Il Titano piazzato agli ultimissimi posti per quanto concerne l’accessibilità relativa alle informazioni sul credito. Benino le regole per rispettare i contratti e risolvere le insolvenze, troppa burocrazia sulla strada di chi fa impresa.
di Loris Pironi
Doing Business prende in esame dieci differenti parametri, dieci “topic” su cui misurarsi. Ecco punto per punto qual è la situazione di San Marino.
Far partire un business
Il primo dei quesiti riguarda le “sfide” che l’imprenditore deve affrontare per iniziare un nuovo business in un Paese. Il rapporto Doing Business prende in esame diversi parametri, tra cui il numero di adempimenti attraverso cui deve passare, il tempo impiegato in media per i singoli passaggi, il costo e il capitale minimo richiesto in percentuale rispetto al reddito nazionale lordo pro capite.
Sugli ostacoli posti di fronte alla partenza di una nuova attività, San Marino non si posiziona bene. Anzi, è piuttosto indietro nella griglia dei Paesi che aderiscono al programma Doing Business, soltanto 155° su 189. Troppe procedure richieste, 8 contro le 5 della media della macro-area in cui il Titano è inserito (Europa e Asia Centrale) e della media OCSE. Siccome il tempo in certi fattori non solo non è relativo ma è assolutamente determinante, non si può non leggere con disappunto il fatto che servono ben 40 giorni per risolvere le pratiche contro gli appena 11 della media OCSE. Se si raffronta la realtà di San Marino con il primo paese in questa speciale classifica (che non a caso è anche il primo paese nel ranking generale), ovvero Singapore, si nota come qui le procedure richieste sono appena 3 e i giorni richiesti sono appena 2,5. Persino l’Italia, che non se la passa bene (è al 90° posto) è messa meglio, con 6 procedure e 6 giorni di attese. Ma in questo ambito siamo convinti che San Marino può risalire la china e anche in maniera molto rapida. Già la nuova legge sulle licenze, se venisse approvata, potrebbe fare la differenza.
Quante procedure
La seconda domanda concerne il numero di procedure i tempi e i costi per la costruzione di un magazzino: l’ottenimento delle licenze e dei permessi necessari, le notifiche, le verifiche. Anche in questo caso San Marino entra in classifica piuttosto indietro (120° posto). Più o meno nella media per quanto riguarda il numero di procedure (14) e per i tempi (145 giorni, comunque troppi), ma fuori “mercato” rispetto alla media OCSE per quello che riguarda i costi. In particolare per quello che concerne i costi sono forse troppi i 90 giorni per i permessi di costruzione, i 20 per il certificato di conformità e gli stessi 20 per l’allacciamento idrico. Soprattutto, sono troppi per un Paese piccolo che vorrebbe presentarsi come efficiente.
E luce sia
Se c’è una classifica in cui San Marino svetta, addirittura entra nella top ten (al 10° posto) è quella che riguarda l’ottenimento dell’allacciamento alla rete elettrica. Con tre sole procedure e 45 giorni di media San Marino straccia letteralmente l’Italia (89a), dove servono ben 124 giorni e un costo decisamente superiore (sempre riferito alla percentuale sul dato pro-capite, 57% contro 216%). Poi nella pratica anche in questo ambito capita di scontrarsi con la burocrazia-canaglia che rende tutto più complicato, con documenti chiesti più volte e persi tra i vari uffici, soprattutto quando si tratta di cambi di sede più che di nuovi allacciamenti, ma per il Doing Business va più che bene così.
Inghippi da registrare
A San Marino non è facile, dati alla mano, risolvere tutti i problemi legati al diritto per quanto riguarda la registrazione di proprietà, intese come terreni o immobili. Se per verificare la presenza di vincoli particolari sulla proprietà è sufficiente una rapida procedura on-line (ma solo i notai possono accedere al registro digitalizzato), poi il processo diventa molto più complicato. Occorrono 9 procedure, 42 giorni e un costo in percentuale superiore alla media della macro-area e dell’area OCSE a San Marino, compreso il passaggio autorizzativo politico in capo al Consiglio dei Dodici. Per farsi un’idea, in Italia servono 4 procedure e 16 giorni complessivi. Se non si riesce a far meglio dell’Italia in questi ambiti così strettamente burocratici non ci si può aggrappare al solito refrain “piccolo è bello”.
Il credito piange
Per questa graduatoria – che prende in esame la copertura, la portata e l’accessibilità delle informazioni relative al credito disponibili sia attraverso un registro pubblico o di uffici privati – il Doing Business cambia metodologia. Si avvale delle informazioni disponibili e misura il tutto con una scala che va da 0 a 6. San Marino si piazza tristemente agli ultimissimi posti della classifica generale, 186° su 189°. Per quanto riguarda l’indice dei diritti legali (10 domande fondamentalmente poste a tutela dell’impresa), il Titano può rispondere sì ad appena 2 requisiti (contro i 7 della media OCSE). Ancora peggio va per quello che riguarda l’indice relativo alla “profondità” delle informazioni sul credito, dove sui 6 parametri le risposte sono tutte negative. E zero è anche la somma degli altri parametri presi in esame.
Investimenti protetti
Trasparenza delle transazioni, responsabilità degli amministratori, possibilità di contestare le transazioni. Nel complesso nella tutela degli investitori e degli investimenti, la Repubblica di San Marino si merita una sufficienza piena. Il Titano si piazza, esattamente alla pari con l’Italia, al 52° posto. Tra gli indici presi in esame, quello che misura la trasparenza delle transazioni vede San Marino uscire piuttosto con le ossa rotte (3 su scala 10, la media OCSE è di 7). Benino invece nelle altre classifiche, relative alla responsabilità degli amministratori (7 e 8) e alla forza della protezione degli investimenti (6).
Tasse tasse tasse
E ora parliamo di un argomento assai sensibile, le tasse. Le classifiche del Doing Business non guardano solo alla percentuale di imposte versate, quanto il numero dei pagamenti, il tempo necessario per mettersi in regola con le scadenze annue. Qui San Marino torna a scalare la classifica, ma non tanto quanto si potrebbe pensare: siamo infatti al 40° posto. Se non altro diciamo subito che il Titano almeno per questo parametro può continuare a far gola agli investitori italici, perché Berlusconi, Monti o Letta per loro non fa differenza. Vediamo il raffronto. A San Marino sono 19 i pagamenti a cui un’impresa deve sottostare mediamente in un anno (in Italia sono 15! La media europea è di 12, parliamo di tutti gli adempimenti relativi anche ai dipendenti), ma il tempo necessario per gli adempimenti è di “appena” 52 ore l’anno contro le 175 dell’area OCSE e le addirittura 269 necessarie in Italia. L’ammontare delle imposte sugli utili versate (in percentuale dei profitti commerciali) vede premiato il Titano con il 12% contro il 20% italiano, mentre tra tasse e contributi nella busta paga dei lavoratori secondo Doing Business siamo al 29% contro il 43% italiano.
Esportare che fatica
San Marino in questa classifica si piazza al 75° posto. Servono 4 documenti per importare o esportare merci, 13-15 giorni di media e un costo medio calcolato di circa 1.900 dollari per container importato o esportato (in Italia e nel resto dell’Europa è circa la metà, mentre sui tempi non ci sono differenze). Quello che i numeri non dicono è che il famoso o famigerato T2 rappresenta una complicazione notevole per le imprese rispetto a quanto avviene per i competitor di oltre confine e il fatto che rinnovando, potenziando e attualizzando gli accordi doganali con gli altri Stati per le imprese sammarinesi potrebbero schiudersi porte importanti.
Il rispetto dei contratti
L’altra classifica in cui San Marino è posizionata nelle posizioni di vertice (34° posto) è quella relativa alla facilità di far rispettare i contratti commerciali. L’evoluzione delle controversie, il costo e le procedure necessari per far valere le proprie ragioni, rappresentano un parametro essenziale per chi vuole investire in un luogo piuttosto che in un altro. E qui il Titano già oggi può dire la sua. Nello specifico, si può lavorare sui tempi necessari per risolvere una disputa (575 giorni, la media OCSE è 529, sull’Italia si dovrebbe stendere un velo pietoso perché siamo nell’ordine dei 1.200 giorni, un vero girone infernale). Il costo delle spese legali in percentuale sul valore del debito è calcolato intorno al 14% (in Italia è il 23%) e anche sul numero medio di procedure per far rispettare un contratto San Marino è messo meglio dell’Italia (34 contro 37, ma anche in questo caso non è che ci volesse molto).
Risolvere i fallimenti
Il tempo e i costi necessari per risolvere i fallimenti sono un altro parametro significativo, l’ultimo preso in esame dal Doing Business. I dati identificano le eventuali carenze nel diritto fallimentare dei singoli Paesi e le strozzature procedurali e amministrative nei processi per fallimento. In questa graduatoria San Marino è al 49° posto, l’Italia è al 33°. Per quello che riguarda i tempi sul Titano le questioni si estinguono in 2,3 anni di media contro l’1,8 italiano. Interessante anche il “tasso di recupero”, espresso in termini di quanti centesimi su ogni dollaro è possibile recuperare presso l’impresa insolvente. La media europea è di 70 centesimi ogni dollaro, a San Marino se ne recuperano 46, in Italia 62. Per la cronaca, e per chiudere con una nota “allegra”, il Paese primo in questa speciale graduatoria è il Giappone, dove in caso di fallimento per ogni dollaro vengono recuperati mediamente 93 centesimi.