Home FixingFixing San Marino, la patrimoniale? Una salata realtà

San Marino, la patrimoniale? Una salata realtà

da Redazione

Porterà 10 milioni. La prima casa è praticamente esentata. Come si paga: quota fissa, quota variabile, detrazioni.

 

di Loris Pironi

 

Con un solo emendamento presentato dall’opposizione approvato – un emendamento che certo non ha spostato gli equilibri dell’intervento – la patrimoniale è diventata realtà, anche a San Marino.

Il Decreto Delegato n. 50, datato 30 aprile 2013, proprio in questi giorni è stato approvato dall’aula con 31 voti favorevoli e 22 contrari. Fuori da palazzo, invece, tutti contrari: sindacati, forze economiche e i 7 mila cittadini che hanno firmato una petizione per fermare la patrimoniale. Tutto inutile. Se poi sarà davvero una “tassa straordinaria” come ribadito più e più volte da diversi membri dell’esecutivo sarà il tempo a dirlo. Intanto quello di cui siamo certi è che è stata calibrata per portare “almeno” dieci milioni di euro nelle casse dello Stato.

Per completare la premessa dobbiamo specificare che la patrimoniale, o meglio l’Imposta Straordinaria sugli Immobili, è stata istituita con la Finanziaria del 2011 (L. 200/2011, art. 36), l’altro testo di legge che dovrà fungere da riferimento per pagare l’imposta. Entrambi i testi sono scaricabili dal nostro sito internet, www.sanmarinofixing.com.

Diamo subito gli elementi principali. la scadenza prevista per il pagamento è il 21 ottobre 2013 (art. 4). Nel caso in cui il singolo contribuente sia chiamato a pagare un importo complessivo di più di 1.000 euro è ammesso il pagamento in due rate di pari valore, di cui la seconda il 20 dicembre 2013.

L’imposta sarà autoliquidata dal soggetto passivo; verosimilmente con l’ausilio di professionisti come di norma avviene anche in Italia, perché districarsi tra le pieghe del provvedimento non è cosa facile, e chi sbaglia – in questi casi – è sempre costretto a pagare di tasca propria.

 

Sgravata la prima casa


L’Ufficio Tecnico del Catasto è chiamato a inviare a casa un prospetto con indicato l’importo dell’imposta lorda dovuta. A questo punto però il contribuente ha l’obbligo innanzitutto di verificare che il dato corrisponda al vero – in caso contrario il rischio è quello di incappare in un reato penale – e poi anche a calcolarsi le relative detrazioni. Anche qualora il Catasto non inviasse il documento, o il modulo venisse smarrito per errore, la responsabilità dell’eventuale mancato o ritardato pagamento ricade sul contribuente.

La buona notizia, per quello che riguarda i privati cittadini, è data dal fatto che proprio in base alle detrazioni di fatto la prima casa è sgravata dall’imposta. È l’art. 2 del D.D. 50/2013 che parla specificatamente di detrazione “fino a 350 nel caso di abitazione sede della residenza anagrafica e dimora effettiva” del nucleo famigliare.

Veniamo ora a chi deve pagare. L’art. 1 specifica che sono chiamati a versare l’imposta “tutti i soggetti, persone fisiche, residenti o non residenti in territorio, persone giuridiche, enti privati (con sede sia in territorio che fuori territorio), titolari del diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sul bene immobile” censito nel catasto del Titano. Sono esclusi invece (art. 1 comma 2) i beni immobili di proprietà dell’Eccellentissima Camera e degli Enti del settore pubblico allargato e i beni destinati a esercizio pubblico dei culti (chiese, ecc.) ed iscritti alla categoria E1. L’imposta è dovuta per ogni singola unità immobiliare e per ogni particella iscritte al Catasto al 31 dicembre 2012 ed è calcolata sulla base della quota di titolarità con la rivalutazione delle rendite catastali.

 

Come si paga


L’imposta riguarda due differenti tipologie di edificio, le “abitazioni” e gli “altri fabbricati”, più le aree fabbricabili e i terreni agricoli.

Il Catasto è chiamato a indicare tre elementi nel prospetto che verrà inviato al contribuente: la rendita catastale dell’immobile o del terreno; la categoria; la classe dell’immobile. Tutti e tre sono necessari per conoscere la componente fissa di riferimento e per calcolare la quota variabile. La tabella che trovate qui a fianco vi permette di verificare la categoria e la classe di appartenenza del vostro immobile, che servono per conoscere la quota fissa dell’imposta. A questa va addizionata la quota variabile, che si calcola nel seguente modo: la rendita catastale (fornita dal Catasto) rivalutata (ovvero moltiplicata per 60) va a sua volta moltiplicata per la quota percentuale (dal 10% al 30% per le abitazioni, fino al 35% per i magazzini) della categoria/classe di rifermento. A questo punto dovrete sommare le due quote tra loro. Ma non è ancora finita. Per le civili abitazioni il risultato deve essere ancora moltiplicato per 1,25; per i terreni agricoli invece vale la rendita catastale rivalutata (in questo caso si moltiplica per 10), moltiplicata per 1,2. Per i terreni edificabili la rendita catastale rivalutata (sempre per 10) si moltiplica per il coefficiente di zona urbanistica: 8 sono le zone previste (e non si tratta di zone fisiche del territorio ma di una divisione “trasversale”), di cui metà richiedono la moltiplicazione della rendita catastale rivalutata per 10, l’altra metà per 20. Nessuna differenziazione invece è stata prevista rispetto all’ubicazione dell’area edificabile.

A questo punto dovete sottrarre le eventuali detrazioni. Oltre ai già citati 350 euro per la prima casa, evidenziamo l’emendamento (approvato) presentato da Rete, che prevede l’estensione della possibilità di detrarre 50 euro dall’imposta per ciascun componente del nucleo familiare se composto da più di 4 persone (e non cinque come nella versione originaria) e prescrive inoltre di calcolare la detrazione dal 5° componente della famiglia e non dal 6°, come prescritto in precedenza.

Forse potrebbe interessarti anche:

Lascia un commento