Home FixingFixing San Marino, formazione professionale? L’Unas: “Si voli più alto”

San Marino, formazione professionale? L’Unas: “Si voli più alto”

da Redazione

Intervista al Presidente Loretta Menicucci: “Il 2014 sarà ancora difficile. Manca una visione globale. Il CFP potrebbe diventare quasi un liceo”.

 

di Loris Pironi

 

Il mondo dell’artigianato rappresenta una delle anime più importanti e significative dell’economia di San Marino. Anche l’artigianato sta vivendo da tempo una situazione difficile, ma è da qui che si può ripartire.

Con Loretta Menicucci, presidente dell’UNAS, l’Unione degli artigiani, facciamo il punto sull’attuale situazione. Le nostre riflessioni non possono che partire dalla recente lieta novella, ovvero l’uscita di San Marino dalla black list italiana.

“Si tratta di un passaggio importantissimo – risponde Loretta Menicucci – per tutto il nostro Paese e naturalmente più che mai per le imprese artigiane. Tra appalti e quant’altro c’è una fetta importante di lavori, per diverse tipologie di artigiani sammarinesi, che si svolge o che si potrebbe svolgere in Italia. Tutto questo, con la black list, ci era precluso o comunque reso molto più difficile. Per noi si prospetta dunque un’apertura molto importante, anche perché non dimentichiamoci che in un territorio dalle ridotte dimensioni come il nostro è assai difficile lavorare. Adesso che l’Italia ha riconosciuto i nostri sforzi dobbiamo fare di tutto per non ricadere nei vecchi errori. Dobbiamo anche fare tutto il possibile per riportare a livelli accettabili l’immagine del nostro Paese, che in questi anni di black list è stata calpestata. Io credo sia possibile ora dimostrare che possiamo essere una punta di diamante nel territorio italiano, che possiamo rappresentare un’opportunità e non più un problema. Ma dalla politica poi ci aspettiamo un cambio di passo nella gestione del Paese: ci sono tanti problemi che vanno risolti e non possiamo più aspettare”.

 

Come è stato il 2013 per gli artigiani della Repubblica di San Marino?


“È stato ancora un altro anno difficile. Abbiamo attraversando una fase di grave recessione, non ancora terminata, che ha portato riduzioni di personale e qualche chiusura di aziende, anche se devo dire che il saldo finale non è stato negativo, con diversi giovani che hanno dimostrato il loro coraggio e aperto 28 nuove attività in proprio. Con le imprese in grossa difficoltà è stata varata la riforma tributaria che porterà a chi fa impresa maggiore burocrazia e costi più alti”.

 

Però in questa fase c’è ancora il regime forfettario…


“Molte aziende artigiane hanno usufruito di questo regime di fiscalità semplificata, ma siamo consapevoli che dal 2015 dovrà essere abbandonato. Il nostro giudizio sulla riforma? Innanzitutto va detto che anche per noi era necessaria. Però ci pare ancora poco chiara e poco fruibile, con problemi di gestione per le piccole imprese. Se prima c’era tanta semplificazione, adesso ogni passaggio deve essere documentato: siamo passati da un eccesso all’altro…”.

 

Poi c’è il discorso della SMaC obbligatoria.


“Su questo punto come UNAS ci siamo battuti e continuiamo a batterci: lo Stato non può imporre agli artigiani, o a qualsiasi altro esercente, di praticare per forza uno sconto. Attenzione: noi non siamo contro la SMaC, ci mancherebbe, né siamo contrari a un sistema di controllo fiscale. Ma riteniamo che ognuno debba poter scegliere quali scontistiche applicare nella propria attività. Abbbiamo chiesto una SMaC ‘neutra’ per questo motivo, e sembra che arrivi: non tutti sanno che l’artigiano che aderisce al circuito rinuncia di tasca propria al 2%: non dimentichiamoci poi che c’è anche da pagare un ulteriore 3% per la tassa sui servizi, alla fine si tratta di cifre importanti, che alla fine dell’anno fanno la differenza, anche perché al momento quasi nessuno scarica questo aumento al cliente finale, perché ciò ridurrebbe ulteriormente la competitività”.

 

Cosa vi aspettate dall’anno appena iniziato?


“Anche il 2014 sarà un anno difficile, non ce lo nascondiamo. Per di più dovremo adeguarci alla riforma fiscale. Però non voglio mandare un messaggio negativo, il Paese si deve risollevare e noi artigiani vogliamo fare la nostra parte. In questo momento poi anche in Italia si sta parlando sempre più dell’artigianato quale grande risorsa, delle PMI come l’ossatura necessaria per far ripartire l’economia. Non vorrei che San Marino non dedicasse sufficiente attenzione verso questa grande forza, verso questa grande possibilità. Noi non chiediamo agevolazioni, vogliamo meno burocrazia e meno ostacoli sul cammino di chi fa impresa. Qualche passo avanti si sta già facendo del resto; auspichiamo finalmente di avere regole chiare, ma c’è ancora molto da fare. E poi per il futuro ci aspettiamo in generale una attenzione molto maggiore a tutto ciò che concerne la formazione”.

 

E in che senso, precisamente?


“La formazione è alla base di un’economia sana, soprattutto in un Paese piccolo come il nostro. Se non diamo la possibilità ai nostri giovani di formarsi, precludiamo loro il futuro. Personalmente però al momento sono molto delusa dall’attenzione che viene data a questo aspetto così importante: è un mondo che conosco bene perché sono impegnata in prima persona, da ben sei anni, come insegnante al Centro di Formazione Professionale. E mi dispiace vedere che non si vede questa scuola di formazione come un’opportunità”.

 

Scendiamo nei dettagli. Cosa c’è che non funziona?


“Quello che manca è una gestione coordinata, manca una visione globale. Gli spazi a disposizione non sono adeguati alle esigenze e spesso vengono gestiti male. I ragazzi a mio avviso non vengono messi al centro del progetto, mentre questo deve essere il futuro. Il CFP potrebbe offrire una formazione di alto, altissimo livello. Mi piace pensare che potrebbe diventare quasi una sorta di istituto tecnico o liceo professionale, dove le competenze utili per il lavoro sono sempre più affiancate da una formazione scolastica. Alziamo il tiro, puntiamo a creare una scuola che formi non solo l’artigiano, o comunque il lavoratore, ma sia una formazione globale. Un progetto di questo genere dovrebbe essere portato avanti in sinergia con le Segreterie al Lavoro e all’Istruzione, anche per giungere al riconoscimento dei titoli di studio all’estero. Così avremo la possibilità di formare i nostri giovani nella maniera più adeguata e anche di attirare ragazzi da fuori, creando un circolo virtuoso. A mio parere un modello interamente pubblico sta dimostrando di non essere in grado di funzionare. Serve mettere in atto una collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, in cui le associazioni di categoria, se adeguatamente coinvolte, possono offrire molto. Penso a noi artigiani che già oggi forniamo docenze altamente qualificate e soprattutto motivate, ma non siamo certo gli unici: senza contare che, collocamento permettendo, il contatto diretto tra chi fa impresa e i ragazzi che si formano per entrare nel mondo del lavoro, più facilmente può portare a proseguire il rapporto anche una volta terminata l’esperienza di formazione”.

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