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Leon Engineering, sfruttare la geotermia: è possibile anche sul Titano?

da Redazione

La geotermia può essere considerata un’ottima fonte di energia rinnovabile, preferibile alle altre per la sua disponibilità costante. Inoltre i recenti sviluppi tecnologici permettono la realizzazione di nuovi impianti a ridottissimo impatto ambientale.

 

di Sara Bollini

 

La geotermia può essere considerata un’ottima fonte di energia rinnovabile, preferibile alle altre per la sua disponibilità costante. Inoltre i recenti sviluppi tecnologici permettono la realizzazione di nuovi impianti a ridottissimo impatto ambientale. Un’ampia varietà di fenomeni naturali superficiali, quali vulcani, geyser, fumarole e sorgenti termali, indica l’enorme quantità di calore presente all’interno della Terra, ma solamente in seguito alla realizzazione delle prime miniere si è compreso che la temperatura del sottosuolo aumenta con la profondità (gradiente geotermico). Con le moderne tecniche di perforazione si è misurato il gradiente geotermico medio, che corrisponde a circa 3°C ogni 100 metri. Un sistema geotermico è costituito da tre elementi. Una sorgente di calore, un fluido (acqua) e un serbatoio. La sorgente di calore è data dal normale calore del mantello terrestre (sistemi a bassa temperatura) oppure da un’intrusione magmatica posizionata a una profondità relativamente limitata, 5-10 km (nel caso dei sistemi ad alta temperatura). Il fluido, che si riscalda a contatto con le rocce calde, è fondamentale per poter sfruttare il calore del sottosuolo. Si tratta in genere di acqua meteorica proveniente dalla superficie, ma può anche essere acqua reimmessa artificialmente laddove una costante ricarica non sia possibile, per uno sfruttamento sostenibile di questa risorsa. Infine c’è il serbatoio, che altro non è che un complesso di rocce calde permeabili ricoperto da uno strato di rocce impermeabili; questa composizione rende possibile l’assorbimento di calore da parte del fluido e nel contempo mantiene l’acqua in pressione e le impedisce di disperdersi.

Poiché nel sottosuolo è racchiusa una grande energia, non si può non cercare di utilizzarla per produrre elettricità o calore. Da sola la penisola italiana detiene il 50% della produzione totale europea di energia geotermoelettrica, al primo posto in Europa con i quasi 900 MWe di capacità installata al 2011, che secondo stime arriverà a 922,6 MWe nei prossimi cinque anni. Anche il potenziale geotermico italiano è enorme, secondo solo a quello dell’Islanda; tuttavia tale potenziale potrebbe essere sfruttato molto più di quanto fatto finora. Le risorse geotermiche potenzialmente estraibili, caratterizzate da temperature sufficientemente elevate tali da poter produrre energia elettrica a costi competitivi rispetto a quelli di altre fonti di energia, sono situate solo in rare zone. Tuttavia le risorse a media e bassa temperatura (T<80–90°C) si trovano in moltissime aree del territorio e proprio queste sono adatte a svariati utilizzi diretti del calore. La tecnologia attuale rende oggi possibile, grazie all’impiego di pompe di calore, lo sfruttamento del calore terrestre anche quando le temperature non sono elevate (T<30°C) o le profondità sono inferiori. Si parla in tal caso di geotermia a bassa entalpia, che potrebbe soddisfare parte del fabbisogno energetico permettendo di riscaldare gli edifici d’inverno e raffreddarli in estate. Un esempio di eccellenza è appunto rappresentato dall’Islanda, che così riscalda gran parte delle sue abitazioni. Ma anche dalle nostre parti è possibile sfruttare in maniera importante questa risorsa. Per questa tecnologia sono previsti incentivi statali che, nella Repubblica di San Marino, corrispondono al 10%, a fondo perduto, dell’intero investimento. Va detto infine che la somma è deducibile fiscalmente.

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