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San Marino, et voilà: la riforma tributaria fa sparire gli scontrini

da Redazione

San Marino, la nuova bozza contestata da categorie e sindacati. Fixing vi spiega le novità. La CSU: 1.500 euro l’anno per i redditi bassi, oggi esclusi dalla tassazione.

 

di Loris Pironi

 

La classe politica sammarinese è chiamata ad affrontare uno dei principali nodi della propria storia recente. In Consiglio Grande e Generale è approdato infatti il progetto di riforma tributaria. Perché stiamo a parlare di un testo che è ancora lontano dall’essere approvato e verosimilmente subirà diverse modifiche rispetto alla bozza portata in Aula proprio in questi giorni? Perché è importante capire cosa prevede la riforma – la cui ossatura concettuale è rimasta pressoché invariata rispetto al testo abortito a un passo dal traguardo nella passata Legislatura. E perché un dibattito serio e concreto, su basi dimostrabili, in questa fase è importante più che mai.

Il testo illustrato alle parti sociali ha scatenato una pioggia di polemiche e proteste. Da parte degli artigiani e dei commercianti che si sentono discriminati rispetto ai lavoratori dipendenti (e in linea teorica non possiamo non dargli ragione, anche se a volte la pratica è un’altra cosa). E dal sindacato che è già salito sulla barricata in quanto ritiene il testo decisamente penalizzante… per i lavoratori dipendenti, per i quali il carico di imposte con l’ultima versione del testo di legge è decisamente più pesante.

Eppure le modifiche apportate, rispetto al testo originale, sono molto poche. Ma sono andate a toccare alcuni punti nevralgici.

Non scendiamo nei dettagli delle modifiche rispetto alla precedente versione, perché servirebbe a poco. Ne parleremo quando ci sarà qualcosa di più concreto, nello specifico gli emendamenti dei consiglieri dopo la prima lettura.

Diciamo che gli interventi principali sono legati all’introduzione di una serie di sgravi o di deduzioni per i lavoratori autonomi.

Per quello che riguarda la tassazione dei lavoratori dipendenti ci rifacciamo invece ai conteggi, oggettivamente attendibili a quanto risulta a Fixing, predisposti dalla Centrale Sindacale Unitaria. Gli esempi proposti sono fondamentalmente tre. Il primo riguarda il lavoratore dipendente medio con un reddito lordo di 15 mila euro (1.100 euro mensili), che oggi e con il progetto di riforma dello scorso anno non paga niente e che con questa proposta si troverebbe a dover sborsare di imposta netta 1.500 euro (un decimo di quanto percepito).

Il secondo caso prende in esame la fascia di reddito lordo di 20 mila euro annui (meno di 1.500 euro mensili): oggi questo lavoratore paga d’imposta netta 93 euro, con la proposta 2012 avrebbe pagato 255 euro, con la riforma oggi in Consiglio ne pagherebbe 2.100. Il terzo caso affronta la tipologia di lavoratore con un reddito lordo da 35 mila euro annui (2.500 mensili): la situazione attuale prevede un esborso di 1.300 euro, con l’ipotesi 2012 ne avrebbe pagati oltre 2 mila, con il nuovo progetto di riforma ne dovrebbe pagare 4.900.

Con un colpo di spugna è stato invece cancellato completamente l’articolo 100, quello che prevedeva l’obbligo di fatturazione e di certificazione dei ricavi per tutti gli operatori economici, così come è stato cancellato l’utilizzo della SMaC Card come strumento obbligatorio di tracciabilità delle transazioni. In questo caso i “rumor” di palazzo rimanderebbero l’obbligatorietà degli scontrini fiscali ad una seconda fase, quando entrerà in vigore il nuovo regime IVA già annunciato, ma a questo punto per avere la certezza che l’intenzione era quella sarebbe bastato scrivere un comma che ne rimandava l’entrata in vigore in una ben specificata seconda fase.

 

I principi della riforma


Su questi tre punti verosimilmente si scatenerà la bagarre nei prossimi mesi. Restano però inalterati i principi del provvedimento, che dovrà allineare il sistema tributario sammarinese a quello degli altri Paesi (Italia compresa), portando cioè a introdurre il worldwide taxation principle, ovvero il principio di tassazione su base mondiale. Il concetto è semplice: i contribuenti sono tassati sui redditi ovunque prodotti, ma le imposte sui redditi già pagati all’estero sono ammesse in detrazione dall’imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d’imposta corrispondente al rapporto tra redditi prodotti all’estero ed il reddito complessivo.

Una volta che la riforma passerà i vari step dovrà comunque possedere quegli elementi che la caratterizzavano all’inizio e su cui non si potrà transigere.

Una legge chiara che non lasci troppo gioco alle interpretazioni, con un maggior prelievo per far fronte alle esigenze di cassa dello Stato ma controbilanciato da una serie di sgravi e detrazioni per favorire soprattutto le famiglie più numerose e i redditi bassi. Dovrà superare la discriminazione tra lavoratori residenti e non residenti. E dovrà dare una grande attenzione alla fase dei controlli, per evitare – e punire – l’evasione fiscale, che dovrà diventare reato penale.

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