Bocciato dal referendum, Marco Tura si dimette da Segretario della Confederazione Democratica del Lavoro. Prima ringrazia i cittadini che hanno votato sì, poi si assume la responsabilità di questa “sconfitta numerica” e rimette il mandato nelle mani del consiglio federale.
SAN MARINO – Bocciato dal referendum, Marco Tura si dimette da Segretario della Confederazione Democratica del Lavoro. Prima ringrazia i cittadini che hanno votato sì, poi si assume la responsabilità di questa “sconfitta numerica” e rimette il mandato nelle mani del consiglio federale.
“Ho innanzitutto il dovere di ringraziare gli oltre 14 mila cittadini che domenica 20 ottobre si sono recati alle urne, e in modo particolare ringrazio i 10.025 elettori che hanno votato SI al referendum Salva Stipendi”, ha affermato Tura, specificando che “domenica sera in molti definivano il risultato referendario una sconfitta numerica, ma una chiara e robusta vittoria politica”. Non ci è chiaro cosa si possa intendere con “vittoria politica” il voto favorevole di meno di un terzo degli elettori, soprattutto quando la scheda bianca, quella nulla così come il non voto per i referendum sono un chiaro messaggio politico tanto quanto il “no”, di fatto tra la “vittoria politica” e la “sconfitta numerica”, a pesare sul mandato di Tura pesa maggiormente la sconfitta numerica e così il segretario ha rimesso il mandato al Consiglio Confederale.
Prima di uscire di scena – ammesso che il Consiglio decida di accogliere il suo gesto di responsabilità – Tura si toglie qualche sassolino, in particolare nei confronti di Pdcs e Psd, due maggiori partiti della coalizione di governo, colpevoli di non aver appoggiato la sua battaglia. “Uno lasciando una libertà di voto mascherata da no, l’altro indicando di votare scheda bianca”. Più delle parole per Marco Tura “contano e pesano i numeri”. Il suo parallelismo: “il Referendum Salva Stipendi ha totalizzato 10.025 consensi (9.600 dall’interno); la coalizione di governo “Bene Comune” ha raccolto 10.028 voti (9.150 dall’interno). A questo punto viene da chiedersi come il Governo possa perseverare nella sua ottusa indifferenza, senza cioè prendere una decisione concreta che rispetti il risultato referendario, perché è chiaro a tutti che la maggioranza dei sammarinesi ha prepotentemente scritto sull’agenda politica e di governo il tema contratti e delle retribuzioni”.
“Di certo – prosegue Tura – abbiamo sfiorato il miracolo, il 50% dei cittadini residenti a San Marino ci ha dato ragione e ci affidano l’obbligo di continuare questa battaglia per dare dignità al loro voto. Una battaglia che alla fine si è scontrata con illogici tecnicismi legati al calcolo del doppio quorum. Stranezze e anomalie legislative per altro riconosciute dalle stesse forze politiche e parzialmente archiviate con una nuova legge referendaria che abbassa il quorum. Domenica 20 ottobre il messaggio è arrivato chiaro e forte: per i sammarinesi il nodo delle paralisi contrattuali e della difesa delle retribuzioni è centrale, noi continueremo questa battaglia per non tradire le speranze di diecimilaventicinque sammarinesi”.