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San Marino, referendum: non è una richiesta di adesione alla UE

da Redazione

I QUESITI – 2 / è una sfida serrata tra i due comitati. Le imprese: col “sì” va verso interscambi più agevoli.

 

Mesi di mail, comunicazioni, riflessioni, incontri e discussioni. Quel che è stato fatto è stato fatto: adesso saranno i cittadini a esprimersi. Abbiamo chiesto ai due comitati opposti un piccolo intervento sull’Unione europea: un faccia a faccia di idee, opportunità, ripercussioni e ricadute sul sistema San Marino.

 

Parla il Comitato per il no

 

Il Comitato per il no, parlando con i sammarinesi, ha potuto constatare come i cittadini siano coscienti che il 20 ottobre si andrà al voto per l’adesione. Inutile, far credere che si tratti solo di sondare il territorio.

Vogliamo ribadire che non è un no di chiusura ai rapporti diplomatici ma è un no a un’eventuale adesione che non sarebbe paritaria e conveniente nei nostri confronti.

L’Europa poi, in passato, ha già espresso un parere negativo in merito all’entrata della nostra Repubblica nella sua unione.

Il problema di base è quello economico. Dopo anni di sprechi ci ritroviamo con un debito pubblico che per tutti è una novità. Aderire alla comunità europea solo per avere dei prestiti finanziari? Ad un incontro di questi giorni il professor Bolognini ci ha spiegato come il nostro Stato sia considerato uno stato ricco. Per questo motivo, i finanziamenti non arriverebbero, in quanto risulteremmo sempre un paese in attivo, mai in perdita. Solo gli stati, come la Germania, che elargiscono somme e quindi si indebitano, ricevono dei finanziamenti ulteriori. Noi siamo per stipulare un trattato che possa ritenere soddisfatte entrambe le parti. Abbiamo potenzialità e risorse uniche. Per cui dovremmo trattare per i settori in difficoltà e non preoccuparci per la libera circolazione, dato che questa ci è già garantita. Certamente 33 mila abitanti non sono un problema per l’Unione europea. Bisogna porsi come una soluzione, una risorsa, non come un ostacolo! Un’adesione,metterebbe a rischio il nostro invidiabile sistema sociale.

Abbiamo troppo da perdere e poco da guadagnarci.

 

Parla il Comitato per il sì

 

Con il “sì” il 20 ottobre si avvierà il percorso che rappresenta la via maestra verso l’integrazione nell’UE e il negoziato che ne seguirà ci permetterà di comprendere con chiarezza e attraverso procedure codificate le condizioni praticabili, i costi e i benefici, le modalità e i tempi.

A conclusione del negoziato, democraticamente, i sammarinesi con un nuovo referendum decideranno se aderire definitivamente all’Unione Europea.

Potranno essere attivati nel frattempo strumenti tecnici e finanziari da parte dell’UE a favore di San Marino per attrezzare il sistema paese alle sfide di un adeguamento di competenze e normativo che è di per sé un fattore di crescita.

E’ vero che San Marino non può fare a meno dell’Europa e che non vi è una via più breve o meno complicata delle altre per l’integrazione. Tuttavia la strada dell’accordo quadro di associazione con Monaco e Andorra è carica di incognite e la strada dell’adesione allo Spazio Economico Europeo è una forma di integrazione parziale che obbligherebbe San Marino soltanto a recepire ed applicare le direttive europee con effetti positivi sul sistema bancario e finanziario, ma senza risolvere altre difficoltà.

La richiesta di adesione all’UE è l’unica strada che ci permette di “governare” il percorso di progressiva integrazione trattando deroghe, adattamenti, clausole di salvaguardia, periodi di transizione a tutela dell’identità della Repubblica affrontando e dando risposta a tutte le questioni avvertite come pericolose dai sammarinesi.

L’invito è a votare “sì”, a iniziare un percorso che non è esclusivo, ma determina una scelta di campo netta di apertura verso l’Europa, verso il mercato unico, verso un sistema di relazioni internazionali solido.


Le imprese e l’Europa

 

Un piccolo inciso sul rapporto tra le imprese sammarinesi e l’UE. È indubbio che una maggiore integrazione permetterebbe di superare alcune problematiche pratiche, a partire dall’interscambio delle merci e dalla gestione dello sdoganamento; questo discorso vale soprattutto per le imprese più piccole e meno strutturate. È un dato di fatto anche la necessità di trovare nuovi sbocchi al di fuori dell’Italia, e in tal senso per molti imprenditori le possibilità “accese” dal referendum rappresentano un primo passo vissuto sicuramente in chiave positiva.

Per chi fa impresa, insomma, l’Europa rappresenta nuove opportunità, tutte da sviluppare, ma già oggi pare una risposta plausibile all’immobilismo, politico e normativo, che da anni caratterizza San Marino.

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