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Leon Engineering: progettazione bioclimatica per case sempre più “green”

da Redazione

L’avvento dei combustibili fossili, in particolare del petrolio e dei suoi derivati, ha fatto sì che venissero abbandonate tutte le conoscenze e le tecniche che fin dall’antichità l’uomo ha messo in campo per proteggersi dall’ambiente esterno, in particolare dal clima.

 

di Eleonora Zavoli


L’avvento dei combustibili fossili, in particolare del petrolio e dei suoi derivati, ha fatto sì che venissero abbandonate tutte le conoscenze e le tecniche che fin dall’antichità l’uomo ha messo in campo per proteggersi dall’ambiente esterno, in particolare dal clima. A partire dagli anni Settanta, quando il prezzo del petrolio ha iniziato a salire, l’attenzione si è spostata verso altre fonti. In particolare, per quello che riguarda il bilancio energetico degli edifici, si è data grande importanza alla progettazione bioclimatica che ha come obiettivo lo sfruttamento di alcune caratteristiche dell’ambiente esterno al fine di raggiungere benessere all’interno del costruito. La progettazione bioclimatica utilizza fonti energetiche rinnovabili accompagnate ad accorgimenti e sistemi che minimizzano il consumo e la dispersione negli edifici. Inoltre punta ad ottimizzare le potenzialità dei materiali da costruzione e dell’ambiente in cui sorge l’edificio stesso. Si è arrivati, così, ai concetti dell’edificio attivo e passivo. I sistemi attivi, di natura impiantistica, sono senz’altro utili nell’integrazione del fabbisogno energetico. Utilizzano collettori solari e pompe di calore geotermiche per ciò che riguarda il riscaldamento, mentre si affidano a impianti fotovoltaici, eolici e idroelettrici per la produzione di energia elettrica. Nei sistemi passivi invece è lo stesso edificio che capta, accumula e trasporta energia attraverso i suoi elementi costruttivi. Avere un’idea della classificazione energetica della propria abitazione è importante per conoscerne la reale efficienza energetica. Viene calcolata basandosi sul combustibile consumato nell’arco di un anno per metro quadro. Una casa si definisce “passiva” quando consuma meno di 15 kWh/m2anno. All’interno della struttura non sono presenti ponti termici, che sono i responsabili della formazione di condensa, di disomogeneità di temperatura delle superfici circostanti rispetto all’aria e dell’aumento dei consumi energetici dovuti a perdite di trasmissione (fino al 20-30% delle dispersioni totali dell’edificio). La progettazione passiva parte dalla conoscenza delle caratteristiche climatiche del luogo di costruzione e delle interrelazioni edificio-ambiente. Importante è la posizione geografica, che fornisce informazioni sull’irraggiamento solare, sulla posizione altimetrica e in generale, sull’orografia del territorio. Importante è il microclima in quanto direttamente influenzato dalle caratteristiche del luogo (temperatura, precipitazioni, eccetera). Come ormai risaputo, l’esposizione a sud porta ad un guadagno termico solare, mentre l’esposizione a nord porta a dispersioni energetiche e quindi a consumi maggiori. Alle nostre latitudini è consigliabile ubicare i servizi a nord e gli ambienti più utilizzati a sud. L’edificio si approvvigiona di luce e di aria attraverso le superfici finestrate, che nella nostra zona sono sconsigliate a nord. La dimensione delle finestre deve essere conforme alla normativa per ciò che riguarda l’illuminazione e la ventilazione, ma non eccessivamente grandi. Viene consigliata la realizzazione di edifici con forme compatte (limitano le dispersioni), utilizzando materiali naturali come legno e muratura e autoctoni.

I vantaggi? Un’alta qualità del comfort abitativo, calore uniformemente distribuito, indipendenza dalle fonti energetiche fossili e certificazione dell’immobile emessa da un ente terzo, indipendente dal costruttore.

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