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Decretato il Decreto del Fare. Così l’Italia prova a rilanciarsi

da Redazione

Gli interventi urgenti di Roma per far decollare l’economia: grande attenzione alle imprese. La Repubblica di San Marino guarda con attenzione i possibili sviluppi e le ricadute.

 

Il nome scelto – Decreto del Fare (D.L. 69/2013 – porta in sé più di una promessa da lasciare sulla carta: significa rimboccarsi le maniche, dare forma, matericità, a una serie di linee da seguire per rilanciare l’economia italiana.

Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del Decreto Fare, in vigore dal 21 agosto (Legge n. 98 del 9 agosto 2013, pubblicata nella G.U. n. 194 del 20 agosto 2013), e senza la pretesa di setacciare la normativa punto per punto – il provvedimento, che nel testo iniziale consta di 86 articoli, numero poi incrementato a seguito dell’esame presso le Camere, reca un ampio novero di interventi, che rispondono alle esigenze di semplificare il quadro amministrativo e normativo per i cittadini e le imprese -, focalizziamoci sulle iniziative a favore del rilancio del vero motore di un Paese, ovvero delle imprese. Rilancio che, ed è lapalissiano – può avere anche interessanti ricadute e rappresentare nuove opportunità di lavoro per le aziende sammarinesi, che storicamente dialogano soprattutto con la vicina Italia. E in attesa, logicamente, che il nodo della black list venga sciolto definitivamente (ma che, ricordiamolo, non è la panacea di tutti i mali).

 

Sostegno alle imprese


Un primo elemento è costituito dal sostegno alle imprese, che si articola, all’interno del decreto-legge, in interventi diversi, nell’obiettivo di incentivare gli investimenti, per incrementare la competitività del tessuto produttivo. A tal fine vengono ampliate le possibilità di accesso al credito per le piccole e medie imprese, mediante una parziale riforma delle regole di accesso al Fondo di garanzia, che – con una modifica apportata nel corso dell’esame parlamentare – verrà esteso anche ai professionisti iscritti agli ordini professionali ed alle associazioni di professioni non organizzate.

Per il rinnovo dei macchinari e degli impianti ad uso produttivo, viene individuato (articolo 2) un meccanismo incentivante in base al quale, presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti, viene costituito un plafond – il cui ammontare è fissato in 2,5 miliardi di euro, eventualmente incrementabile fino a 5 miliardi di euro sulla base del monitoraggio sull’andamento dei finanziamenti e nei limiti delle risorse disponibili – che, fino al 31 dicembre 2016, fornisce provvista alle banche per la concessione di finanziamenti alle imprese che intendono effettuare investimenti per rinnovare i propri macchinari. Tra gli acquisti incentivati sono inoltre ricompresi anche i beni strumentali d’impresa, gli investimenti in hardware ed in altre tecnonologie digitali e, tra i destinatari dei finanziamenti, anche gli intermediari finanziari che esercitano attività di leasing (purché garantiti da banche).

Viene poi previsto (articolo 3) un finanziamento, per 150 milioni di euro, dei contratti di sviluppo aventi ad oggetti programmi nel settore industriale e agroindustriale, nonché (articolo 57) un contributo alla spesa (per attività di ricerca industriale, ma anche in campo artistico, musicale ed umanistico, con particolare riferimento alla digitalizzazione dei prodotti), nel limite del cinquanta per cento della quota relativa alla contribuzione a fondo perduto disponibili nel Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR).

E mentre Roma discute sulle sorti politiche di Berlusconi, il governo Letta sta già mettendo mano a un “Decreto del Fare bis”, che verrà messo a punto nella seconda metà del mese. Misure urgenti – urgente è il bisogno dell’Italia di uscire dalla crisi – che, sempre in materia di imprese, prevederà un taglio ai costi nella bolletta elettrica, meno burocrazia con tutor d’impresa e strumenti telematici, novità in materia di bond per piccole e medie imprese, e potenziamento della Green Economy. Già, l’energia elettrica, una vera spada di Damocle che pende sulla testa degli imprenditori. Parte della corsa dell’Europa che vola si deve anche ai costi (minori) sostenuti alla voce “energia”. Il governone italiano l’ha capito, e adesso prova a correggere in corso d’opera (e dopo anni di sordità) la spina. In primis, si parla di uno sconto complessivo di tre miliardi all’anno sull’energia elettrica, che per il 70% dovrebbe andare a vantaggio delle imprese (il resto alle famiglie). Il programma prevede di coprire – con l’emissione di bond – i finanziamenti alle energie rinnovabili che attualmente vengono invece scaricati sulle bollette elettriche. Fra le altre misure attese, provvedimenti all’insegna di una politica industriale incentrata sulla sostenibilità (anche attraverso incentivi e sostegno alle imprese), e un’accelerazione sul fronte di ricerca e sviluppo, con strumenti che favoriscano l’accesso ai prestiti per le imprese impegnate sul fronte dell’innovazione.

E’ chiaro però che le imprese, senza una rete di infrastrutture davvero adeguata alle esigenze dei mercati, poco possono. Sull’argomento il “Decreto del Fare” non ha dubbi: al fine di consentire nel 2013 la continuità dei cantieri in corso (espressamente elencati in norma), verrà istituito un Fondo ad hoc, con una dotazione complessiva pari a 2.069 milioni di euro, ripartita nel quinquennio 2013-2017. Viene poi abbassata l’asticella per gli incentivi fiscali per la realizzazione di nuove infrastrutture: il valore dell’opera al di sopra del quale viene concesso l’incentivo passerà da 500 milioni a 200 milioni.

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