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San Marino, patologie da lavoro: quattro i morti nel 2012

da Redazione

Presentato il “Rapporto sulle malattie da lavoro”. Dati che fanno riflettere. La scarsa prevenzione costa 2,6 milioni l’anno. Il dramma amianto.

 

Un’immagine provocatoria campeggia sulla prima pagina del Rapporto sulle malattie da lavoro per l’anno 2012, presentato questa settimana dalla UOC Sicurezza sul Lavoro e dall’UOS Medicina del Lavoro: il cancello d’ingresso del cimitero di Montalbo. Un’immagine forte, senza ombra di dubbio, perché di lavoro si muore, anche a San Marino. Si muore per incidenti, ma anche per le cosiddette malattie professionali.

I dati che balzano maggiormente agli occhi in questa analisi compiuta con metodo scientifico e grande scrupolo da Claudio Muccioli, Riccardo Guerra e Patrizia Dragani sono sostanzialmente due. Il primo riguarda il numero di decessi che nel 2012 sono direttamente imputabili a patologie da lavoro: addirittura quattro. Si tratta di un picco che non trova precedenti nella (breve) serie storica con una mole di dati comparabili a disposizione, ma rappresenta un elemento che necessita un serio approfondimento. Anche perché due di questi decessi sono avvenuti a seguito di esposizione a fibre d’amianto, e si stima – dato presentato dal dottor Muccioli alla numerosa platea della Sala Il Monte dell’Ospedale di Stato – che dal 2016 al 2020 si raggiungerà il picco di mortalità dovuta ad amianto. Ma su questo torneremo più avanti. Il secondo dato riguarda al “peso” economico degli infortuni sul lavoro sulla collettività. La mancata prevenzione ha infatti portato ad un maggiore esborso di 2.603.532 euro (comunque 100 mila in meno rispetto all’anno precedente), di cui 1.414.191 euro per gli infortuni sul lavoro e 764.795 euro per le malattie professionali. Si tratta del conto economico delle pensioni privilegiate erogate nel 2012, ben 500 tra quelle per malattia professionale (erogate a 191 persone, di cui 181 lavoratori subordinati, 1 commerciante e 10 artigiani) e quelle per infortuni sul lavoro (314 complessivamente, di cui 289 per subordinati, 13 per artigiani, 4 per commercianti 3 per agricoltori, 3 per liberi professionisti e 2 per imprenditori).

“Il 2012 è stato un anno importante per l’approfondimento svolto relativamente allo stato di salute dei lavoratori impegnati a San Marino”, racconta a Fixing il dottor Claudio Muccioli – non solo per quello che riguarda le malattie professionali ma per l’intero panorama lavorativo. Avere una fotografia attendibile delle problematiche, ad esempio su quanto riguarda il contatto con sostanze cancerogene, ci offre la possibilità di evidenziare i fattori di maggior rischio e di andare a lavorare per ridurli”.

Il dato dei decessi per malattie professionali è impressionante. “Ed è un dato sottostimato per motivi meramente pratici. Non tutti i dati sono in nostro possesso, e ci siamo limitati a annoverare solo quei casi in cui avevamo conclamato il decesso per patologie specifiche legate al lavoro”. I dati degli infortuni sul lavoro, pur essendo ormai una serie storica a tutti gli effetti, sono falsati dal fatto che rispetto a quanto si fa altrove, a San Marino sono calcolati solo sugli accessi al pronto soccorso. “Infatti. Questo significa che non tutti gli infortuni sono segnalati, perché ci sono ad esempio i lavoratori frontalieri che possono andare a farsi medicare al pronto soccorso di Rimini. Ma soprattutto il fatto è che in Italia ad esempio si calcolano come infortuni sul lavoro quelli che richiedono più di 3 giorni di riposo. Senza contare altre questioni tecniche legate ai software. Per noi avere un conteggio attendibile degli infortuni e di come si verificano è importante, perché ci offre uno strumento importante di analisi.” Il dato però è in calo: 670 contro gli oltre 700 (con diverse punte di oltre 800) nel periodo dal 2006 al 2011. “È in calo però occorre guardare anche al fatto che per via della crisi è diminuita la popolazione lavorativa e che il calo più importante si registra soprattutto nel settore dell’edilizia, dove abitualmente si riscontra la percentuale maggiore di infortuni. Ecco perché nella nostra analisi annuale noi partiamo sempre dai dati generali dell’occupazione”.

 

Malattie da lavoro


Con il termine malattie da lavoro ci si riferisce a quegli stati morbosi riconducibili all’attività lavorativa, in particolare a causa delle lavorazioni effettuate (ad esempio la sordità da rumore che è la prima causa individuata a San Marino, oppure tumori causati da particolari vernici o coloranti, asbestosi o tumori causati da fibre di amianto, malattie respiratorie causate da silicio e altri agenti chimici eccetera). Si dividono in patologie correlate al lavoro e malattie professionali. La pensione privilegiata per malattia professionale viene stabilita dalla Legge 15 del 1983. Ogni anno vengono presentate diverse denunce di riconoscimento di malattie professionali; nel 2012 sono state presentate denunce da parte di 23 lavoratori (compresi due pensionati), di cui 6 donne, per un totale di 54 denunce di riconoscimento; ogni lavoratore naturalmente può presentare richiesta per più malattie anche correlate tra loro. Per la cronaca la media di denunce nel decennio è pari a 44,7 denunce l’anno. Delle richieste pervenute nel 2012 solo 12 lavoratori hanno ottenuto il riconoscimento della malattia professionale e solo 6 (il 26%) hanno ottenuto l’indennizzabilità. Questo perché gli altri casi sono stati derubricati a “patologie comuni”.

 

Dramma amianto


Il dottor Riccardo Guerra ha poi fatto un focus sul problema dell’amianto a San Marino. L’UOS Medicina del Lavoro ha istituito nel 2010 uno specifico registro di lavoratori ed ex lavoratori “potenziali esposti” a fibre di absesto. Il registro conta attualmente 130 lavoratori appartenenti principalmente alle categorie dell’industria della gomma, del cemento e della costruzione di prefabbricati. Per tutti questi lavoratori è stato predisposto un protocollo sanitario ad hoc per la valutazione del quadro polmonare che prevede una serie di esami e visite, con frequenza almeno triennale. “Il problema dell’amianto – ha spiegato il dottor Guerra – sta nella lunga latenza della malattia, che dura oltre trent’anni e che quindi rende difficile la correlazione con l’attività lavorativa”.

Ad ogni modo i lavoratori per i quali è stata riconosciuta una malattia professionale per esposizione ad absesto sono 21 e alcuni di questi lavoratori non sono stati indennizzati in quanto è stato superato il periodo massimo di 30 anni previsto dalla legge.

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