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San Marino, il turismo: una storia di un secolo

da Redazione

Nell’Ottocento il Titano era una meta “sconsigliata”. E’ solo con la guida del Dehò (1891) che si inizia a dare una giusta “dignità” al Monte. Il punto di forza? Il suo bellissimo panorama, amato dai poeti.

 

di Alessandro Carli

 

La biblioteca di San Marino è una miniera inesauribile di spunti. Nel prezioso volume scritto da Davide Bagnaresi dell’Università di Bologna e pubblicato dall’Università di San Marino e dal centro sammarinese di studi storici – “Miti e stereotipi: l’immagine di San Marino nelle guide turistiche dall’Ottocento a oggi” -, attraverso l’analisi delle guide turistiche, si può percorrere l’evoluzione della parola “turismo”. Turismo che, anche per il Titano, inizia solamente nel 1891, grazie alla guida di Gaetano Dehò e recentemente ristampata in facsimile da Asset Banca.

Nelle guide d’Italia antecedenti a quella del 1891, San Marino era una meta “sconsigliata”: sconsigliata in quanto – riportano le guide – non vi era nulla.

Gli autori delle cosiddette “Guide d’Italia” – opere di grande successo che, prodotte tra gli anni Venti e Ottanta dell’Ottocento – alla Repubblica molto raramente dedicano più di una pagina. A San Marino non si possono trovare che “i tre castelli e le cinque chiese che la formano”. Spesso poi, imprecisioni ripetute e tramandate nei decenni dagli autori, completano il resto della descrizione.

A questo, si devono aggiungere le difficoltà del tragitto. Da Rimini alla vecchia porta del Paese, ubicata dove oggi si trova il Centro multireligioso (in cima alla costa dell’Arnella), ci si impiegavano più di quattro ore e mezzo. I mezzi di spostamento prevedevano, per la prima parte del tragitto, l’impiego di cavalli e per la seconda parte, quella più impegnativa e irta, i buoi.

Attorno alla metà dell’Ottocento i punti di forza turistica di San Marino erano solamente il panorama, il buon vino (tenuto nelle grotte) e quattro chiese (la pieve era ancora in piedi).

Si dovrà attendere circa 10 anni (1861 e sino al 1890) per trovare, tra le attrazioni, il medagliere di Bartolomeo Borghesi, che successivamente però venne smembrato. Sino agli inizi del Novecento il Monte veniva citato per il suo bellissimo panorama, fonte di suggestione per molti poeti (tra tutti, ricordiamo il Carducci e il Pascoli).

Ufficialmente quindi il turismo a San Marino apre gli occhi con la guida del Dehò che, forse perché il Titano sta diventando turistico (solo 3 anni dopo la pubblicazione della guida, verrà inaugurato Palazzo Pubblico) o forse perché si vuole colmare un “buco” nella letteratura del settore, scrive il primo volume sul Monte.

Il religioso Dehò, livornese di nascita, spiega in prima persona il motivo di questo volume: “Ora, stimando io di far piacere agli stessi forestieri, ho compilato la ‘Guida di San Marino’ per dare un tenue tributo di ammirazione a quell’antico asilo di pace e di libertà, che visito sempre con grande affetto, e per attestar pubblicamente la gratitudine dell’animo mio a que’ gentili e dotti sammarinesi che mi onorano di loro benevolenza”.

Dopo aver ricordato che nel 1910 la Rupe verrà citata nel Touring Club tra le vette che i ciclisti devono da esplorare, bisognerà aspettare sino agli anni Trenta del Novecento per trovare qualche altro punto di attrattività turistica: al panorama si aggiungeranno l’Ara dei Volontari, alcuni palazzi, le mura. Ed è sempre degli anni Trenta (1932) la ferrovia.

La riscoperta dell’anima medievale del Titano – che oggi attira molti visitatori, specie durante le rappresentazioni – risale agli anni Cinquanta, e fu voluta dal professor Giuseppe Rossi.

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