Home FixingFixing San Marino verso l’Europa: il ruolo dei piccoli Stati secondo Adolfo Morganti

San Marino verso l’Europa: il ruolo dei piccoli Stati secondo Adolfo Morganti

da Redazione

In attesa del referendum del 20 ottobre, apriamo una finestra su alcuni temi molto caldi.

 

La data del 20 ottobre, giorno in cui i cittadini della Repubblica di San Marino sono chiamati a esprimersi sull’Unione Europea, si avvicina ad ampie falcate. Per sfatare alcuni luoghi comuni, (la materia è delicata, ed è facile avvitarsi su clichè e posizioni “fatte proprie per sentito dire”), abbiamo deciso di ospitare una serie di interventi, utili, secondo noi, per fare chiarezza su alcuni temi caldi, e creare un dibattito, un confronto di idee che, ci auguriamo, possano accendere la “miccia” tra i nostri lettori. Evitando di scivolare nella mera contrapposizione di pensieri – non vogliamo mettere a specchio chi è favorevole e chi no ma solo ospitare parole e spunti su cui riflettere -, San Marino Fixing ha pensato di sviscerare alcune diramazioni, alcuni tragitti che accompagnano il referendum: il ruolo dei piccoli Stati per esempio, con cui apriamo questo percorsi, ma anche le posizioni degli imprenditori e le possibilità delle loro imprese nei mercati del Vecchio Continente, senza dimenticare la formazione e i giovani. Fermo restando che, al di là di come si esprimeranno i cittadini, il Titano non può esimersi dal dialogare con l’Europa.

 

Quando si dice che l’Unione Europea è in crisi, si dice una ovvietà vera. Tant’è che tutti gli attori politici e culturali del continente sono concordi nell’invocare un “cambio di passo” dell’UE, da una mera unione economica ad un’autentica Unità politica e statuale. Nel contesto europeo, a loro volta, i Piccoli Stati soprattutto oggi possono essere stimolo e pungolo perché questi processi siano portati avanti coscientemente e coraggiosamente. Un buon esempio di ciò è stato l’incontro ufficiale tenutosi nel giugno 2012 a Bruxelles fra il Presidente Joao Barroso e il Segretario di Stato sammarinese Antonella Mularoni; in quella sede dall’Unione Europea è giunta l’esplicita richiesta comune ai Piccoli Stati Europei (PSE) ancora fuori dall’UE (San Marino, Andorra, Monaco) di essere parte attiva nel proporre all’Europa Unita nuovi percorsi di integrazione a propria misura, potendo contare sull’apertura e sull’attenzione delle Istituzioni Comunitarie. Questa apertura (anticipata da Romano Prodi già nel 2001) contiene alcuni aspetti da rimarcare:

a) Proviene ufficialmente dai vertici della Commissione Europea.

b) Riconosce apertamente la necessità di pensare nuove vie per l’integrazione europea dei PSE, così come l’Unione Paneuropea Internazionale sostiene dal 2003.

c) Individua fin d’ora una rete di PSE proponendo ad essi una iniziativa comune, riconoscendo implicitamente ad essi la qualifica di soggetti istituzionali e storici di pari dignità rispetto agli Stati più grandi dell’Europa Unita.

Questa apertura deve oggi interessare direttamente non solo i cittadini dei PSE direttamente interessati, ma tutti gli europei che abbiamo a cuore l’applicazione del principio di sussidiarietà e la tutela delle identità storiche e spirituali dei popoli europei: i PSE sono in ciò il banco di prova più esigente per le istituzioni comunitarie, sempre a rischio di involuzione tecnocratica e burocratica, come il compianto On. Otto d’Asburgo, già Presidente dell’Unione Paneuropea Internazionale, non mancava mai di sottolineare col vigore e la lucidità che gli erano propri. Questa speranza non implica ovviamente per noi, oggi, il chiudere gli occhi sulle gravi difficoltà che il progetto comunitario sta vivendo. Il deficit di coesione politico-economica dell’Europa Unita è oggi uno dei principali fattori di instabilità economica globale, e non consente di intervenire con la dovuta incisività nei contesti di crisi regionali limitrofi. Deficit di coesione significa arretramento e non progresso di quel cammino di armonizzazione delle differenze che costituisce la ricchezza e la forza della costruzione Europea: a fronte del motto “Unità nella diversità”, oggi l’Europa Unita difetta chiaramente della virtù – nobilmente ed essenzialmente politica – della progettualità, che superi i fisiologici egoismi degli stati nazionali acuiti dai risultati della crisi economica globale, all’interno di un progetto continentale comune.

Ne deriva, soprattutto in Italia, un clima massmediale di sempre maggior scetticismo nei confronti dell’Europa Unita, in cui la percezione dei limiti attuali delle Istituzioni Comunitarie non viene usata per chiedere con maggior forma più integrazione, più autonomie, più Europa, ma per accendere spinte centrifughe e disgregatrici, come se il ritorno alle miserie dello Stato nazionale otto-novecentesco fosse una soluzione alla crisi finanziaria globale.

Fortunatamente coloro che non si fanno guidare dalle mode massmediali del momento e mantengono una coscienza critica, colgono una realtà differente: ad esempio l’economista indiano Mohammad Yunus, il quale ha dichiarato che “L’Unione Europea non rappresenta un fallimento, ma un esempio da seguire. E presto anche il Sud-Asia riuscirà a realizzare questo grande sogno”[QN,11/7/2012].

Riprendere quindi in mano il “sogno” dei Padri Fondatori dell’Europa come Adenauer, De Gasperi, Schuman, Coudenhove-Kalergi, la costruzione di un’Europa più unita non solo economicamente ma anche e soprattutto politicamente e strategicamente, rappresenta oggi l’unica possibilità concreta di superare una impasse pericolosa e destabilizzante e venire incontro alle legittime esigenze dei PSE.

Questa necessità è sempre più chiara: ne sia prova il fatto che sempre più si parla di “costruire gli Stati Uniti d’Europa”; solo che se ne parla come un sogno proiettato dieci, vent’anni avanti: un tempo troppo lungo che non consente di rispondere adeguatamente ai tempi della crisi mondiale.

Di più “Europa politica” c’è bisogno qui ed ora. Anche per noi sammarinesi.

 

Adolfo Morganti

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