Spagna, il comunismo macellaio di Stalin in Unione Sovietica. Ideologie e regimi scaturiti dall’instabilità politica, povertà e ricchezza agli estremi in un mondo in rapida evoluzione, modelli di sviluppo in rampa di lancio (il capitalismo liberale statunitense) e in inesorabile declino (il colonialismo britannico). È questo lo scenario in cui Hitler prese il potere in Germania nel 1933, e in cui lo consolidò nei mesi successivi alternando violenze (la Notte dei lunghi coltelli, ad esempio) e roboanti discorsi di fronte a folle impazzite.

E il resto dell’Europa, e del mondo, nel frattempo cosa si faceva per impedire tutto questo? Assolutamente niente. Anzi, spesso il nazismo, prima che prendesse la rincorsa per travolgere i Paesi più vicini, era visto come un contrappeso per limitare il “contagio” comunista proveniente dall’est.

Ma nella seconda metà degli anni Trenta il treno nazista era ormai lanciato e mal incolse a chi non riuscì a coglierne il delirio di onnipotenza. Le conseguenze furono drammatiche in tutto il mondo. Quasi sessanta milioni di morti complessivi, l’Olocausto, le due bombe atomiche sganciate sul Giappone che diedero inizio a una nuova terribile era da cui ancora non siamo usciti. La guerra fredda e la divisione del mondo in due blocchi contrapposti. Tutto questo è difficile bollarlo unicamente come la conseguenza delle scelte di un dittatore sanguinario.

 

LA GUERRA LAMPO

Blitzkrieg, ovvero guerra lampo. Era quello che i generali tedeschi contavano di fare invadendo la Polonia, passando dal Belgio e dai Paesi Bassi sino a giungere con i propri Panzer fino a Parigi, aggirando la famosa Linea Maginot. La prima battaglia memorabile fu quella di Dunkerque, nella punta più settentrionale della Francia, a una manciata di chilometri dall’Inghilterra. Le truppe naziste avevano accerchiato i nemici anglo-francesi, ma per imperizia o eccesso di fiducia se li lasciarono fuggire da sotto il naso con l’intervento di una flotta rastrellata in fretta e furia tra navi militari e imbarcazioni private. Poteva essere una disfatta epocale per le forze alleate, invece entrò negli annali come il “Miracolo di Dunkerque”. La Germania provò quindi a fiaccare la resistenza britannica, in previsione di una massiccia invasione di terra (l’operazione Leone Marino), con l’utilizzo in forze della propria aviazione: la Battaglia d’Inghilterra del 1940 tuttavia portò al quasi totale annientamento della Luftwaffe, l’aviazione tedesca, fiore all’occhiello dell’armamentario nazista. E l’operazione Leone Marino venne “accantonata” a tempo indeterminato.

 

L’ITALIA IN GUERRA

Nel frattempo, il 10 giugno del 1940, l’Italia entrò in guerra, al fianco della Germania, giusto in tempo per fregiarsi di qualche piccola flebile gloria – se così le vogliamo chiamare – sulla Francia già alle corde. In ottobre partendo dalle proprie basi in Albania Mussolini aprì (senza peraltro informare l’alleato tedesco) un nuovo fronte in Grecia.


PATTO INFRANTO

L’avanzata nazista in Europa era resa più tranquilla, per così dire, dall’accordo di non aggressione con l’URSS firmato nel 1939 (il patto Molotov-Ribbentrop), ma nel 1941 Hitler diede il via alla monumentale Operazione Barbarossa, per ridurre in pochi mesi – così pensava – in ginocchio l’impero sovietico. Nonostante le perdite di enormi proporzioni (oltre 4 milioni di uomini in un solo anno) l’URSS resistette e passò al contrattacco, con i soldati tedeschi in trincea nel freddo e nel gelo. Altri venti quelli che spiravano in Africa, dove il dominatore incontrastato era il Feldmaresciallo Erwin Rommel, amato dai suoi uomini e ammirato dai nemici, con il suo Afrika Korps.

 

PEARL HARBOUR

Nel frattempo entrarono in Guerra gli Stati Uniti, tirati per i capelli dal Giappone che il 7 dicembre del 1941 bombardò Pearl Harbour. Oltre a portare in guerra i propri soldati i propri mezzi e i propri dollari, gli statunitensi combatterono battaglie di strategica importanza nei mari del Pacifico contro la flotta nipponica. L’evento cruciale fu la celebre battaglia delle Midway, quando le navi USA respinsero l’attacco feroce della Marina Imperiale Giapponese, segnandone il primo decisivo stop.

 

SBARCO IN NORMANDIA

Tornando in Europa la guerra sul fronte orientale stava dissanguando la Germania nazista, i bombardamenti a tappeto degli alleati anglo-americani provocavano morte distruzione e soprattutto scoramento. Usa, Inghilterra e gli altri alleati si stavano preparando per la spallata decisiva, lo sbarco in Normandia. Era il 6 giugno del 1944 quando venne dato il via all’Operazione Overlord. Il cosiddetto Vallo Atlantico era la lunga linea difensiva tedesca lungo le coste. Le truppe alleate sbarcarono in Normandia nella prima mattina in un tratto di costa francese compreso tra Quinéville e Merville. A comandare le operazioni il generale statunitense Dwight D. Eisenhower. Complessivamente le perdite furono attorno ai 10 mila uomini sul fronte alleato, tra i 4 e i 9 mila per i tedeschi. Numeri risibili confrontati a quelli di altre battaglie, ma nessuna fu di capitale importanza quanto questa.

 

VERSO BERLINO

Una volta sbarcati sul continente, niente poteva fermare gli alleati. Che misero piede anche in Italia – che nel 1943, l’8 settembre, si era arresa – sbarcando ad Anzio e risalendo la penisola. Sempre più accerchiato, Hitler si trovò per tutta l’ultima parte della guerra asserragliato in un bunker a Berlino, mentre gli alleati, inglesi, americani e sovietici, facevano letteralmente corsa per arrivare per primi a Berlino.

La battaglia finale nel centro della capitale si concluse il 2 maggio 1945. Quella di Hitler si era conclusa tre giorni prima, il 30 aprile, con il suicidio nel bunker.

 

EPILOGO ATOMICO

La Germania si era arresa, il Giappone ancora no. Il 6 agosto 1945 un B-29, un bombardiere quadrimotore passato alla storia con il nome Enola Gay, partì dalle Isole Marianne e sganciò su Hiroshima la prima bomba atomica. Un secondo ordigno nucleare fu fatto esplodere tre giorni dopo su Nagasaki. Il giorno di ferragosto venne annunciata la resa incondizionata del Giappone. La Seconda Guerra Mondiale era finita, la Guerra Fredda cominciò proprio allora.

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