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CCG, in mattinata dibattito sul Programma Economico

da Redazione

REPORT DELLA TORRE  In mattinata prosegue il dibattito consiliare su programma economico 2014, spending review e riforma dell’Igr, iniziato martedì scorso.

Al centro degli interventi, anche le proposte incluse nel documento della revisione della spesa, presentato ieri dalla maggioranza, sulla cui base dovrà essere elaborato un ordine del giorno conclusivo del dibattito. Sono una dozzina i consiglieri iscritti che devono ancora prendere la parola. Di seguito un sunto della prima parte dei lavori odierni.

Comma 5. Riferimento del governo sul programma economico 2014 e sulle politiche di bilancio.

Gian Carlo Capicchioni, Psd: “Ci vuole coraggio in questo momento. Il documento della maggioranza è ben strutturato, con visioni precise e concordanti su dove incidere. Meglio tardi che mai, ora si comincia a fare sul serio. La relazione della spending review è sostanziosa, sia dal punto di vista strutturale che economico. Prendo atto favorevolmente della volontà del governo di non procedere per tagli lineari ma di intervenire sulle distorsioni. Prendo anche atto dell’eventuale contributo straordinario di solidarietà del 3% per gli stipendi sopra i 1.800 per il 2013-2015.

Sui dipendenti dobbiamo creare subito un gruppo di coordinamento anche per la sezione ispettiva interna che controlli presenze, disservizi ed errori e possa avviare direttamente l’azione disciplinare. Occorre eliminare straordinari e fare orari flessibili, puntando su part time e pre-pensionamento. Abolire certe indennità e convenzioni. Agganciare la procedura sulle presenze a quella per le paghe. Intervenire sugli appalti

Via l’esattoria da Banca centrale e dovrebbe anche diminuire il suo utile di esercizio dipendente da servizi offerti alla Pa. Deve fare quadrare i conti: occorre intervenire sui contratti e compensi ai dirigenti. Ben vengano allora il taglio del 30% sui compensi e il pareggio a bilancio nel 2014. Serve un tetto massimo alle retribuzioni dei dirigenti e dei cda. Bene il tetto sulle pensioni a 4 mila euro e la revisione dei trasferimenti agli enti, sono eccessivi. Dalla spending review dobbiamo ottenere il maggior risultato possibile per rivedere la riforma Igr: 20 milioni non bastano, si può fare di più. Dobbiamo uscire da questa sessione con provvedimenti da adottare a breve e medio termine

Sulla riforma dell’Igr farò il possibile perché il prelievo fiscale riguardi tutti, in base alle proprie capacità contributive. Sindacati e associazioni di categoria sono sul sentiero di guerra, ma scherzando dico che se nessuno vuole la riforma, la segreteria di Stato ci ha preso. L’aumento del’Igr va ridimensionato sensibilmente e se necessario graduato nel tempo. Serve un patto fiscale perché tutte le categorie contribuiscano. Non vogliamo un regime di accertamenti da Stato poliziesco come la Gdf in Italia che arriva con il mitra spianato. Non è il metodo giusto per il nostro Paese. Occorre invece dotare l’Ufficio tributario degli strumenti necessari. Comunque sono sorpreso che l’Anis abbia tirato fuori la questione degli scontrini, tra i suoi iscritti ci sono maestri a eludere le imposte. L’uso della Smac non basta, anche se va incentivata e resa obbligatoria per il consumo interno. Serve la volontà politica per il controllo e l’accertamento dei redditi. Inoltre la riforma deve prevedere norme perché i patrimoni all’estero, anche immobiliari, siano dichiarati e previste adeguate sanzioni. Occorre prevedere norme per il rientro di capitali, uno scuso nostrano. E sanzioni pesanti”.

Denise Bronzetti, Psd: “Chiedo scusa ai colleghi di maggioranza per l’intervento che andrò a sviluppare ma credo serva onestà intellettuale. La maggioranza ha deciso di scrivere la relazione della spending review e quello che ci si augura è che l’ordine del giorno recepisca i punti della relazione di maggioranza e si indichino date precise per l’attuazione dei provvedimenti indicati. Qualche segretario di Stato, in particolare nella Pubblica istruzione, è entrato nel merito delle misure da adottare e questo ci ha aiutato per stendere la relazione. Serve un nuovo modello culturale. Stiamo ragionando su una serie di interventi strutturali. I lavoratori dipendenti hanno sempre pagato poche tasse, soprattutto se rapportiamo nostro regime fiscale a quello degli altri paesi e questa situazione forse non poteva durare a lungo anche solo per il fatto che il nostro paese è inserito in un contesto nazionale. Sono però prima di tutto necessari interventi per ridurre drasticamente la spesa nel settore pubblico allargato. Questa relazione è stata coraggiosa: prevede interventi lacrime e sangue non più rinviabili. E’stata proposta la Centrale unica acquisti, la riduzione drastica dei tassi di sostituzione del personale, l’accorpamento di molti uffici, l’eliminazione delle indennità di funzione, la restituzione degli straordinari non dovuti, l’incameramento del 20% degli introiti delle federazione sportive a titolo di diritti televisivi. Ancora. Nuova regolamentazione degli orari di lavoro, maggiori controlli sulla presenza dei dipendenti pubblici negli uffici. Abbiamo individuato 80 dipendenti in esubero nell’Iss e l’inserimento di un tetto massimo nelle pensioni di 4 mila euro al mese. Accanto a tutto ciò un sistema di controlli che devono essere portati avanti senza “se” e senza “ma”. Non possiamo continuare a vedere lavoratori pensionati che continuano a lavorare perché oltre a chiedere sacrifici dobbiamo chiedere il rispetto delle regole. Riduzione del 20% negli anni 2014/15 delle spese per il trasporto scolastico. Credo non sia più rinviabile neppure un’operazione di rivisitazione di tutti i contratti d’affitto di immobili. Lo sforzo deve essere corale e l’invito che mi sento di fare al Governo è che prenda in mano la situazione ed intervenga senza remore su interventi indicati dalla relazione della maggioranza. Più rinviamo gli interventi più sono in sofferenza le casse dello Stato e più saremo costretti a chiedere sacrifici ai lavoratori. Sulla riforma fiscale mi auguro che le cifre, in termini di nuova tassazione, possano essere riviste e cambiate: c’è qualcosa che non va e ha necessità di essere approfondito. Non si possono tartassare in maniera esasperata le famiglie e i lavoratori: l’economia si deprime. Io mi auguro che possa essere fatta una profonda rivisitazione della proposta sulla riforma fiscale”.

Alessandro De Biagi, Ps: “Il nostro modello economico del passato non è più attuabile, occorre cambiare. Il Pil si è contratto di oltre il 24% in pochi anni, sono calati gli investimenti delle imprese. l’import, l’export. In calo anche l’occupazione, la disoccupazione è soprattutto di tipo giovanile. I dati non sono esagerati, ma la velocità in cui siamo caduti nel baratro è impressionate. Sono tre le vie da perseguire: sviluppo, risparmio ed equa tassazione. Sullo sviluppo è mancato coraggio da parte di governo e maggioranza su scelte determinanti, il bersaglio è stato solo lambito. Occorre fare risultati migliori su risparmio e fisco. Siamo in possesso di un valido strumento quale la relazione dello spending team, vengono date raccomandazioni molto utili. A mio avviso essere ricorsi a un team di tecnici però deve metter sotto accusa i dirigenti della Pa. La commissione ha demandato, giustamente, le scelte del fare a politica e governo e mi aspettavo dai segretari di Stato proposte di interventi mirati da attuarsi subito e non indicazioni generali. Sottolineo però il distinguo del segretario di Stato per l’Istruzione. Abbiamo appreso dal programma economico che occorre recuperare 40 mln di euro all’anno e già nel 2013 se ne dovranno trovare 20 mln. Il governo ha deciso che il 50% della somma da reperire deve venire dalla revisione della spesa pubblica, il resto dalla fiscalità. La proporzione dovrebbe essere invece 1 a 4. I tagli alla spesa si dice deve essere 20 mln e altrettanto si deve reperire dai contribuenti. A mio avviso ci si deve sforzare di più per non gravare sui cittadini. Se c’è spazio per ottenere risultati migliori, ma ci si calibra a 20 mln, ci si accontenterà di quei 20 mln. Compito della politiche è dare linee, ma i dirigenti devono essere autonomi nelle decisioni. Occorre un nuovo patto sociale, si chiedono sacrifici ma le risorse non devono essere sprecate. Contro gli sprechi gli spunti sono tanti, occorre razionalizzare gli acquisti con una centrale, risparmiare nell’Iss, ma occorre un’attenzione particolare per mantenere standard invidiabili. Sulla riforma fiscale: il peso della crisi non può essere tutto su una parte della cittadinanza, occorre massima oculatezza per non alimentare la tensione sociale. Le aliquote andranno riviste al ribasso, ma sono d’accordo con l’introduzione del quoziente familiare e il potenziamento della Smac. Vorrei però che una particolare importanza venga data all’azione di controllo, facendo però attenzione a non trovarsi in uno stato di polizia”.

Oscar Mina, Pdcs: “Ieri sera abbiamo lasciato l’Aula con una proposta operativa di governo e maggioranza. Si è deciso di passare ai fatti e adottare un documento di lavoro da analizzare in modo specifico. Ma si faccia attenzione perchè un’applicazione di interventi non coordinati a mio avviso sortirebbe effetti contrari ai risultati. Anche sull’ottimizzazione dei controlli di spesa pubblica, in particolare degli enti autononi, sono necessarie riflessioni sugli adempimenti che, se non applicati con criteri ogettivi, potrebbero alterare la loro efficacia. Il cambiamento è epocale e nella gestione della spesa pubblica deve partire dalla responsabilizzazione dei dirigenti.

Nel particolare, la relazione della spending review ci sono indicazioni specifiche e vanno fatte considerazioni politiche: decidere quali sono gli interventi da incidere nella sostanza nella spesa degli enti e in particolare del settore pubblico allargato. Il trasferimento a questi ultimi enti rappresenta il 79% del bilancio pubblico. Sono enti che non danno conto di un trend di efficienza. La volontà della maggioranza è di evitare tagli lineari alle retribuzioni, ma bisogna intervenire sugli aspetti di maggiore distorsione, per esempio, il lavoro straordinario che si attesta intorno a un milione e mezzo di euro. Questo dato rappresenta una enormità se rapportato alla gestione del servizio reso. Su questi enti mi pare di vedere situazioni allarmanti. I trasferimenti sono a senso unico. Lo Stato è presente come unico soggetto di supporto economico in grado di farli sopravvivere. Mi riferisco in particolare ad alcuni enti: Camera di commercio, Convention visitors bureau, la stessa San Marino Rtv. Una riflessione sulla sua gestione credo sia quanto mai opportuna. Quando si parla di tagli, sul fronte del contenimento della spesa, anche questi aspetti devono avere una valenza. E ancora, parlando di stipendi, dobbiamo ragionare partendo dalle indennità di funzione che sono ancora un aspetto incredibile, elargiti a dismisura e sono un fronte aperto. Poi da rimarcare è l’iniquità delle somme”.

Pier Marino Mularoni, Upr: “L’atteggiamento della maggioranza in questo dibattito ci dimostra che in quest’Aula è impossibile raggiungere un compromesso al rialzo sulle cose da fare perché poi arrivano i salti in avanti ovvero i documenti preconfezionati del ‘prendere o lasciare’. I documenti rappresentano un mero esercizio dialettico: solo parole. La maggioranza è ancora alle chiacchiere e ai rinvii e non è in grado di prendere decisioni capaci di fronteggiare i problemi del bilancio dello Stato. Tutti saremmo pronti a fare sacrifici se questi ci venissero richiesti in maniera equa. La situazione, per ammissione dello stesso segretario Felici, è drammatica mentre così non diceva il suo predecessore. Siamo indietro di anni e la maggioranza non è in grado di prendere alcun provvedimento per attutire l’avanzata della crisi economica. In questo documento non ci sono questioni nuove, basti vedere la relazione della commissione sui controlli della Finanza pubblica. Questo Governo crede che con interventi spot si possano risolvere le problematiche quando invece servirebbero provvedimenti strutturali. Per incapacità si sceglie la strada più facile ovvero quella di tassare i lavoratori dipendenti. Dobbiamo fare una riflessione più profonda uscendo dal teatrino della politica, spogliandoci della superbia e dell’autoreferenzialità. Se non c’è presa di coscienza da parte del Governo della gravità della situazione, per paura di perdere i consensi, il rischio è che non si faccia nulla neppure questa volta. In momenti come questi non possiamo sperare di gestire l’ordinario facendo passare la nottata: i problemi vanno affrontati”.

Augusto Michelotti, Su: “Il consigliere Berti ha perso 5 minuti del suo intervento per dire che si devono pagare le tasse: nessuno ha mai pensato il contrario. Le famose infornate pre-elettorali di dipendenti della pubblica amministrazione ci sono costate un sacco e ci costeranno anche per il futuro. Basterebbe rendere effettiva l’autonomia della pubblica amministrazione slegando la gestione degli uffici dalla politica. Così però non si mantengono i consensi. Abbiamo una elefantiaca struttura statale e para-statale e perciò la spending review proposta rappresenta il fallimento di un sistema. La macchina statale è stata mal gestita solo da noi e da nessun altro.

Se la Pa fosse stata gestita meglio, probabilmente non avremmo avuto bisogno di una commissione ad hoc sulla spending review. Con questa riforma fiscale vengono colpiti i redditi più sicuri, quelli da lavoro subordinato. Il costume sbagliato di abituare ai cittadini alla pratica dell’evasione controllata porta oggi a considerare ciò che è normale in qualsiasi altro paese, ovvero pagare le tasse, come un fatto eccezionale. Non si può recuperare in pochi mesi quello che si è sprecato in anni e anni di mal governo. Qualcuno ha vinto le elezioni cavalcando il tema del benessere permanente: in campagna elettorale non si è parlato di queste misure lacrime e sangue. Un silenzio assurdo che qualcuno nella maggioranza ora si permette di smentire. Le riforme di questo tipo vengono presentate a piccoli strappi per permettere ai contribuenti di abituarsi alle minori entrate e alle maggiori uscite fiscali. Siamo stati cicale in passato e non formiche, ma tutti ci siamo appoggiati su un benessere illusorio anche a fronte di qualche cassandra che ci diceva la verità. Non ci siamo mai chiesti quante solide fossero le fondazioni del gigante dai piedi di argilla che era il nostro sistema economico. Oggi paghiamo il prezzo di una mancata preveggenza, andando a discutere provvedimenti ingiusti e non equi. E’ fin troppo facile applicare per primi quei provvedimenti che invece dovrebbero essere l’ultima chance dopo aver provato tutte le alternative: solo a quel punto si sarebbero potuti chiedere sacrifici ai sammarinesi”.

William Giardi, Upr: “Negli intenti del governo manca la visione che risponde alla domanda fatidica, dove vogliamo andare? Ci sono persone che hanno grandi sogni, i folli e i mistici, ma non ne vedo in quest’Aula. E’ però folle la genericità con cui vengono fatte queste proposte, una visione deve avere caratteristiche precise e rispondere a un periodo medio-lungo, esprimere energie e capacità da sviluppare. Manca tutto questo. Non è un problema di mancanza di visione oggi. Probabilmente questa carenza c’è stata negli ultimi 20 anni e oggi paradossalmente andiamo a rivedere quanto non è stato visto allora. La politica che ha portato a questi risultati è ancora presente in Aula. Il cambio culturale e le frasi generiche rimangono qualcosa di fine a se stesso. E per fare un vero cambio culturale bisogna partire dalla definizione degli obiettivi. Non possiamo parlare solo di riduzioni di risultati, è una modalità, bisogna definire il tempo e la percentuale. Per esempio, entro un anno sono da ridurre il 50% degli straordinari. Gli obiettivi devono essere misurabili. Vorrei che in commissione Finanze e in seconda lettura si ragionasse in maniera chiara sui risultati, non sugli intendimenti”.

Elena Tonnini, Rete: “La parola mafia fa paura. Eppure quello che viene presentato come cambiamento non è altro che l’evoluzione di un sistema speculativo che sta cambiando e trovando nuove condizioni per garantire i potentati di prima. L’economia drogata cerca ora nuovi strumenti spacciati come fondati sui valori di condivisione e sussidiarietà. Ieri un consigliere di maggioranza ha detto che siamo un Piccolo paese con piccole esigenze. Allora perchè dobbiamo rivolgerci ai grandi potentati economici? Come la Rotschild, il cui contratto il segretario per le Finanze ritiene opportuno non pubblicare, sebbene è costato 350 mila euro, non suoi ma dei cittadini. Oppure la Compagnia della opere di cui numerose inchieste oltre confine hanno messo in luce le ombre. E’ un modello corporativo paramassonico che si autoalimenta. I settori appetibili sono asili e sanità. E vediamo la Cdo già presente nel programma economico 2014, nella fumosa idea del Parco scientifico e tecnologico, nella partecipazione al Meeting di Rimini. Non avete voluto condividere il futuro con chi rappresenta il 49% degli elettori e neppure con i vostri elettori.

A loro avete imposto la patrimoniale, mentre quella che chiamate tributaria non è una riforma, ma un’esigenza di bilancio. Il segretario Felici è stato chiaro, l’obiettivo è l’immediata raccolta di 40 mln di euro. Siccome la raccolta deve essere immediata e finora, malgrado le parole spese, nulla è stato fatto per accertare i redditi, l’unico sistema è colpire dove si può, nei redditi accertati. Il mio concetto di equità è molto diverso da quello del segretario che demanda al futuro l’accertamento di chi non ha mai pagato le tasse e né mai le pagheranno. Nostro obbligo è riferirci ai principi basilari della Carta dei diritti. A mio avviso questa riforma fiscale è gravemente in contrasto con l’articolo 4, che recita ‘tutti sono uguali davanti alla legge’, o ancora, con l’articolo 13, ‘tutti i cittadini devono concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva’. Con questa riforma si cambia la carta dei diritti. Facciamo piuttosto emergere i redditi nascosti, le partecipazioni societarie e i loro profitti, invece oggi gli strumenti di accertamento sono ancora più annacquati. Si continua a colpire dipendenti e pensionati. Con questa riforma il carico fiscale si innalza in maniera improvvisa e ingiustificata e questo perché il governo è incapace di agire su sacche di evasione che la politica ha evidentemente interesse a mantenere. La disuguaglianza non potrà che aumentare. Tutto ciò è controproducente anche per la crescita, proprio la riforma fiscale è contraddittoria con la legge per lo sviluppo. Con tanti incentivi da una parte e poco rigore dall’altra si rende fallace quel provvedimento. Passando alla spending review, non ci sono mai stati controlli sulle spese nella Pa. Un esempio sono le spese di cancelleria che equivalgono a quelle di tutta la refezione scolastica, oltre 600 mila euro. Nessuno però ha pensato mai di ridurle, eppure in passato, per spendere meno, ai bambini si è dato il pane della mafia, del forno Vallefuoco”.

E ancora, nella Pa il sistema clientelare ha permesso l’assunzione di persone non preparate. E oggi avete un bel coraggio a chiedere di finanziare corsi di formazione attraverso fondi dei lavoratori”.

Vladimiro Selva, Psd: “Sento forte la responsabilità che abbiamo riguardo al cambiamento di metodo rispetto a come si è mantenuto lo Stato fino ad oggi. Si è lasciato creare un sistema che basava la sua sostenibilità economica su soluzioni facili e per troppo tempo sono arrivati soldi facili. Le banche versavano oltre 40 milioni di euro all’anno e le società erano innumerevoli e pagavano i contributi. Tutto questo ha determinato una gestione della spesa facile che permetteva di creare consenso. Un consenso che negli ultimi 20 anni ha perpetrato l’utilizzo e l’affermazione del proprio potere. Se però chi arriva oggi in Consiglio non riesce a vedere le differenze rispetto all’agire del passato commette un errore. Ci sono persone che hanno avversato quel sistema. Nella pubblica amministrazione si sono consolidati dei privilegi che non sono più accettabili. Chi oggi interviene accusando l’attuale maggioranza dei problemi che il Paese soffre credo che dovrebbe andare a rivedere meglio quanto successo. Io mi sono candidato in questa legislatura solo dopo che mi hanno rassicurato che i protagonisti degli anni ’90 non avrebbero preso parte a queste elezioni. Chi ha scritto quelle pagine, aldilà del fatto che l’opposizione deve riuscire a vedere le differenze perché se non ci riesce le indebolisce quelle differenze, non può dare nulla alla causa del rinnovamento. Dobbiamo reperire quei 40 milioni di euro: con tagli e con qualche sacrificio in più in termini di imposizione fiscale. I dipendenti pubblici sono i primi a sapere dove si annidano sprechi nella pubblica amministrazione e dobbiamo aprire un canale di confronto con loro. Anche perché più revisione della spesa saremo in grado di fare, meno stipendi dovremo toccare. Per quanto riguarda la tassazione, riconosco al segretario Felici, che pur ha avuto anche qualche critica interna al nostro partito, il coraggio di voler fare le cose. A San Marino per tanti anni sono state elargite indennità e distribuiti premi, ma in pochi hanno avuto il coraggio di adottare misure impopolari per il bene del Paese. Aumentare l’aliquota ai lavoratori dipendenti però significa colpire chi ha sempre pagato le tasse ed invece noi dovremmo essere in grado di far emergere le tasse non versate”.

Marino Riccardi, Psd: “Negli ultimi 4 anni hanno chiuso oltre 2 mila aziende: tantissime. Altre imprese sono indecise su cosa fare, ovvero se continuare a rimanere a San Marino oppure prendere altre strade. Se in tempi brevi l’economia non ricomincia a girare, non sapremo dare risposte agli oltre mille disoccupati del nostro paese. Gli ammortizzatori sociali fanno molta fatica a reggere la situazione e non so fino a quando riusciremo a distribuire un reddito minimo per garantire la sopravvivenza. Io credo però che prima di chiedere nuovi sacrifici ai cittadini occorra quantificare quanto e come si può risparmiare: il gruppo di lavoro nominato in tal senso ha dato indicazioni precise. Occorre però iniziare dall’alto: il primo esempio di decurtazione venga dai membri del Congresso di Stato. Stiamo pagando l’indennità a dipendenti pubblici per dei lavori che non svolgono più. Occorre intervenire. Escludendo le indennità dei medici, sborsiamo 10 milioni di euro all’anno per questa voce. Si intervenga anche sugli stipendi dei magistrati. Per quanto riguarda la riforma tributaria presentata in prima lettura non ritengo possa essere approvata in quest’Aula. Non si può chiedere di pagare mille euro di imposta a chi percepisce 1.100 euro mensilmente. Non si può aumentare notevolmente la tassazione su un reddito medio di 35 mila euro all’anno senza gradualità. Non capisco perché è stato tolto l’obbligo di fatturazione. Noi abbiamo 31 mila contribuenti. Togliamone pure 11 mila che hanno un reddito basso e che dunque non devono essere toccati da incremento di imposta. Restano 20 mila soggetti che possono contribuire: appesantiamo la pressione fiscale su quelle persone, a seconda del reddito che percepiscono. Rimodellando alcune cose potremo trovare soluzioni più condivise. Questa riforma tributaria è una bozza aperta e in alcune sue parti sicuramente verrà modificata. Dal confronto può essere trovato giusto equilibrio e il concetto di equità può essere riconosciuto da quest’Aula come concetto universale”.

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