Camera di Commercio: presentato il Rapporto per il biennio 2013-2014. L’ultimo colpo di coda della crisi? Intanto torna a crescere l’export.
di Alessandro Carli
Una flebile luce in fondo al tunnel. Certo, una rondine non fa primavera, però un timido raggio di sole, dopo una lunghissima notte senza stelle, può essere accolto con un mezzo sorriso.
Sono i segnali emersi dalla 20esima edizione del “Rapporto sull’Economia della provincia di Rimini 2013-2014” che sottolinea comunque come il recupero sarà graduale, con un biennio 2015-2016 che andrà meglio rispetto al 2014, nonostante il tasso di disoccupazione crescerà ancora nel 2014 per calare solamente a partire dal 2015.
Ma andiamo a vedere, voce per voce, lo stato di salute dell’economia riminese, focalizzandoci sul lavoro e sul mondo delle imprese.
Mercato del lavoro
Rispetto al 2012 sono in discesa sia i lavoratori che hanno instaurato almeno un rapporto dipendente nell’anno (nel 2013 sono stati 57.558 avviati, a fronte dei 63.538 del 2012, con uno schiacciamento del 9,4%) che il numero di persone avviate (93.373 nel 2013, 106.759 nel 2012: -12,5%). Confermata la propensione alla stagionalità e, di riflesso, al turismo: alberghi, ristoranti e esercizi pubblici inglobato quasi un avviamento su due (50,8%). La flessibilizzazione del mercato e la crisi hanno comportato una riduzione dei contratti a tempo interminato e una conseguente crescita (i vasi sono comunicanti) dei rapporti a termine.
Ma lavoro, purtroppo, significa anche Cassa Integrazione. Nel 2013, in provincia di Rimini, l’utilizzo complessivo della CIG è lievemente diminuita (-1,6%) scivolando da 9.186.908 ore autorizzate a 9.037.647 ore del 2013.
A dover far ricorso all’ammortizzatore sociale sono state soprattutto le industrie che lavorano nel campo della meccanica, del legno, del commercio e dell’edilizia.
Un altro dato utilissimo per capire l’andamento del lavoro a Rimini è rappresentato dal tasso di occupazione, ovvero il rapporto in percentuale tra il numero di persone occupate e la popolazione. E la forbice tra il 2012 e il 2013 segnala una contrazione: nel 2012 era del 63%, nel 2013 si è fermata al 60%. A subire questa particolare voce del capito “crisi” sono soprattutto gli uomini (71,5%) e i giovani: il tasso di disoccupazione colpisce una persona su quattro per la fascia 15-29 anni e una persona su tre nella fascia 15-24 anni.
Imprese
Un indice prezioso per capire se il polso dell’economia riminese batte ancora e con che frequenza è rappresentato dalla demografia delle aziende, quelle realtà che danno (o davano) lavoro.
A fine 2013 le imprese attive sono risultate essere 35.521, lievemente inferiori alle 35.781 unità di fine 2012 (-0,7%). Nel 2013 le cessazioni di impresa sono state 3.034, un numero ben superiore a quello delle neonate aziende: 2.905. Nel raffronto 2012-2013 sono cresciute le nascite (+1,9%) ma non abbastanza da compensare la percentuale delle imprese cessate, pari al 3,2%.
Le tenaglie della crisi hanno colpito soprattutto le imprese individuali (il 54% del totale delle imprese presenti in Provincia), calate del 2,2%, mentre sono numericamente aumentate le società di capitale, le cooperative, i consorzi e le associazioni.
A soffrire maggiormente è stato il commercio, seguito dalla ristorazione e dalla ricezione alberghiera. Gli unici comparti in positivo sono stati i servizi finanziari e assicurativi, i servizi di supporto alle aziende e le agenzie di viaggio.
Import-export
Altra voce fondamentale per misurare la temperatura corporea del tessuto imprenditoriale di Rimini è l’import e l’export. Quest’ultima ha fatto segnare una piccola crescita rispetto al 2012. Europa ma soprattutto Russia hanno dialogato con Rimini per l’abbigliamento, per l’acquisto di macchine per la formatura dei metalli e per le navi e le imbarcazioni. L’import, rimasto in linea con i dati del 2012, ha invece riguardato l’abbigliamento e l’alimentazione (pesce, crostacei e molluschi lavorati e conservati).
In un momento di crisi come quello attuale, caratterizzato soprattutto dalla contrazione della domanda interna, l’export può fare la differenza tra un’impresa che sopravvive, crescendo, e una che arranca; ma, ovviamente, l’internazionalizzazione non si improvvisa e non è l’ultima spiaggia a cui approdare nella speranza di sopravvivere all’ultimo minuto. Occorre mantenere sempre elevato lo standard qualitativo dei prodotti offerti sul mercato estero, mantenendo politiche di prezzo competitive, rese possibili dall’innovazione nei sistemi di produzione e dalla gestione dell’export, fondamentale per le strategie di crescita delle PMI.
Le previsioni sino al 2016
Tra il 2014 e il 2016 l’export è rivisto al rialzo, con una crescita annuale del 3,2%, così come il mercato del lavoro (+0,4 annuo). Dovrebbe contrarsi anche il tasso di disoccupazione (dall11,5% del 2013 al 10,1% del 2016.
Sempre che le attese riforme volute dal governo trovino attuazione.