Home FixingFixing La lettera. La Legge per lo sviluppo? Meglio un altro tipo di interventi

La lettera. La Legge per lo sviluppo? Meglio un altro tipo di interventi

da Redazione

Sembra quasi un copia e incolla di una vecchia legge che andava bene per quei periodi di “vacche grasse”, quando i governi di allora potevano sacrificare una parte delle entrate, perché i bilanci lo consentivano. Ma oggi non è più così.

 

 

Riceviamo e pubblichiamo.


Gentile direttore, poco prima della pausa estiva avete affrontato la questione della nuova legge per lo sviluppo. Parto da una osservazione sul vostro titolo: “Lo sviluppo è obbligatorio per legge”. Quasi da “cominform”, statalista alla vecchia maniera, cioè coercitivamente un “obbligo” a svilupparsi! Certo esagero, ma un titolo più affascinante sarebbe stato meglio, anche per giustificare i sacrifici che il governo sammarinese si è assunto per sostenere l’economia sammarinese. Poi la legge. Mi sembra quasi un copia e incolla di una vecchia legge che andava bene per quei periodi di “vacche grasse”, quando i governi di allora potevano sacrificare una parte delle entrate, perché i bilanci lo consentivano. Ma oggi non è più così. (…) E’ vero che quanto emanato è già qualcosa. Ma, a mio avviso, non è incisivo. E mi spiego pensando alle aziende esistenti in San Marino e a quelle che potrebbero investirvi dall’estero. Se un’azienda è sana, ha saputo contenere le proprie quote di mercato oppure ha saputo anticiparne la crisi, non ha certamente bisogno di fare assunzioni perché lo favorisce la legge; semmai ha bisogno di trovare manodopera specifica per la sua attività o ha bisogno di capitali per fare i nuovi investimenti per rispondere alla nuova domanda. Quindi penso che abbia necessità della libertà di scelta sul mercato del lavoro e di finanziamenti a basso costo, che potrebbero essere quelli del credito agevolato. Cose importanti che valgono molto di più delle agevolazioni fiscali. Invece se un’azienda è in crisi, sta faticando per mantenere la sua attività o, addirittura pensa di ridimensionarsi se non chiudere, a cosa servono le agevolazioni? (…) Allora mi domando. Ma poi tutti questi piccoli interventi cosa costeranno allo Stato in procedure burocratiche per l’autorizzazione dei progetti e, in modo particolare, per il controllo della loro reale concretizzazione? Allora mi faccio una seconda domanda: il Governo quanto ha previsto di investire e quanto pensa di ricavarne da questo progetto ? In tempo di crisi delle entrate fiscali io penso che si saranno fatti dei conti, perché la legge è comunque un sacrificio monetario che potrebbe far peggiorare il bilancio dello Stato! Senza contare che i dati ufficiali parlano di un’economia composta per la stragrande maggioranza di imprese di piccoli dimensioni, con il 95% del totale che ha meno di 9 addetti. E a questo punto mi faccio una terza domanda: ma a chi e per che cosa serve quella legge? Se comunque è un rischio che il Governo vuol assumersi allora io lo spenderei solamente su due fronti. A chi all’interno fa progetti per esportare e per attrarre nuove aziende, non solo ad alto contenuto tecnologico, ma che, ad esempio, possano impiegare da 20 a 25 persone dando il massimo dei vantaggi. Quali? Non servono tassazioni basse perché ormai si trovano ovunque e poi perché generalmente le nuove aziende nei primi anni non producono reddito. E se anche lo producono la tassazione sammarinese è già bassa. A chi aumenta le esportazioni darei un contributo che consenta una più incisiva concorrenza (permessa perché San Marino non è in Europa), poi mi concentrerei per incrementare l’attività della Camera di Commercio (lasciamo stare i Consoli, non saranno mai produttori d’affari) e per sostenere le presenze alle fiere e atti di questo tipo che possono essere suggeriti anche dagli stessi operatori economici. A chi viene dall’estero invece penso servano grandi facilitazioni nell’assunzione del personale, semplificazioni delle norme sul lavoro e della pubblica amministrazione, bassa contribuzione sociale, ma non pensionistica, energia a basso costo, risoluzione del problema rifiuti, tanto credito agevolato e, in modo particolare, ma direi essenziale, il passaggio immediato all’iva, a un investitore straniero non si può parlare di monofase. Ma dopo tutto ciò bisogna superare ancora le difficoltà nella concessione delle residenze, dei comitati tecnici di valutazione, delle garanzie accessorie e norme penalizzanti, di giustizia veloce, di patrimoniali una tantum, tasse di scopo e orpelli vari. Un imprenditore, in questo momento, ha bisogno di chiarezza e semplificazioni al massimo per poter decidere se vale la pena investire nella Repubblica di San Marino. Oggi ci sono queste condizioni? La risposta verrà dal mercato. Naturalmente mi auguro che sia positiva.


Mario Alvisi

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