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Cattolica, la recensione del concerto di Cesare Cremonini

da Redazione

L’ex leader dei Lunapop – fisicamente tirato a lucido – sabato 20 luglio all’arena della Regina, ha alternato pezzi di ‘tiro’ a ballate più delicate, come la struggente canzone “Padre madre”, riflessione sul ruolo dei genitori, senza dimenticare il suo passato.

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di Alessandro Carli

 

CATTOLICA – Nel vero giorno del capodanno dell’estate – sabato 20 luglio la Riviera romagnola “offriva” il festival di Santarcangelo dei teatri, il doppio appuntamento musicale al Verucchio festival con Stefano Bollani e Bobo Rondelli e il concerto di Cesare Cremonini a Cattolica -, l’ex leader dei Lunapop ha regalato al numeroso pubblico della Regina una performance oltre ogni aspettativa. Nessun pregiudizio, certo, però quello che è “accaduto” dal vivo ha superato ogni cerniera dell’immaginazione. Il cliché della boyband è volato nel cielo limpido già nel primo pezzo: con “Il comico (sai che risate)”, l’artista felsineo ha messo in mostra un’anima da animale da palcoscenico. Il segreto della sua nuova vita è tutto nella prima strofa: “Sono stato anche normale, in una vita precedente m’hanno chiesto ‘che sai fare?’. ‘So far ridere la gente’, menomale…”. Il comico – raffinata satira, forse, dei tempi dei Lunapop – qui diventa l’artista a 360 gradi, che ricerca, critica, gigioneggia (numerosi, per tutto il concerto – due ore e 20 – gli ammiccamenti rivolti al pubblico) e si dà, con slancio, ai fans, che lo accompagnano lungo tutta la scaletta verso il cielo.

Cremonini – fisicamente tirato a lucido, e sempre con il fido Ballo al suo fianco – ha alternato pezzi di ‘tiro’ a ballate più delicate, come la struggente canzone “Padre madre”, riflessione sul ruolo dei genitori, senza dimenticare il suo passato. Dal viaggio in vespa sui colli bolognesi, a “Vorrei”, passando per “Qualcosa di grande”, quasi a voler scalare tutte le marce della sua vita. Tra i pezzi solisti, “Latin lover”, novello casanova che miete conquiste, e tanto, tanto rock. E’ forse questa la sua vera anima: chitarre che vanno, voce graffiante, testi interessanti e quell’energia contagiosa, pulita. Nell’alternarsi della vita e dei tasti bianchi e neri del pianoforte posizionato in mezzo al pubblico, il contatto con le persone: una manciata di pezzi, delicati, con la luna ferma nel cielo, che ascolta, e si lascia cullare dalle note.   

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