Il Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Pasquale Valentini, sottolinea che attraverso questi strumenti adottati nell’ambito delle Nazioni Unite i Paesi hanno la possibilità di esprimere un forte e chiaro segnale politico.
SAN MARINO – San Marino è stato uno dei 58 Paesi delle Nazioni Unite a invitare il Consiglio di Sicurezza ad adottare la risoluzione proposta dalla Francia affinché la Siria venga portata dinnanzi alla Corte Penale Internazionale. Questa la motivazione racchiusa nella dichiarazione sottoscritta in data di 19 maggio 2014 dall’ampio gruppo di Stati che, dal gennaio 2013, chiedono che le violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario che continuano a verificarsi in Siria vengano deferite all’importante organo di giustizia internazionale.
Il Segretario di Stato per gli Affari Esteri, Pasquale Valentini, sottolinea che attraverso questi strumenti adottati nell’ambito delle Nazioni Unite i Paesi hanno la possibilità di esprimere un forte e chiaro segnale politico. Occorre infatti assumersi precise responsabilità unite ad azioni concrete per individuare gli autori delle atrocità commesse nei confronti del popolo siriano; tali autori dovranno dunque essere assicurati alla giustizia internazionale, nell’assunto che l’impunità per i più gravi crimini è inaccettabile e che in mancanza di responsabilità non ci sarà pace duratura in Siria.
Valentini sostiene che, trattandosi di uno dei maggiori appelli per emergenze umanitarie mai lanciati dall’ONU, non bisogna dimenticare che ognuno di noi è responsabile non solo delle proprie azioni, ma anche delle proprie inazioni. E’ necessario dunque che il Consiglio di Sicurezza adotti la risoluzione proposta da parte francese e che gli Stati membri delle Nazioni Unite siano uniti nell’invio di un forte messaggio di sostegno politico mediante la co-sponsorizzazione della risoluzione.
“Dichiarazione pubblica
Giustizia per la Siria: i 58 Stati invitano il Consiglio di Sicurezza ad adottare la risoluzione della Francia affinché la Siria venga portata dinanzi alla Corte Penale Internazionale.
I 58 Stati di seguito elencati condannano le diffuse violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale commesse quotidianamente in un clima diffuso di impunità da parte delle autorità siriane e delle milizie filo-governative, nonché da gruppi armati non statali. Invitiamo pertanto il Consiglio di Sicurezza ad adottare il progetto di risoluzione presentato dalla Francia affinché la situazione in Siria venga portata dinanzi alla Corte Penale Internazionale (CPI). Anche se diversi membri del gruppo avrebbero preferito un linguaggio più forte per quanto riguarda i termini del deferimento alla Corte e il sostegno dell’Organizzazione, tutti condividono l’opinione secondo cui il progetto di risoluzione si basa su fatti reali e rappresenta un importante passo verso la responsabilità. A questo proposito, il gruppo incoraggia tutti gli Stati membri dell’ONU a inviare un forte segnale politico co-sponsorizzando la risoluzione. I 58 Stati sono fermamente convinti che l’impunità per i più gravi crimini ai sensi del diritto internazionale sia inaccettabile. Senza responsabilità non vi sarà alcuna pace duratura in Siria.
Data la crescente intensità e brutalità del conflitto in Siria e la situazione umanitaria sempre più scioccante e disperata, e considerato che il governo siriano non ha dato alcun segno di voler consegnare gli autori dei presunti reati gravi alla giustizia attraverso procedure nazionali credibili, eque e indipendenti, è responsabilità del Consiglio di Sicurezza agire immediatamente. E’ passato più di un anno da quando questo gruppo di 58 Stati ha chiesto al Consiglio di Sicurezza nella sua lettera del 14 gennaio 2013 di rispondere senza indugio alle atrocità commesse da tutte le parti al conflitto, portando dinanzi alla Corte Penale Internazionale la situazione che caratterizza la Repubblica Araba Siriana da marzo 2011. Oggi ripetiamo questa richiesta.
Occorre sottolineare che la comunità internazionale ha creato la CPI e l’ha dotata delle competenze adeguate proprio per rendere giustizia a situazioni in cui le autorità nazionali non sono in grado o disposte ad attribuire responsabilità. Questa è la situazione in Siria. Inoltre, è fondamentale che ogni parte al conflitto sia ritenuta responsabile. Secondo la risoluzione, il Procuratore della CPI avrebbe il potere di indagare sui crimini commessi dalle autorità siriane e dalle milizie filo-governative, nonché da gruppi armati non statali, tutti commessi durante il conflitto in corso nella Repubblica Araba Siriana da marzo 2011.
Dopo tre anni di sanguinoso conflitto, il Consiglio dovrebbe votare un progetto di risoluzione presentato dalla Francia affinché la situazione in Siria sia portata dinanzi alla Corte Penale Internazionale. L’adozione di questa risoluzione è a nostro avviso la migliore opzione affinché venga attuata una promessa di giustizia per i milioni di persone devastate dalla guerra e vittime di questa tragedia. Allo stesso tempo, questo passaggio metterà in guardia gli autori sul fatto che i loro crimini non saranno dimenticati, nella speranza che ciò contribuisca a prevenire ulteriori atrocità.
In questo contesto, i 58 Stati sostengono fortemente questa iniziativa come la migliore opzione disponibile per assicurare alla giustizia gli autori di tali terribili violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario internazionale, e si sono rivolti a tutti i membri delle Nazioni Unite attraverso una lettera per incoraggiarli a unire gli sforzi. Non dobbiamo dimenticare che siamo responsabili non solo delle nostre azioni, ma anche delle nostre mancate azioni. Chiediamo pertanto al Consiglio di Sicurezza di andare avanti e adottare la risoluzione. Esortiamo gli Stati membri delle Nazioni Unite, indipendentemente dal fatto che siano o meno Stati parte allo Statuto di Roma, a inviare un forte messaggio di sostegno politico co-sponsorizzando la risoluzione. Le Nazioni Unite – sia il Consiglio di Sicurezza che tutti gli Stati membri – dovrebbero essere uniti e agire per la giustizia e la responsabilità per le vittime del conflitto in Siria.
Dichiarazione di Albania, Andorra, Australia, Austria, Belgio, Botswana, Bulgaria, Capo Verde, Cile, Isole Cook, Costa Rica, Costa d’Avorio, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Ghana, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Giappone, Lettonia, Libia, Liechtenstein, Lituania, Lussemburgo, Maldive, Malta, Isole Marshall, Monaco, Montenegro, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Panama, Paraguay, Polonia, Portogallo, Repubblica di Corea, Repubblica di Moldova, Romania, San Marino, Samoa, Seychelles, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, Tunisia, Regno Unito, Uruguay”.