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Le nuove frontiere della green economy

da Redazione

Più ecoinvestimenti più esportazioni. Edilizia ‘salva’ con le riqualificazioni. Le PMI che puntano all’estero fanno il 54% del totale dell’export.

 

di Saverio Mercadante

 

La crisi ristagna, la crisi ti soffoca, questa crisi terribile sembra non lasciarti speranza. Presenta problemi ai quali i governi pare non riescano a trovare soluzioni. L’Italia resta “intrappolata nella recessione”, secondo l’Ocse “è probabile che la disoccupazione continui ad aumentare”: dal 12,2% toccato lo scorso maggio è attesa al 12,5% verso la fine del 2014. “La recessione continuerà per tutto il 2013 e l`economia italiana è attesa in leggera ripresa solo nel 2014”, afferma l’ente parigino nella scheda paese sull’Italia pubblicata nel rapporto annuale sull’occupazione. Oltre la metà dei lavoratori under 25, il 52,9%, ha un lavoro precario. E allora, “Ai problemi inediti che questa crisi terribile sta ponendo a tutti bisogna trovare risposte inedite. E la sostenibilità, l’innovazione, la green economy rappresentano sicuramente risposte inedite”. Lo ha affermato Sergio Silvestrini, Segretario Generale della Cna, aprendo il convegno “Green economy e crescita. Nuova economia e sviluppo sostenibile” che si è tenuto nei giorni scorsi. E i numeri sembrano cantare una canzone di speranza.

 

Green economy vincente


La green economy è diventata un’opzione inevitabile per lo sviluppo e un modello vincente contro la crisi. I settori più “green” hanno reagito alla crisi con la nascita di nuove imprese e con l’aumento degli occupati. La Comunità Europea ha definito la “sostenibilità ambientale” e la “green economy”, motori di crescita per l’economia europea. Germania e Giappone da tempo rafforzano le loro esportazioni con gamme di prodotti “green”, sia nei settori più tradizionali sia in quelli più innovativi. In Europa sono circa 5,6 milioni i posti di lavoro direttamente connessi all’economia verde. Il 23,6% delle imprese italiane con almeno un dipendente, (quasi 360 mila) tra il 2009 e il 2012, ha investito in tecnologie e prodotti green. Sono imprese che presentano caratteristiche di innovazione e di esportazione notevolmente al di sopra di quelle ancorate a modelli “vecchi”. Il 38% delle imprese che realizzano eco-investimenti hanno, infatti, introdotto innovazioni di prodotto o di servizio nel corso del 2011, mentre nel caso delle altre imprese tale impegno strategico ha interessato una quota pari appena al 18%. Il 37% di queste imprese ha esportato nel 2011, contro il 22% di quelle che non investono nell’economia verde.

Nei settori considerati più “green” la crisi è stata aggredita con la nascita di nuove imprese e con l’aumento degli occupati. E’ il caso delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica. Prendiamo il caso di un moribondo come il settore dell’edilizia, c’è una sola parte di quel corpo malato che dà ancora segnali di vita. In edilizia, il mercato del recupero e del rinnovo ha vissuto una fase di profondo sviluppo ed ha rappresentato, negli anni della crisi, l’unico sbocco per le imprese del settore. Negli ultimi 15 anni si sono realizzati 128 miliardi di euro di investimenti, di cui 60 negli anni della crisi.

Le riqualificazioni assicurano oltre il 60% del fatturato dell’edilizia. Sono 650.000 le imprese che operano nel comparto edilizio (comprendendo sia le imprese edili in senso stretto che quelle che si occupano di impiantistica). Il loro fatturato rappresenta quasi l’11% del prodotto nazionale lordo, con una occupazione diretta di 2,5 milioni di persone. Il 97% di queste imprese sono micro e piccole imprese, con una netta prevalenza di quelle che impiegano un numero di addetti inferiore alle 10 unità (circa il 75%). Le imprese con meno di 20 addetti, invece, contribuiscono all’occupazione nazionale per circa l’80%.

Per quanto riguarda il settore delle energie rinnovabili il mercato è rappresentato da circa 85.000 imprese, coinvolte nel settore in qualità di piccoli produttori, installatori e manutentori, con circa 200.000 occupati.

 

Export delle PMI


Internazionalizzazione è stata una delle parole d’ordine della relazione del Presidente Colombini nella scorsa assemblea dell’ANIS per uscire dalla crisi. E una conferma autorevole a quella proposta viene sempre da un’analisi della CNA sul ruolo delle PMI italiane nell’esportazione anche alla luce del fatto che il tessuto industriale sammarinese è composto per la maggior parte da piccole e piccolissime imprese. Il contributo delle PMI italiane all’export totale raramente viene citato ma è tutt’altro che trascurabile. Le PMI esportatrici sono infatti quasi 187mila e assicurano quasi il 54% delle esportazioni totali per un valore che, nel 2010, era prossimo ai 175 miliardi di euro. Di questa quota, quasi la metà (25,7% pari a 83 miliardi) è creato dalle piccole imprese, ovvero dal segmento dimensionale con meno di 50 addetti. Si tratta di imprese di dimensione ridotta (8,7 addetti), che hanno dimostrato di sapere competere con successo sui mercati internazionali anche negli anni della crisi. Anche in un anno di crisi come il 2012, le micro imprese confermano la loro grande capacità di sapere competere sui mercati internazionali. Considerando i dati più recenti diffusi dall’Istat, come quelli dell’8 luglio scorso, relativi alle imprese esportatrici divise in classi di fatturato, le vendite all’estero, espresse in termini nominali, realizzate dalle micro imprese (imprese appartenenti alla classe di fatturato esportato fino a 75mila euro) sono aumentate del 6,5% (pari a 138 milioni di euro) rispetto al 2011. Si tratta in assoluto dell’incremento maggiore tra i vari operatori commerciali all’esportazione, superiore anche a quello realizzato dalle imprese più strutturate che realizzano all’estero 50 milioni e oltre di fatturato e che, in virtù delle maggiori dimensioni, sono in grado di presidiare al meglio i mercati esteri. Il dinamismo delle micro imprese esportatrici è apprezzabile anche in un’ottica di medio periodo. Dal 2007 a oggi, infatti, le vendite all’estero delle micro imprese (di nuovo, imprese con un fatturato realizzato all’estero non superiore ai 75mila euro) è cresciuto del 31,3% (circa mezzo miliardo di euro). Si tratta di un incremento più che doppio rispetto a quello realizzato dalle imprese piccole (imprese il cui fatturato realizzato all’estero è compreso tra i 75mila e i 5 milioni di euro) e sei volte superiore a quello delle imprese che fatturano sui mercati esteri almeno 50 milioni di euro. Le prestazioni di tutto rilievo realizzate dalle micro imprese sui mercati esteri dovrebbero incoraggiare politiche di internazionalizzazione mirate a consolidare la loro posizione sui mercati di sbocco. E questa è un’altra indicazione per lo Stato sammarinese, se vuole essere di supporto all’espansione estera del settore industriale sammarinese. Le micro imprese esportatrici italiane sono infatti circa il 64% degli operatori commerciali all’esportazione. È evidente, secondo l’analisi della CNA, che si tratta di una realtà per la quale vi sono ancora margini di sviluppo sia in termini di numero di imprese, in grado di operare sui mercati internazionali stabilmente e non in modo solo sporadico, che in termini di valore delle esportazioni. Per questo motivo sarebbe auspicabile la creazione di un sistema di accompagnamento all’estero pensato appositamente per le piccole imprese, che permetta loro di operare sui mercati esteri in maniera stabile e non solo sporadica. A livello settoriale, nel 2012 le esportazioni delle micro imprese con fatturato inferiore ai 75mila euro sono fortemente concentrate nel comparti tradizionali tipici del Made in Italy (mobili, preziosi, articoli sportivi, giochi, strumenti musicali e apparecchi medicali), che rappresentano il 41,8% del loro export. Seguono, in ordine di importanza nella composizione percentuale la meccanica (9,8%) e il tessile e abbigliamento (8,8%). Questi due ultimi due settori risultano il fulcro del nostro modello di specializzazione e sono centrali per tutte le classi di valore delle esportazioni. Dunque, le esportazioni delle micro imprese sono rappresentate da merci che, fatta eccezione per la meccanica, presentano una alta connotazione artigianale e la cui qualità è certificata dal marchio Made in Italy. Anche in termini di mercati di sbocco, le micro imprese appaiono competitive e presentano una composizione geografica dell’export che non si discosta significativamente da quella media nazionale.

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