Home FixingFixing San Marino, edilizia: “Rivedere la legge sugli appalti pubblici”

San Marino, edilizia: “Rivedere la legge sugli appalti pubblici”

da Redazione

Edilizia in crisi: intervista a Delio Maiani, Presidente dell’azienda Sedi. Sempre 10 o 12 canteri all’anno, ma il fatturato è più che dimezzato.

 

di Alessandro Carli

 

La crisi ha minato le fondamenta dell’edilizia sammarinese, ma non la tenacia e le professionalità degli operatori. Questa impressione ce la conferma Delio Maiani, presidente della Sedi, azienda edile piantata da oltre 40 anni sul territorio: una testimonianza preziosa per capire la portata e i volumi della contrazione del settore.

“Dal 2009, anno preso comunemente come spartiacque, ad oggi, abbiamo più che dimezzato i lavori. Il numero di cantieri aperti è rimasto più o meno invariato: siamo sempre sui 10 o 12 all’anno. E’ scesa sensibilmente la durata: se prima della crisi i lavori potevano protrarsi per un anno o più, adesso il range oscilla tra un mese e tre mesi. Oggi i lavori di un certo spessore non ci sono più. Nel nostro settore, un buon indicatore è rappresentato dalle quantità di calcestruzzo impiegato. Rispetto al passato, è diminuito di oltre il 50%”.

Anche sul Titano, come nel resto dell’Italia, la tendenza è quella di recuperare, riqualificare, restaurare, prediligere l’esistente piuttosto che edificare nuove costruzioni (i numeri della crisi dello Stivale li potete leggere nel box qui sotto).

Con Delio Maiani entriamo nella realtà sammarinese, e nei dettagli. “La riduzione della durata dei cantieri ha portato anche un taglio netto del fatturato. La crisi c’è, ed è robusta. Sedi non ha mai fatto ricorso alla cassa integrazione: siamo riusciti a evitare, al momento, l’ammortizzatore sociale grazie a un’organizzazione, settimana per settimana, dei lavori”.

“Fortunatamente – prosegue Maiani – nel tempo siamo riusciti a fidelizzare alcuni clienti. Attualmente stiamo lavorando a Gualdicciolo, Faetano, Domagnano e Rovereta. Lavori non grandi, che ci fanno vivere giorno per giorno. Certo che se le legge sugli appalti pubblici ci dessero una mano…”.

Senza entrare negli articolati delle normative – le leggi di riferimento per gli appalti pubblici nella Repubblica sono la numero 96 del 1999, la numero 10 del 2000, la numero 62 del 2000 e la numero 100 del 2001 – il Presidente si toglie qualche sassolino. “Per come è concepita la normativa, ci troviamo in difficoltà. Visto l’attuale periodo di crisi, i cinque o sei appalti pubblici potrebbero essere distribuiti in maniera equa tra le imprese. In questo modo lo Stato potrebbe dare una mano alle aziende edili. Invece quasi tutti i lavori sono andati a un’azienda sola, che si è aggiudicata le gare grazie a una fortissima scontistica. Il ribasso applicato – sull’ordine del 30% – ha messo fuorigioco gli altri competitor. Credo sarebbe opportuno ripensare a un nuovo modo di assegnazione. Le leggi, tra l’altro, hanno già 10 anni di vita. In questi due lustri, i meccanismi e i lavori sono cambiati: è arrivata la crisi, e non solo dell’edilizia. Qualche tempo fa, per rilanciare il comparto, era stata presentata un’istanza d’Arengo, che però è stata lasciata decantare in attesa del nuovo piano regolatore”.

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