Il premio Nobel Vargas Jlosa è di recente intervenuto sul tema della fine dell’età dell’oro europea, rispondendo alle tante cassandre e alle loro previsioni terroristiche.
Il premio Nobel Vargas Jlosa è di recente intervenuto sul tema della fine dell’età dell’oro europea, rispondendo alle tante cassandre e alle loro previsioni terroristiche. Esse appaiono agli occhi di Jlosa del tutto ingiustificate perché egli è convinto che l’Europa non morirà ma andrà piuttosto avanti grazie alla sua solidità. La sua è così una voce fuori dal coro che si spinge a dire che la realtà ha anche smentito la mitologia dell’anticapitalismo sudamericano secondo il quale gli Indios avrebbero voluto continuare a vivere nei loro campi a proprietà collettiva in una società idealmente marxista. Gli Indios ha scritto Jlosa “sono gente normale, che vuole buone scuole per i figli, ospedali, acqua potabile”. Altro che decrescita felice…Poi ci sono, ovviamente, anche le note negative: secondo il premio Nobel l’Europa da tempo avrebbe accantonato le proprie idee per applicare ‘ricette sudamericane’ a base di populismo, corruzione, spreco, cinismo nei confronti della politica. Moltissimi paesi europei avrebbero così importato elementi tipici del sottosviluppo e da tempo ne sarebbero addirittura assuefatti: ‘se tutto il mondo ruba, nessuno si sente ladro. Se tutti sono corrotti, nessuno si giudica corrotto’. Ma per quale ragione l’Europa avrebbe rinunciato alla propria identità? La causa principe è per Jlosa la banalità della cultura, oggi appiattita sull’intrattenimento, che farebbe perdere alle persone quello spirito critico che rappresenta l’essenza di ogni civiltà. E come ritrovarlo? Per prima cosa prendendo coscienza che non è importante solo il sapere orientato al profitto, o al raggiungimento di risultati pratici e immediati, ma che è soprattutto fondamentale quello che da tempo consideriamo inutile. E’ infatti il sapere disinteressato, sia in campo umanistico che scientifico, il vero liquido amniotico in cui far crescere le idee di democrazia, libertà, uguaglianza e diritto alla critica. Le istituzioni che lo incarnano come le biblioteche, gli archivi, i musei, il teatro, sono allora la riserva morale che serve all’Europa. Frequentarli in maniera più assidua servirà a reagire al raggio del banale che oggi si sta allargando e che purtroppo cela la sostanza artistica, il ‘sapere inutile’ che dalla notte dei tempi sta alla base di tutti i progressi e di tutte le innovazioni.
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