Home FixingEditoriali San Marino Fixing, editoriale: “Le scelte e il partito del no”

San Marino Fixing, editoriale: “Le scelte e il partito del no”

da Redazione

Una cosa è certa: il doppio referendum ha lasciato il segno. O meglio, ha mandato un segnale. Un referendum su questioni oggettivamente “tecniche” che si è trasformato in un referendum politico sulla gestione della sanità e sull’operato del Governo.

 

di Loris Pironi

 

Una cosa è certa: il doppio referendum ha lasciato il segno. O meglio, ha mandato un segnale. Un referendum su questioni oggettivamente “tecniche” che si è trasformato in un referendum politico sulla gestione della sanità e sull’operato del Governo. Il voto ha portato all’annuncio delle dimissioni da parte del Segretario alla Sanità, Francesco Mussoni, che con tutte le forze ha difeso le due leggi spazzate via dal voto popolare. Dimissioni prevedibili, anzi forse dovute. L’esecutivo le ha respinte – anche questo un atto quasi scontato – perché dopotutto i due provvedimenti sono l’espressione del programma di coalizione e frutto del lavoro e dei voti della maggioranza. Dunque, di fronte alla cittadinanza, una responsabilità diffusa e non dei singoli. Più che altro riteniamo che, come spesso accade in questi casi, la scelta sia stata più di pancia che di testa, più per “punire” una maggioranza politica che ancora non ha risolto i problemi del Paese e che ha, come si suol dire, “messo le mani nelle tasche” dei cittadini, creando malumori e insoddisfazione. A prescindere da tutto il referendum ha messo il dito nella piaga del Governo: al suo interno ci sono, e sono diventati conclamati in quest’occasione, contrasti, divergenze, anche qualche personalismo. Non che la maggioranza abbia perso i referendum per questo, per carità, ma la sconfitta li ha fatti emergere. È palese anche il fatto che i sammarinesi siano davvero stanchi, oramai, di questa crisi. Che siano arrabbiati – con il governo, con la politica, con chi li rappresenta – perché non si vedono laggiù, appena svoltato l’angolo, le soluzioni ai problemi dell’occupazione e della crisi economica. E il referendum, la cui campagna è stata impeccabilmente condotta dalle forze di opposizione, è la risposta dei cittadini alle decisioni del Governo. Dobbiamo però dire anche questo: se non le prendiamo in astratto ma le poniamo a confronto con quanto avviene nel resto dell’universo mondo, le “misure impopolari” che il Governo ha varato in questi mesi per giungere alla sostenibilità dei conti pubblici, non sono poi davvero così impopolari. Una riforma tributaria “light” (di cui peraltro ancora non si può avere percezione concreta), qualche sforbiciata qua e là nel pubblico (“ma senza ridurre la qualità dei servizi”, e soprattutto senza licenziare nessuno). Giusto la patrimoniale, che però dovrebbe essere (fino a prova contraria) un una tantum. E allora perché tanta insoddisfazione, perché tanta rabbia? La risposta, a nostro avviso, sta nel fatto che non si vede ancora la luce in fondo al tunnel. Le promesse, gli annunci e i proclami oggi – sul Titano come nel resto del mondo – non funzionano più. E se è vero che Roma non è stata costruita in un mondo, è però difficile pretendere che guardando le fondamenta, cioè una voragine, che è quello che oggi – evidentemente – i cittadini-elettori sammarinesi hanno davanti agli occhi, si possa immaginare il palazzo finito.

Un’ultima osservazione, che riguarda il “partito del no”, che a San Marino purtroppo è molto forte. Attenzione: non vogliamo per questo criticare l’opposizione, che ha giocato la sua partita, l’ha vinta e l’ha vinta assai bene. Però questo referendum lascia pensare che qualsiasi sforzo si faccia per cambiare, in peggio oppure no, c’è sempre il modo di tornare indietro. E allora perché sforzarsi, compiere scelte (anche le famose “scelte impopolari”) quando poi rischi solo di fare una brutta figura e di perdere voti? Perché se ogni volta che c’è una decisione da prendere è già pronto il fronte del “no”, spesso trasversale e sempre compatto, tanto vale lasciare le cose come stanno. Non amministrare, ma semplicemente gestire il potere. Già, però così il Paese va a fondo.

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