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San Marino, la storia della dinastia Manzoni-Borghesi

da Redazione

La spiega molto bene Angela Venturini, la giornalista sammarinese a cui l’Ente ha affidato l’importante compito di scrivere un libro sulla storia della Villa e della famiglia Manzoni Borghesi, in uscita i primi giorni del nuovo anno.

 

Secondo le ricerche effettuate, Villa Manzoni risale al 1800, anche se gli studiosi sono convinti che il primo nucleo dell’edificio sia ancora più antico. E che, il realtà, il vero nome dell’edificio sia Villa Teresa. O più precisamente Villa Teresa Staccoli.

Teresa Staccoli fu la prima signora della dinastia Manzoni Borghesi, in quanto sposò Pietro Lugaresi, figlio di Giulia, sorella di Bartolomeo Borghesi, il quale, essendo senza figli assicurò la linea ereditaria adottando il nipote. E Pietro, come volevano le leggi, assunse il cognome delle zio e ne ricevette l’immenso patrimonio. Ma anche Teresa era ricchissima, la sua famiglia, di origine urbinate era proprietaria di un altrettanto immenso patrimonio, che portò in dote alla famiglia Borghesi. Tra le sue vaste proprietà fondiarie, quella grandissima di via Campolungo, con casa padronale.

Bartolomeo morì nel 1860 senza figli. Teresa a Pietro due lustri più tardi. Nel 1871, dopo la scomparsa di Pietro, Villa di via Campolungo andò ad Agostino Bartolomeo Manzoni Borghesi.

La questione ereditaria tra i due fratelli Luigi e Agostino Bartolomeo fu oggetto di una lunga controversia giudiziaria che terminò nel 1895 quando fu assegnato ad Agostino le proprietà a San Marino. Il patrimonio fu ulteriormente suddiviso tra i figli di Agostino, Pietro e Angelo. Quest’ultimo, che prese in sposa Laura Marchetti degli Angelini di Faenza, nel 1907 divenne proprietario della Villa.

Lo spiega molto bene Angela Venturini, la giornalista sammarinese a cui l’Ente ha affidato l’importante compito di scrivere un libro sulla storia della Villa e della famiglia Manzoni Borghesi, in uscita i primi giorni del nuovo anno.

Si sa che la Villa, nell’accezione di “casa di campagna”, venne chiamata così solamente a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, e che seppe essere un’oasi di quiete anche durante la II guerra mondiale.

E che oggi il suon nome è legato a quello di una illustre famiglia locale: Manzoni Borghesi.

La dinastia dei conti Borghesi – che discende dal ramo senese e che giunse in Romagna nel 1550, esattamente a Verucchio – ebbe molti uomini virtuosi, che ben seppero rappresentare – anche con cariche istituzionali – il Monte Titano. In primis, Bartolomeo Borghesi, nato a Savignano sul Rubicone nel 1781 ma che nel 1821 si trasferì a San Marino dove fece parte dell’organismo legislativo, il Consiglio Principe e Sovrano e nel 1830 lo elessero definitivamente Segretario di Stato per gli Affari Esteri, carica che mantenne per molti anni.

Proprio nel 1821 Borghesi scrisse in una missiva: “Sono dieci giorni che mi trovo a San Marino con molte delle mie medaglie e dei miei libri, e mi pare di starci sì bene, che conto di rimanervi fino almeno all’approssimare dell’inverno”.

Vi sarebbe rimasto trentanove anni.

I motivi addotti, di salute e di quiete per i suoi studi, erano probabilmente veri, ma tra le righe si legge anche altro, e la data del trasferimento, negli stessi giorni dell’insuccesso dei moti piemontesi e alla vigilia di una catena di reazioni e di processi destinata ad allargarsi dovunque, ne dà una conferma eloquente, come d’altra parte il fatto che la dimora temporanea divenne presto definitiva.

Il trasferimento a San Marino produsse in Bartolomeo Borghesi un radicale mutamento nel genere di vita e nello svolgimento e nei modi della sua stessa attività scientifica. Alla letteratura militante e alle distrazioni mondane aveva dato l’addio da tempo, ma San Marino significava anche la rinunzia a una partecipazione culturale e sociale che i suoi amici, da Faenza a Pesaro, da Milano a Roma, avevano molto apprezzato; la chiusura a ogni effettiva attività di pubblica amministrazione nel suo paese (attività per la quale Bartolomeo Borghesi sembra avere avuto gusto e vocazione oltre che capacità e senso di dovere, come presto si vide a San Marino stessa); e la drastica riduzione delle possibilità che finora avevano offerto al suo lavoro i viaggi, le biblioteche, il contatto diretto con le iscrizioni.

Gli restavano la sua eccezionale collezione numismatica, che anche nel periodo sammarinese poté ancora accrescere, i libri (non molti, e in gran parte rimasti a lungo a Savignano), gli scambi epistolari che presto raggiunsero una dimensione abnorme. Il suo nome è poi legato all’Accademia Rubiconia dei Filopatridi: oggi, quando si parla dei legami tra Savignano sul Rubicone e il monte Titano, non si può non menzionare il suo nome.

Un esempio cristallino di amore per due Paesi.

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