I romanzi abbondano di mestieri affascinanti, fuori dal comune, improbabili. Dal liutaio patagonico al capro espiatorio, ce n’è davvero per tutti i gusti.
di Simona Bisacchi Lenic
Mestieri affascinanti. Lavori comuni. Attività illecite. Incarichi improbabili.
I romanzi abbondano di personaggi dalle professioni più disparate.
Chi non ha mai desiderato, almeno una volta nella vita, di diventare un disegnatore di fiordi norvegesi, nonché di pianeti su ordinazione, come Slartibartfast in “Guida galattica per autostoppisti” di Douglas Adams? E chi non si è mai sentito un degno concorrente di Benjamin Malaussene, professione capro espiatorio? Il protagonista di Daniel Pennac – da “Il paradiso degli orchi” a “Ultime notizie dalla famiglia” – è uno di quei casi in cui l’occupazione diventa una vocazione: la vocazione a prendersi la colpa di tutto. Una figura professionale che in tanti sentono di aver ricoperto e che tanti altri vorrebbero nei loro libri paga.
Un lavoro assolutamente realistico ma totalmente inventato. Eppure, si sa, la realtà supera sempre la fantasia. Cacciatori di draghi, streghe e ministri della magia svaniscono davanti ai personaggi incontrati da Luis Sepulveda in “Ultime notizie dal Sud”. Lungo le strade della Patagonia, in un mondo sospeso dal tempo, e sfregiato dal progresso, vaga solitario un liutaio alla ricerca di resti di legno per costruire violini. Sepulveda lo ha raccontato, il fotografo Daniel Mordinzinski lo ha immortalato – carne, ossa e poesia – in un’immagine in bianco e nero.
Anche lo “Zio Tungsteno” – descritto dal neurologo londinese Oliver Wolf Sacks nell’omonimo romanzo – non è un personaggio inventato. È il nome che lo scrittore da bambino dava allo zio Dave, niente di meno che il proprietario di una fabbrica di lampadine, con cui condivideva l’amore per la chimica, compagna leale in una difficile infanzia di solitudine.
Romantica l’occupazione che l’indimenticato Gabriel Garcia Marquez scelse per il suo Fiorentino Ariza, protagonista de “L’amore ai tempi del colera”. Innamorato, frustrato e respinto (ma solo per cinquantatre anni, sette mesi e undici giorni con le loro notti), Florentino Ariza, telegrafista capace di tessere insieme le parole con una passione rara, per un periodo della sua vita si pone a servizio di chi non sa scrivere, convogliando tutto il suo sentimento in lettere d’amore su commissione.
Ma uno dei lavori più raccontati, descritti e citati all’interno dei libri è proprio il mestiere di scrittore. C’è chi è pronto a sacrificare se stesso per diventarlo, come il “Martin Eden” di Jack London. C’è il narratore ispirato dalle “paturnie” di una inafferrabile vicina di casa, in “Colazione da Tiffany” di Truman Capote. E c’è Briony, la protagonista di “Espiazione” di Ian Mc Ewan, che diventerà scrittrice dopo aver annullato la vita di due persone con una menzogna, e dopo aver conosciuto l’orrore, nel costante tentativo di rimediare alla sua colpa.