Marco Vincenzi ha aperto la porta del proprio appartamento alla fotografia: un luogo privato per discutere sul ruolo delle immagini.
di Alessandro Carli
Un luogo posto sul limen, quasi di frontiera. O meglio: di confine. Un appartamento privato, piccolo, che apre la porta alla fotografia. RF64 Spazio Minimo è una bomboniera progettata da Marco Vincenzi, fotografo che risiede a San Marino e che, da qualche tempo, ha deciso di dedicare un suo spazio ad alcuni artisti che in questo modo avranno la possibilità di mostrare al pubblico il proprio lavoro per immagini. In questi giorni, RF64 ha un inquilino di prestigio: Cesare Ricci e la sua “Antologia”; un viaggio in cui la luce e i segni orientano l’utilizzo del linguaggio fotografico, che permette di restituire all’osservatore lo sguardo dell’autore sul paesaggio, anzi, sui luoghi che egli ama scrutare e riconoscere, di cui, attraverso la vista, nutre la sua persona, attenta, pacata, sincera. Con Marco Vincenzi entriamo in “camera oscura” per capire come e perché nasce questa iniziativa privata. “Si tratta di un mio spazio, che si trova a Gualdicciolo. Ho pensato di utilizzarlo per una serie di iniziative culturali sulla fotografia e la cultura visuale in genere. Sul territorio sammarinese e nelle zone limitrofe non ci sono spazi o luoghi dedicati in modo specifico alla fotografia, a parte il SI Fest di Savignano, così ho pensato di ‘svolgere in casa’ un’attività – quella sulla fotografia – che sino ad oggi ho sempre realizzato in altre realtà territoriali. Si tratta di piccole esposizioni di fotografia, dedicate al lavoro di autori poco noti, che possano essere un pretesto per ragionare e riflettere, anche teoricamente, sull’arte fotografica. Credo che in Italia e, ancor di più, a San Marino manchino dei luoghi dove poter discutere sulla fotografia e le arti visive, in maniera anche critica e costruttiva per ognuno, così ho pensato ad un tentativo in proprio. Attraverso la visione di queste esposizioni auspico si attivi un dibattito che possa promuovere una consegue crescita culturale di fotografi e amanti della fotografia. L’idea che sto cercando di attuare prevede anche l’organizzazione di incontri, seminari e conversazioni, che possano prendere spunto da quanto esposto in queste piccole mostre”.
Il suo spazio ha aperto con due autori.
“Da sempre mi interesso di fotografia e, tra le altre cose, fotografo, realizzo progetti ed insegno cultura visuale in un master presso Fondazione Fotografia a Modena. In tutto questo, la cosa che mi interessa di più comprendere è cosa si muove, che cosa è possibile costruire socialmente e culturalmente a partire dall’arte fotografica. Sono partito con l’esposizione delle opere di due autori che conosco bene; in giugno ho accolto il lavoro di Stefano Mariani, marchigiano di Senigallia – la città natale di Mario Giacomelli –, un artista ‘particolare’ che da più di un decennio ha abbandonato la ricerca estetica convenzionalmente riconosciuta nei circoli che frequentava, per intraprendere un percorso personale ed innovativo, che mi ha permesso di tematizzare il significato artistico di fotografie apparentemente banali, che apparentemente non richiedono abilità. Cesare Ricci invece è un ‘poeta della fotografia’, che costruisce la propria formazione attorno alla fotografia paesaggistica americana, quella di Robert Adams e Lee Friedlander. Si impossessa del loro lavoro e lo metabolizza così da farlo suo. E’ un fotografo che si muove lentamente e che riesce a comporre fotografie emozionanti e poetiche, fatte di segni, di piccoli elementi di luce, delicati ma in sé insignificanti. Io credo che a partire da ciò, si possa costruire una cultura sulla fotografia, non solo un oggetto estetico ma anche come una forma capace di ampliare la nostra conoscenza sul mondo, la nostra sensibilità, il nostro sapere in generale”.
Molte persone ‘scattano’ ma forse manca oggi una cultura fotografica. E’ ipotizzabile un per_corso di recupero?
“La fotografia è una forma d’arte e, come tale, è comunicazione artistica, che attraverso uno specifico linguaggio tematizza e costruisce nuova informazione sul mondo. Io credo che si possa dialogare attorno a questi argomenti per individuare nuovi elementi che ci aiutino a comprendere come approcciarsi a questa forma d’arte (ed è quello che sto cercando di fare anche sul blog phosphaino.wordpress.com dove dialogo sulla fotografia insieme ad un’amica, Francesca). La fotografia non utilizza il linguaggio verbale ma opera attraverso la percezione. Se dovessi pensare alla fotografia come oggetto, penserei ad un indice, una traccia delle cose che noi rileviamo della ‘realtà’ e che in questo modo costruiamo nei significati. Con la pellicola, questo avveniva attraverso la luce e gli elementi chimici per svilupparla. Con il digitale cambiano certi elementi, ma non cambia del tutto la sostanza. Nel momento in cui la luce attraversa l’obiettivo ed arriva al sensore digitale, l’azione è la stessa, con la differenza che è un software ad agire e a tradurre il risultato in un codice numerico. E’ sempre un’azione indicale, l’elemento fisico che si fa portatore di un valore di ‘verità’ nel quale, storicamente, abbiamo deciso di credere”.
La fotografia raccolta una realtà o la realtà?
“Ho una formazione costruttivista e credo che la realtà sia inconoscibile in sé; ha bisogno della cultura per essere costruita e interpretata, ma questo sarebbe un discorso lungo da affrontare. Chissà che non lo si possa fare frequentando RF64 Spazio Minimo”.
Lo spazio espositivo RF64 Spazio Minimo si trova al 2° piano di una palazzina posta in Via Rivo Fontanelle, 64 a Gualdicciolo di Acquaviva (San Marino), a 500 metri dal confine con l’Italia sul versante del fiume Marecchia. La mostra di Cesare Ricci rimarrà aperta sino al 18 novembre su appuntamento: 335.7345025.