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L’antica Repubblica e una crisi che non ha volto

da Redazione

In un libro di AIEP il fotografo Gabriele Giardi la racconta così. Tra proprietà edificabili in vendita e valori sotto i piedi. E messaggi inquietanti sui media.

 

di Loris Pironi

 

Provate a pensare di spiegare, raccontare, rappresentare la crisi. I giornali – compreso Fixing – da anni, quasi cinque, ci stanno provando con le parole, con i numeri.

Ora provate a pensare come potreste farlo con un’immagine, o una serie di immagini.

Vi verranno in mente le fotografie che hanno fatto il giro del mondo dei dipendenti di Lehman Brothers che escono a capo chino dal grattacielo sede della grande banca d’affari, con le proprie carabattole buttate alla rinfusa in uno scatolone. O magari, se avete lo sbuzzo del fotografo, potete pensare di riprendere la fila confusa di gente in attesa di entrare per un pasto caldo davanti a una qualsiasi sede della Caritas.

Se avete un po’ di fortuna, magari riuscirete a catturare l’attimo perfetto – per modo di dire – immortalando lo sguardo perso nel vuoto di un senzatetto che chiede l’elemosina davanti a una boutique di lusso. In tutti questi casi però a dare forza alle immagini, quelle già scattate e quelle solo ipotizzate, ci sono dei volti. E le persone dietro questi volti.

A questo punto fate uno sforzo ulteriore, tanto è solo un gioco.

Provate a pensare di raccontare la crisi a San Marino, la crisi di San Marino.

 

La crisi di San Marino


La crisi di San Marino non ha un volto. Paradossalmente si tratta di una crisi ancora forse più morale che economica. Almeno questa è la nostra opinione.

Una crisi di valori prima ancora che di cifre. Per questo motivo, quando in redazione ci è arrivata la voce di un interessante lavoro fotografico sulla crisi a San Marino, prima ancora di avere sottomano e davanti agli occhi le immagini scattate dall’autore, Gabriele Giardi, ci siamo interrogati su come sarebbe stato possibile – anzi, a questo punto come è stato possibile – fotografare la crisi.

Gabriele Giardi ha raccolto le sue immagini, qualche anno di lavoro, rigoroso e creativo, in un libro pubblicato da Aiep Editore. Un libro che proprio in questi giorni viene distribuito nelle principali librerie del territorio, per chi lo volesse avere in mano.

A inizio agosto le immagini contenute nel libro sono state racchiuse in una mostra (già conclusa) piccola ma di sicuro effetto, nel ridotto del Teatro Titano.

I pannelli con le immagini erano posti per terra, appoggiati a transenne da lavori in corso, lungo un percorso quasi circolare in cui ci si poteva tranquillamente domandare qual è l’inizio e quale la fine, se mai una fine c’è. Non si tratta necessariamente di fotografie evocative; spesso si tratta di scatti quasi di cronaca. In alcuni casi si tratta di lavori di computer-grafica, e in particolare ci sono alcuni collage di civette dei giornali sammarinesi. Ma ogni immagine arriva dritta all’obiettivo. E ti colpisce come un pugno.

In effetti, evidentemente, la domanda su come fissare in immagini una crisi senza volto se l’è posta anche l’autore. E la risposta è nella foto (la vedete qui di fianco) che immortala il pannello con le figure in costume, sullo sfondo del Monte Titano, utilizzate nelle feste medievali per farci infilare le teste dei turisti e scattare foto. Senza le facce dei turisti, però, questo cartellone si presta sin troppo bene allo scopo di raccontare una crisi senza volto. Così come si presta bene un’altra immagine, scattata all’ingresso di Dogana, con il celebre Arco con la scritta “Benvenuti nell’antica terra della libertà” sullo sfondo e in primo piano il cartello che indica San Marino quale Patrimonio dell’Umanità Unesco e, proprio a fianco, il brutto muro che chiunque nota quando entra in Repubblica con il cartello “Vendesi proprietà edificabile”. È tutto il Monte ad essere in vendita, anzi in svendita? Questa domanda, il frequentatore abituale di San Marino, continuerà a porsela all’infinito dopo aver visto l’immagine; se lo chiederà ogni volta varcherà il confine di Stato.

Ma è tutto il percorso che attraversa il libretto di Giardi a far riflettere.

C’è il cartello con la scritta “Equità” stracciato e calpestato durante un qualche sciopero sul Pianello, la raffica di messaggi inquietanti sulle locandine che lanciano i giornali – ebbene sì, anche il nostro – fuori dalle edicole. E poi due pannelli, due pagine, con il dettaglio di un’automobile. X6. La sigla di un Suv, anzi forse del Suv per antonomasia. Un’auto fondamentalmente inutile per chi percorre in lungo e in largo un territorio come quello di San Marino, ma che in realtà è diventata uno status symbol. Io ce l’ho, me la posso permettere. Quindi sono. Un simbolo, appunto, di vacuità; così almeno siamo portati a interpretare il significato che Gabriele Giardi deve aver voluto dare inserendo nel libro questa doppia immagine. Un’immagine di un vuoto di valori che chissà – proviamo a essere ottimisti – proprio in virtù di questa crisi magari prima o poi sarà riempito con ben altri contenuti.

 

A parole, Gabriele Giardi la crisi la racconta così


“Il progetto – spiega Gabriele Giardi – è nato in modo del tutto casuale nell’ottobre del 2010. Si era cominciato a parlare di crisi e, stimolato da una pubblicità un po’ particolare, ho pensato ad un ‘esperimento’ fotografico scaturito da una domanda: ‘Partendo dal punto di vista di un normale cittadino, come si può fotografare la crisi?’ Allora ho cominciato a pensare a quali potessero essere state le origini, le motivazioni delle attuali difficoltà di San Marino e contemporaneamente ne ho cercato i ‘segni visibili’, per poterli fotografare. È stato un lungo lavoro di ricerca e di sintesi ma grazie al fondamentale aiuto del mio amico e maestro Marco Vincenzi è nata la bozza di un eventuale libro-racconto, anche se fino a quel momento non pensavo affatto di pubblicarlo. Nel dicembre del 2012, invece, le cose hanno preso una piega inaspettata: prima la proiezione di alcune immagini all’interno di un concerto organizzato al Teatro Titano da Roberto Monti e Marco Tamburini con la Resonance Ensemble. Sempre nello stesso periodo la bozza è stata vista casualmente da altre persone che mi hanno proposto una mostra all’interno dello SMART – il Festival delle conoscenze, svoltosi questa estate, e poi anche la pubblicazione del libro da parte di AIEP editore”.

 

Ma che idea si è fatto, personalmente, Gabriele Giardi della crisi di San Marino?


“Mi sembra di aver colto che la crisi riguarda tutto il sistema paese: dal singolo cittadino alle istituzioni, dal sistema finanziario a quello industriale. Penso anche che, per come negli ultimi anni si erano strutturati San Marino e anche i sammarinesi, con le scelte compiute, o meglio con le scelte non fatte, noi non potevamo che finire così. Eppure segnali del fatto che non si potesse più continuare in questo modo ce ne sono stati diversi. Non abbiamo avuto il coraggio di cambiare fino a che eravamo in tempo. Ora, per ripartire e per consegnare un Paese sano ai nostri figli, credo che si debba cambiare mentalità, senza pensare solo al proprio interesse e all’arricchimento personale”.

 

Per contrasto a questa situazione e a questo umore c’è un’immagine che le piacerebbe scattare?


“Sì, mi piacerebbe creare una grande immagine formato da migliaia di foto, con tutti i sammarinesi che mettono la propria faccia nel cartellone per i turisti che appare come ultima fotografia del libro e della mostra. Penso che solo spendendoci in prima persona, mettendoci la nostra faccia, possiamo ripartire come paese e riappropriarci della nostra identità”.

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