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San Marino, il progetto di plurilinguismo nella scuola locale

da Redazione

L’impostazione che la Segreteria ha scelto, affidandosi in questo ad uno dei maggiori esperti di linguistica internazionali, il prof. Martin Dodman, è naturalmente di alto profilo.

 

SAN MARINO – La Segreteria di Stato Istruzione e Cultura intende fare alcune precisazioni in riferimento al “progetto di plurilinguismo nella scuola sammarinese”, già avviato in fase sperimentale da alcuni anni nella Scuola dell’Infanzia e nei Nidi d’Infanzia.

L’interpellanza presentata in Consiglio qualche giorno fa, basata, probabilmente, sulla non conoscenza del progetto complessivo, fa riferimento ad un singolo aspetto di tale progetto, il CLIL, con affermazioni scientificamente non corrette che potrebbero generare, non certo negli addetti ai lavori, immotivate paure.

L’impostazione che la Segreteria ha scelto, affidandosi in questo ad uno dei maggiori esperti di linguistica internazionali, il prof. Martin Dodman, è naturalmente di alto profilo: il plurilinguismo e la costruzione di ambienti di apprendimento multilingui non significano soltanto l’apprendimento di ulteriori lingue oltre alla lingua madre, ma, soprattutto, implicano il potenziamento di tutti i processi cognitivi.

Il cervello plurilingue è un cervello potenziato in tutti gli ambiti formativi, è un aiuto alla matematizzazione e, in generale, a tutto l’apprendimento non solo linguistico. Il plurilinguismo va implementato a partire dai primissimi anni di vita, per questo il progetto parte dai Nidi, dove è già in sperimentazione, e ovviamente è partito con una sperimentazione sul bilinguismo, ma nell’arco di qualche anno, con il contributo di tutti, si potrà arrivare al multilinguismo.

Il progetto già attivato prevede un piano di azione composto da: azioni di sensibilizzazione (incontri con la cittadinanza, caratterizzazione delle agenzie e delle manifestazioni culturali, contatti con altre realtà multilingui), azioni di formazione (predisposizione di percorsi di formazione degli insegnanti e di consulenza e monitoraggio), azioni di sperimentazione (avvio di sperimentazioni in classe con gli insegnanti che hanno seguito i percorsi di formazione).

La formazione degli insegnanti è un punto fondamentale: in questi anni ne è già stata fatta tanta e tanta altra se ne farà in futuro, quello che è certo è che molti degli insegnanti che entrano oggi nel mondo della scuola hanno già maturato una preparazione linguistica tale da consentirgli di partecipare in maniera competente alla costruzione degli ambienti multilingui. Nel corso di specializzazione tenutosi quest’anno per aspiranti insegnanti una parte consistente della formazione, per esempio, è stata proprio la formazione linguistica. Il profilo professionale dell’insegnante si sta modificando repentinamente e uno degli aspetti che coinvolge tale modifica è certamente la competenza linguistica.

Gli insegnanti in servizio stanno già usufruendo e potranno usufruire ancora di tutta la formazione necessaria, a partire comunque, dalla considerazione, scientificamente validata, che al docente plurilingue non è richiesta la piena padronanza della lingua. Le attività possono essere regolate sulla base delle conoscenze dell’insegnante. Particolarmente, nelle scuole d’infanzia elementare, e nidi d’infanzia le attività possono concentrarsi sulla routine quotidiana, il pranzo, gli orari.

L’apprendimento multilingue si basa sul continuo interscambio e passaggio tra due, o più, lingue dove la costruzione di competenze linguistiche (nel caso particolare l’inglese) si accompagnano contestualmente allo sviluppo ed alla acquisizione di conoscenze disciplinari (come la geografia, le scienze, ecc.). Quindi non è vero che sia necessario l’utilizzo esclusivo da parte degli insegnanti della lingua target, anzi, il passaggio continuo fra le lingue favorisce il consolidamento delle conoscenze e l’arricchimento del lessico in entrambe.

Per quel che riguarda il CLIL, intanto non si configura come una metodologia di insegnamento ma è un approccio alle lingue che non prevede né l’insegnamento della grammatica (a questo è deputato lo specifico insegnamento) né che si parli esclusivamente in lingua. Attraverso il CLIL si può fare lezione frontale, attività laboratoriale oppure apprendimento cooperativo dove la lingua viene utilizzata per veicolare competenze curricolari.

Non è dimostrato né dimostrabile che l’ascolto di una lingua parlata in con un accento non perfetto sia controproducente. Innanzi tutto, particolarmente per l’inglese, non esiste la “pronuncia corretta”. Quale sarebbe tale pronuncia, quella inglese (di Londra o di Oxford o scozzese)? O quella americana (Boston, California o Texas), australiana, di Malta? Per la verità ci sono anche molti cittadini madrelingua italiano che non parlano davvero un italiano impeccabile…. evidentemente non è loro bastato imparare la lingua ascoltando l’accento giusto. A questo va aggiunto inoltre, che almeno nel caso dell’inglese, negli ultimi anni, esso è diventato una lingua franca e come tale sta perdendo i connotati nazionali e diventando piano piano un inglese internazionale.

La Segreteria s’impegna nell’autunno prossimo ad organizzare momenti pubblici di confronto ai quali parteciperà con grande piacere anche la nostra connazionale Simona Montanari, docente di linguistica alla California State University Los Angeles che insieme al prof. Dodman sta curando il progetto sul plurilinguismo.

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