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San Marino, il fotogiornalismo nell’epoca del web

da Redazione

Il Centro Congressi Kursaal ha ospitato un workshop sull’informazione. La pienezza del giornalismo si raggiunge solamente sulla strada.

 

di Alessandro Carli

 

Spesso anche in redazione ci siamo chiesti e ci chiediamo il ruolo della fotografia all’interno di un prodotto editoriale. Nel nostro caso, San Marino Fixing. Quasi la totalità delle risposte ai nostri quesiti ci è stata fornita da un indovinato momento di formazione, un workshop intitolato “Il giornalismo nell’epoca della condivisione”. I tre relatori, Marco Capovilla, Leonardo Brogioni e Marco Vacca, hanno spiegato le tecniche di ripresa e l’utilizzo dell’immagine fotografica in ambito giornalistico ed editoriale, affrontando innumerevoli “casi” e mettendo a specchio le realtà internazionali a quelle italiane. E, com’era facile intuire, il Belpaese ne è uscito con le ossa rotte. Al centro dell’incontro, la fotografia e il fotogiornalismo. Nell’introduzione di Dario Gattafoni, Presidente del-l’Ordine dei giornalisti delle Marche, l’analisi di un passaggio epocale, quello cioè tra l’analogico, la pellicola, e il digitale. “Una volta erano necessarie solide basi tecniche per fotografare: la camera oscura per sviluppare i rullini, i tempi di stampa”. Oggi si parla sempre con maggior insistenza di condivisione sul web. Solo 15 anni fa, ha sottolineato Gattafoni, “era inimmaginabile. Oggi invece assistiamo a una grande interattività tra il produttore di immagini e l’utilizzatore”. Il Presidente poi è sceso a imbuto nel giornalismo e nel fotogiornalismo. “Dietro alla scrivania si può fare un buon giornalismo, ma non sarà mai al 100%. La pienezza si raggiunge solo sulla strada, sul luogo. Spesso nelle notizie di cronaca arriva prima il fotografo e poi in un secondo momento il giornalista”. Gattafoni poi ha dato la propria e condivisibile definizione di giornalista: un operaio della realtà. “Ci vuole grande umiltà, e capire che è importante imparare giorno dopo giorno”. Al centro dell’obiettivo del giornalista, ha chiarito il Presidente, “deve esserci la ricerca della verità. Non è fondamentale raggiungerla – qualche volta non ce la si fa – ma è importante cercarla”.

 

Foto-giornalismo

 

Sul fotogiornalismo, ha le idee molto chiare: “E’ la forma più alta di espressione. La verità è quella che vedi e che non racconti”.

A Capovilla, Brogioni e Vacca il compito di parlare di fotografia. “Dietro alla superficie della fotografia – ha esordito Capovilla – esistono tanti linguaggi da decifrare. Oggi alla fotografia si chiede di essere una forma di ‘approfondimento’. Le nuove tecnologie poi aiutano il fotografo. Al fotogiornalista si chiede di essere un narratore. E’ questo il vero valore aggiunto”.

Immancabile il paragone tra l’Italia e l’estero. “Negli altri Stati – ha annotato – ci si fa concorrenza con le fotografie. Dietro a ogni fotografia pubblicata c’è un lavoro di team. Il The Guardian ha 40 persone assunte che si occupano, a vario titolo, di immagini. In Italia nessun giornale ha un fotografo assunto nello staff”.

Marco Vacca invece ha suggerito i primi passi da percorrere nella fotografia. “Si deve partire dal guardarsi attorno, anche dal giardino di casa. E’ importante ottenere un linguaggio semplice e raggiungibile, leggibile. Ci si deve mettere nei panni degli altri”.

I filmati e le slide proiettate sullo schermo hanno ospitato una serie di esempi esplicativi di come gira il mondo al di là delle Alpi. Racconto fluido e interessante è quello su Matignon, il palazzo in cui lavora il Primo Ministro francese. A Parigi hanno deciso di raccontare come lavora: foto e didascalie che spiegano il meccanismo pubblico, in una visione (che in Italia e a San Marino mancano) di educazione civica.

Spazio poi alla tecnologia. Senza dirlo in maniera esplicita, una risposta ai cacciatori di pixel. “Non basta avere una macchina fotografica – ha sottolineato Vacca -. Bisogna saper interpretare quello che si vede, con grande pulizia”. Pulizia e ordine che devono appartenere anche al fotogiornalista: non più l’uomo vestito da marines con 3 macchine fotografiche e il giubbotto da pescatore, ma uno sguardo più discreto.

Vacca ha poi spiegato le enormi potenzialità del digitale. “Immaginate un pittore con una tavolozza con 30 colori. Questo era il fotografo ai tempi della pellicola, che consentiva un alfabeto limitato. Il digitale è una tavolozza con 300 mila colori, che dà la possibilità di lavorare sulle sfumature con maggior precisione. Che permette di avvicinarsi maggiormente a quello che si ha in mente”.

“L’importante – ha sostenuto Vacca – è quello che hai da dire e come lo dici, non la macchina che utilizzati”. A dare forza a queste parole il bellissimo lavoro firmato da un fotografo che, con due Iphone, ha fermato i luoghi di Ulisse. Insomma, quando la progettualità (e l’occhio) superano la tecnologia. Non da meno le immagini scattate quasi per caso da Stefanie Gordon. La ragazza era in aereo quando ha visto sbucare dalle nuvole lo shuttle. Iphone, due o tre scatti e una volta atterrata, le ha caricate su un sito di condivisione. La Associated Press (AP) le ha notate e si è messa in contatto con lei. Ha verificato la fonte e in un attimo, hanno iniziato ad essere diffuse. Alcuni giornali le hanno pubblicate senza riconoscere a Stefanie una somma, altre invece le hanno dato 500 dollari.

E’ la forza del digitale e della condivisione. “La legge della domanda e dell’offerta è molto presente nell’epoca della fotografia digitale – ha detto Vacca -. La crisi dell’editoria, l’afflusso alle immagini hanno una grande incidenza. C’è moltissima offerta e poca domanda: una legge che ha provocato l’abbassamento dei prezzi”. In un mare infinito di immagini, è necessario differenziarsi dagli altri. Una strada è quella della qualità massima, del dettaglio. Dei dorsi digitali, in caso di foto a medio formato (6×6), che arrivano anche a 80 megapixel. L’altra, quella maestra, è quella della narrazione.

 

ONLINE E CARTACEI

 

I tre relatori non hanno dubbi: quello che no è lecito sul cartaceo è lecito sul web. Per aumentare i contatti molto giornali hanno sezioni, nelle edizioni online, che trattano il gossip e il pornosoft.

 

L’ARCHIVIO

 

Molto importante per un giornale è l’archivio fotografico, che deve essere ben organizzato. Il New York Times possedeva 300 mila sacchi di negativi. Si è deciso di digitalizzare le immagini, è stato aperto un blog in cui vengono postate: la fotografia, il retro e le didascalie. Caricando per esempio 10 scatti ogni settimana, è stato stimato che i 300 mila sacchi saranno online nel 3135. Questo progetto ha creato una sorta di fidelizzazione nei lettori.

 

FOTO IN ITALIA

 

Il problema, hanno sostenuto i tre relatori, “è che in Italia il ruolo della fotografia nei giornali è secondaria: una volta disegnato l’impianto della pagina, si creano alcuni spazi che dovranno accogliere le foto. La fotografia serve per riempire i buchi”.

 

FOTO DAL WEB

 

Come ci si deve comportare con le foto che si trovano sul web? “Penso che si possano utilizzare – ha risposta Brogioni – purché post prodotte e impiegate per scopi artistico-culturali”.

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