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ANIS, il Presidente Colombini: “Senza piano strategico San Marino ha perso un altro anno”

da Redazione

Intervista di Fixing al Presidente ANIS Emanuel Colombini. Critiche alla politica, per lo scarso coraggio dimostrato. E per le imprese che 2014 sarà? “Benino chi resta attaccato all’Italia, bene chi internazionalizza”.

Colombini Emanuel 5

 

di Loris Pironi


SAN MARINO – Ogni anno che si apre porta con sé speranze, aspirazioni. Ultimamente anche qualche preoccupazione. L’economia della Repubblica di San Marino si trova a metà di un guado, da cui proprio non sembra riuscire ad uscire. Assieme a Emanuel Colombini, Presidente dell’Associazione Nazionale dell’Industria Sammarinese, facciamo il punto della situazione.

 

Presidente, che anno sarà, il 2014, per le imprese sammarinesi?


“Per quelle imprese che sono agganciate direttamente al mercato Italia, che a sua volta vede una stabilizzazione del Prodotto interno lordo, i dati indicano la possibilità di una leggera crescita, o male che vada un pareggio. Ovvio che poi dipende da settore a settore. Per chi opera con l’estero invece ci sono aree molto più dinamiche, e il nostro Paese ha aziende che possono cogliere gli spunti importanti per una ripresa. Le nostre aziende più strutturate hanno come priorità l’export, e è anche per questo motivo che sosteniamo che il nostro Paese deve darsi come obiettivo principale quello di ragionare, e prepararsi, per andare oltre l’Italia”.

 

Da un punto di vista più ‘politico’ invece siete soddisfatti di come si è chiuso il 2013? Qualche risultato del resto è stato comunque portato a casa.


“Il 2013 era partito con un programma molto ambizioso, da parte della politica, legato in parte all’ultima Finanziaria che indicava, e a dire il vero indica ancora, una road map sin troppo ambiziosa di interventi, adempimenti e riforme da portare a termine. L’anno si è concluso e quello che riscontriamo è, ancora una volta, un ritardo profondo in tutta una serie di priorità, alcune delle quali non sono state neanche toccate”.

 

Almeno è nata la riforma tributaria.


“È vero, anche se ci sono voluti oltre due anni di gestazione. Del resto qualche timido risultato si è visto, nel corso del 2013. Come Associazione siamo pienamente in linea con le idee portate avanti al Tavolo per lo Sviluppo, uno strumento che riteniamo prezioso e che vorremmo fosse impiegato con convinzione, anche se sul metodo adottato ci sarebbe qualcosa da obiettare”.


In che senso?


“Nel senso che il dialogo è stato talvolta unilaterale: e se ha portato a un risultato concreto, ovvero la Legge Sviluppo, il Tavolo non è riuscito a diventare effettivamente quella cabina di regia che riteniamo necessaria per condividere con la politica gli input per la crescita che scaturiscono dal mondo economico. Quello che manca, nel nostro Paese, è una visione in prospettiva. Abbiamo trascorso un altro anno intero senza dotarci di un Piano Strategico, ed è un altro anno perso”.

 

Torniamo alla Legge Sviluppo. Qual è il vostro parere, ora che il testo è stato acquisito definitivamente con il relativo Decreto attuativo?


“Il Decreto ha abbassato alcune soglie, ma l’asticella da valicare per chi vuole incominciare a pensare di investire nella Repubblica di San Marino è stata lasciata comunque troppo in alto. C’è tutta una ‘fascia’ di piccole e medie imprese potenzialmente molto interessanti che potrebbero trovare terreno per attecchire nella nostra Repubblica ma che invece non rientrano nei criteri d’ingresso imposti dalla nuova norma. Noi chiedevamo un approccio per così dire più liberista in materia di politica economica, mostrando una maggiore volontà di accogliere gli investitori e puntando sui controlli a valle per garantire il corretto funzionamento del meccanismo e invece si è scelta una strada che rischia di tagliare fuori a priori le Piccole e Medie Imprese. Inoltre ricordo che malgrado le tante dichiarazioni, da una e dall’altra parte, la Repubblica di San Marino è ancora in black list italiana e questa è la prima delle discriminanti. In generale diciamo che vorremmo sorprenderci in positivo: speriamo di esserci preoccupati un po’ troppo, anche se non credo”.

 

La riforma tributaria invece è stata portata a casa, finalmente.


“Si riparte con una riforma basata su un concetto di fiscalità più moderno e possiamo dire anche più equo, che punta ad andare a recuperare il gettito su scala più ampia. I dubbi, casomai, riguardano gli aspetti pratici, la sua concreta applicabilità. Valutiamo favorevolmente la decisione di agganciare il controllo fiscale all’utilizzo della SMaC Card, ma non abbiamo ancora certezze sulle entrate effettive. Mi piacerebbe che si potesse ragionare con una visione d’insieme: cosa ci riserverà, come Stato, questo 2014 da un punto di vista della copertura finanziaria? L’impressione è che la riforma in sé non sia sufficiente per mettere in sicurezza il bilancio pubblico”.

 

Cosa vorreste dalla politica per quest’anno appena iniziato?


“In generale ci piacerebbe vedere uno slancio maggiore. L’estrema lentezza istituzionale che lamentiamo da anni non è consona per un Paese che, per le sue dimensioni, potrebbe aspirare a ben altra capacità di risposta. Con un po’ tutte le riforme siamo indietro, a partire da quella del mercato del lavoro e all’introduzione dell’Imposta sul Valore Aggiunto, l’IVA, ma possiamo parlare ad esempio anche di catasto o di Camera di Commercio. Il tempo è un costo, per lo Stato, e parliamo pur sempre di milioni di euro. Ma soprattutto il fattore tempo è una variabile che vorremmo fosse tenuta molto più in considerazione”.

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