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Teatro: la recensione de “Le lezioni americane” di Giorgio Albertazzi

da Redazione

In realtà il testo di Calvino diventa un pretesto: lo spunto iniziale – la “Leggerezza” di Calvino – diventa la testa di ponte per attingere al repertorio vastissimo dell’artista.

 

di Alessandro Carli

 

BELLARIA – Una festa per i suoi 90 anni, portati più che egregiamente. Una festa per il teatro Astra (gremito in ogni ordine di posto), che a metà dicembre ha voluto applaudire le vite di due grandi artisti: Giorgio Albertazzi, impegnato sul palco in “Lezioni americane” (spettacolo non nuovissimo: gira dal 2000 e chi scrive lo vide a Roma, al teatro Nazionale, ad inizio 2000), e l’autore del testo, quell’Italo Calvino, che ha saputo donare tante perle, tra tutte quel ciclo di conferenze negli USA.

In poco più di 90 minuti – leggeri e belli come gli anni dell’attore fiorentino – si assiste alla leggerezza: una scrivania ingombra di libri e di una macchina da scrivere, dei quadri accatastati in cui sono rappresentati visi trasparenti, occhi sfuggenti, figure inafferrabili. Non serve altro, anche perché altro non serve, quando va di scena la parola.

In realtà il testo di Calvino diventa un pretesto: lo spunto iniziale – la “Leggerezza” di Calvino – diventa la testa di ponte per attingere al repertorio vastissimo dell’artista: Dante, in primo luogo, con un canto della Divina Commedia (il V), ma anche qualcosa di Moby Dick, il D’Annunzio de “La pioggia nel pineto”, l’Ovidio delle “Metamorfosi”, “Amleto” di Shakespeare, Montale, il Milan Kundera e la sua “Insostenibile leggerezza dell’essere” e “Infinito” di Leopardi.

Ed è proprio negli omaggi ai Grandi che “esce” tutta la forza di Albertazzi: Calvino, lentamente, scende dal palco, e assiste al canto dell’Alighieri, alla follia nell’anima del Principe di Danimarca, al candore dei versi ovidiani.

La serata si è conclusa con la consegna da parte del Presidente del Consiglio Comunale Maria Laura Domeniconi, di un’opera d’arte originale realizzata da Claudio Ballestracci: l’opera, intitolata “N – evergreen”, è un libro in rame concepito come un contenitore d’esperienze, copione e biografia antologica. Tanti applausi. Alla faccia di chi sostiene che il teatro di parola abbia lasciato il posto a quello fatto solo di immagini video.

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