Cifre impietose. Volatilizzati 2 mila posti di lavoro, i disoccupati sono 1.300. L’FMI rivede i dati del PIL: è -4% per il 2012 e -3,5% per il 2013.
di Loris Pironi
Venerdì 21 ottobre dell’anno di (dis)grazia 2008: l’editoriale di Fixing si apriva lanciando un serio e motivato allarme. L’analisi dei dati economici confermava già allora che anche San Marino aveva subito il contagio della crisi internazionale.
Le immagini degli impiegati di Lehman Brothers che uscivano per la strada a capo chino con le proprie carabattole dentro uno scatolone era molto lontana, allora, dal far anche solo intuire cosa sarebbe potuto accadere qui, dall’altra parte del mondo, sul Titano. Oggi che sono trascorsi cinque anni, cinque anni di crisi durissima, possiamo provare a vedere che cosa è rimasto. E quanto il sistema ha tenuto: se siamo qui a raccontarlo, del resto, è perché tutto sommato qualcosa effettivamente è rimasto.
FMI rivede il PIL ancora al ribasso
Fate attenzione perché qui c’è la notizia e non una fredda analisi. Il Fondo Monetario Internazionale ha infatti rivisto, correggendole nettamente al ribasso, le stime del PIL sammarinese per l’anno in corso. Se qualcuno negli ultimi mesi si era crogiolato sulle precedenti stime del Fondo che parlavano di un 2013 nuovamente col segno “più” (per la precisione +0,6%, l’ultimo conteggio dei dati provvisori – arrivato fresco fresco pochi giorni or sono – rappresenta una doccia gelata. A San Marino per il 2013 infatti si prevede un ulteriore -3,5%, con un PIL nominale di 1.414 milioni di euro. L’FMI ha rivisto al ribasso anche le proiezioni per il 2011 e il 2012 (le prime ora sono definitive), passando da -2,6% e -2,0% a -2,5% e -4,0%. In sostanza il dato del 2011 è rimasto pressoché inalterato, il calo del 2012 invece è praticamente raddoppiato e le stime ottimistiche per l’anno in corso sono state di fatto smentite.
La serie storica del PIL sammarinese nel quinquennio della crisi la potete leggere nella tabella in pagina. Guardando al solo dato del PIL nominale – quindi il valore in milioni di euro e non in percentuale – il dato che scaturisce è agghiacciante. San Marino in questi cinque anni ha perso oltre un miliardo e 400 milioni di euro: di tanto la Repubblica è diventata più povera in un lasso di tempo così relativamente breve. Il dato l’abbiamo ricavato prendendo come rifermento il dato del 2008 (la crisi era iniziata a fine anno) e sommando l’emorragia dei singoli anni successivi.
Tutti gli altri indicatori della crisi
Tutti i dati che leggerete ora sono ricavati dai bollettini di statistica elaborati dall’Upeceds. L’occupazione è uno degli indicatori principali per leggere questa crisi. Il dato dei lavoratori dipendenti è passato da quota 20.300 del settembre 2013 a 18.753 dell’ultima rilevazione. Lo stesso trend si è registrato nel quinquennio per i lavoratori indipendenti (da 2.048 a 1.886) mentre il numero dei disoccupati ha visto una progressione inarrestabile da 561 del settembre 2008 – praticamente i disoccupati “strutturali” per una realtà come quella del Titano – agli attuali 1.323. Il dato della CIG che mostriamo invece è un aggregato annuale: facciamo riferimento alla serie sino al 2012 perché il dato ufficiale per l’anno in corso – pur mostrando un trend assolutamente preoccupante – si ferma al mese di marzo. Qui possiamo dire che i casi totali sono quasi raddoppiati e le ore di CIG richieste nel 2012 sono state oltre 860 mila, con un costo sociale di 8 milioni di euro. Infine un conteggio delle imprese perse in questi anni. Si è passati dalle 6.414 del settembre 2008 alle attuali 5.150 (-1264), mentre per il solo settore del manifatturiero, che è un dato assolutamente indicativo, siamo scesi da 638 ad appena 450.