Ci sono tre diverse matrici per la politica di gestione di chi vende merci o servizi. Col Direttore Acquisti è una questione di fiducia. Ma il controllo non guasta.
di Pellegrino Verruso
La terza e ultima puntata del nostro viaggio tra le variabili basilari del processo di acquisto (le prime due le trovate sui numeri precedenti di Fixing, oppure on-line sul nostro sito web www.sanmarinofixing.com), prende in esame le variabili da cui non possiamo prescindere nei rapporti tra cliente e fornitore, a partire dalla valutazione del grado di importanza di ciò che acquistiamo, e la sua reperibilità sul mercato.
La letteratura del marketing di acquisto offre una risposta pronta in merito alle relazioni cliente-fornitore e mette a disposizione tre distinte mappature.
La prima individua la politica di gestione del fornitore in base al prodotto da questi fornito; più specificatamente, mette in correlazione l’importanza (per chi acquista) del prodotto con la diffusione e la reperibilità che quest’ultimo ha nel mercato. Si passa dalla strategia di “mettere in concorrenza” i fornitori per i prodotti a bassa importanza ed alta reperibilità, al concetto di tendere alla partnership tra cliente e fornitore nei casi di prodotti ad alta importanza e bassa reperibilità (Matrice di Kralijc).
Con lo stesso approccio, si definiscono le politiche di gestione dei fornitori, correlando il tipo di “coinvolgimento (alto e basso)” e la “continuità del rapporto (alta e bassa)” tra fornitore e cliente, oppure la “dipendenza dell’acquirente (alta e bassa)” dalla relazione e la “dipendenza del fornitore (alta e bassa)” dalla relazione.
Poi c’è la Matrice di Ellram-Olsen, che risale alla fine degli anni Novanta e che rappresenta un ibrido rispetto alle precedenti in quanto mette in relazione la “difficolta di gestire la relazione (alta e bassa)” con la “strategicità del prodotto (alta e bassa)”.
Il Direttore Acquisti: operazione fiducia
Il Direttore Acquisti, o comunque chi è incaricato di operare gli acquisti in un’azienda è solitamente una persona che gode della massima fiducia della proprietà. Spesso anzi nelle aziende più piccole e meno strutturate questo ruolo è occupato da un suo familiare. Visto che tra le mani dell’approvvigionatore passa almeno il 50% del valore del fatturato, è sin troppo facile immaginare cosa potrebbe succedere se ci si trovasse di fronte a manager di dubbia onestà; è inevitabile, quindi, che l’imprenditore debba dotarsi e mettere in campo elementi o strumenti di controllo e trasparenza.
Nelle aziende piccole a conduzione familiare, indipendentemente dalla latitudine, a ricoprire questo ruolo troviamo il familiare, il socio e, a volte, magari anche un personaggio di scarso spessore ma di indiscutibile onestà.
Oggi essere onesti è solo una condizione necessaria per ricoprire il ruolo dell’approvvigionatore, fortunatamente non è condizione anche sufficiente. I mercati di riferimento sono sempre più ampi e più complessi, il terreno del commercio internazionale è quasi sempre cosparso di mine e trabocchetti, per cui non si può prescindere da competenze specifiche ed esperienza diretta.
In definitiva, si può affermare che il legame di sangue tra l’approvvigionatore e l’imprenditore è inversamente proporzionale alla dimensione dell’azienda e al suo livello di internazionalizzazione. Rimane ora da capire quali strumenti possono essere utilizzati in azienda per rendere trasparente l’attività e i risultati di chi approvvigiona.
Ufficialmente, i sistemi di controllo di gestione riescono a monitorare con estrema precisione le performance delle singole aree e, di conseguenza, le performance dei relativi manager. Ufficiosamente, invece, chiunque abbia lavorato in azienda avrà avuto modo di sentirsi osservato, controllato, a volte, quasi spiato: non ci si deve meravigliare, è normale. Aumentano sempre di più le aziende che si rivolgono agli investigatori privati per controllare i dipendenti sospetti e difendere il business. Capita; si fa, però non se parla: qualche direttore del personale vi potrà raccontare di essere ricorso a una agenzia investigativa per tenere sotto controllo un proprio dipendente perché depositario di segreti industriali, ma non vi confesserà mai aver messo sotto controllo, direttamente o attraverso agenzie investigative, personaggi aziendali di dubbia onestà. Eppure, basta accendere la radio o leggere Il sole-24 ore per imbattersi in pubblicità di agenzie investigative a servizio di chi fa impresa. Sono tempi duri, questi, per i disonesti, in azienda…