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Festival di Sanremo: tutte le “Le cose belle” di Filippo Graziani

da Redazione

Intervista al figlio di Ivan Graziani tra la musica, la Liguria, Rimini e i problemi dei giovani di oggi.

 

di Alessandro Carli

 

RIMINI – Filippo Graziani è anche figlio di Ivan Graziani. E anche lui, come il padre (qualche lustro fa), parteciperà al festival di Sanremo. Ma Filippo Graziani è anche, e soprattutto, un musicista solido, con la propria poetica. Ha spalle larghe, tantissime serate in tutta Italia (anche con un omaggio ai pezzi più belli del padre) e un lavoro di “palestra” di vita (e artistica) che lo hanno decisamente formato. Fa quindi quasi sorridere leggere che l’artista gareggerà nella categoria “Nuove proposte”. La sola certezza, in attesa dei risultati della 64esima edizione della celebre kermesse canora, è il titolo del brano che darà alla platea della città dei fiori: “Le cose belle”.

Con Filippo partiamo proprio da qui, per poi allargare lo sguardo sull’universo-musica.


Il titolo della canzone che porterà in Liguria si presta a molte riflessioni. A una prima lettura, si avverte uno sguardo positivo sulla vita…

 

“A una prima lettura direi di sì. C’è sempre una nota di speranza, nonostante il periodo che stiamo vivendo. La mia generazione (è nato a Cattolica nel 1981, ndr) si sta rendendo conto di non riuscire a fare quello che vorrebbe. Mi riferisco sia agli artisti ma soprattutto a chi si è laureato, che si trova quasi costretto ad andare via per trovare un’occupazione. La mia generazione è cresciuta nel benessere ma sta vivendo nella crisi”.

 

Dove è stata concepito il pezzo?


“Tra Milano e Novafeltria. Direi quindi in viaggio, durante un periodo di trasferimento. Stavo lasciando la città meneghina per tornare nell’alta Valmarecchia. E’ un pezzo nato durante una fase di cambiamento”.

 

Di cosa parla?


“Il pezzo è una mia riflessione sulla vita, una specie di fotografia, e si rivolge a una o più generazioni. Il confronto è devastante: 20 anni fa i giovani avevano un obiettivo, alcune prospettive da seguire. Per noi è diverso: il consumismo non ha portato lavoro ma solo consumo”.

 

Se ieri Sanremo era un trampolino di lancio quasi obbligatorio per molti artisti, oggi esistono anche altri canali per farsi conoscere. Che rapporto ha con il web?


“Abbastanza sano, tutto sommato. Utilizzo il web per lavoro, e credo sia un ottimo strumento. Basta un click e si può arrivare lontano. Il web è una finestra sul mondo. C’è però, chiaramente, anche il rovescio della medaglia: la Rete rende tutti protagonisti e nessuno lo è più. Una volta, per registrare un album, si doveva fare molta gavetta. Io sono alla ‘vecchia’: mi sono messo in gioco, ho fatto tanta esperienza sul palco. I reality ti possono ‘lanciare’ in una sola settimana: basta una bella presenza e una bella voce. Sanremo, per chi ha un progetto solido e una personalità musicale, è la giusta vetrina”.

 

Il legame con i genitori artisti è innegabile: lei ha omaggiato suo padre, Cristiano De André ha fatto la stessa cosa con il suo. Al di là di una motivata base di partenza, poi un figlio ha passioni e studi del tutto personali. A chi si ispira?

 

“Io sono partito dalla musica inglese, anche abbastanza rock. Solo in un secondo momento mi sono avvicinato alla musica di mio padre. E’ un ‘esorcismo’ da fare, inevitabilmente. Il complesso da padre famoso diventa tale se lo fai diventare. Il mio approccio è stato più maturo”.

 

Dopo Sanremo, un album nuovo e un tour. Ci può anticipare già qualcosa?


“Il 20 febbraio uscirà ‘Le cose belle’: 10 canzoni. Ho curato sia la parte della parola che quella musicale. A metà marzo partirà il tour, che toccherà le principali città italiane. A Rimini mi esibirò, sulle assi del teatro Novelli, il 5 aprile”.

 

Per Lucio Dalla era “Santa Lucia” di De Gregori. C’è una canzone celebre che avrebbe voluto scrivere lei?


“Sono tantissime. Se devo sceglierne una, direi l’album’ Grace’ di Jeff Buckley”.

 

Graziani significa anche Novafeltria. Che rapporto ha con la Valmarecchia?


“Anche se sono nato a Cattolica e ho vissuto a Milano, mi sento montanaro. La Valmarecchia è il mio Appennino: amo gli odori, la quiete, camminare nei boschi. Con Rimini ho un rapporto di amore e odio. Mi piace nelle sue sfumature invernali”.

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