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San Marino, Francesca Michelotti: “Inauditi vantaggi per intere fasce della PA”

da Redazione

“Ora bisogna eliminare i privilegi. Intere fasce della PA godono di inauditi vantaggi. E non sono cose da poco: per esempio gli straordinari garantiti. Non mancano le leggi per eliminarli: il vizio di questo paese è l’incapacità di applicarle”.

 

di Saverio Mercadante

 

Continuano le interviste di San Marino Fixing sul tema della spending review e sui necessari interventi sulla macchina dello Stato. Oggi vi proponiamo le riflessioni del Consigliere Francesca Michelotti di Sinistra Unita.

“Il gruppo della spending review ha lavorato con ottima competenza tecnica. Non hanno rilevato delle questioni di cui non si era a conoscenza, però le hanno inquadrate in una mappa organica sulla quale la politica deve lavorare”.

“Va sottolineato – continua il Consigliere – che il fenomeno del clientelismo nel settore pubblico che ha sovradimensionato gli organici al punto di renderlo un carrozzone ingovernabile, è stata una forma di redistribuzione della ricchezza per la creazione di un benessere diffuso: è forse l’unica scusante. La ricchezza del Paese è stata utilizzata male perché è stata male accumulata. La ricchezza andrebbe redistribuita attraverso parametri di merito, equità, produttività. La nostra PA, al di là del fenomeno degenerativo che ha prodotto questi grandi numeri, garantisce comunque ai sammarinesi servizi piuttosto migliori rispetto ai contesti territoriali circostanti”.

“Ora bisogna eliminare i privilegi. Intere fasce della PA godono di inauditi vantaggi. E non sono cose da poco: per esempio gli straordinari garantiti. Non mancano le leggi per eliminarli: il vizio di questo paese è l’incapacità di applicarle. Anche il blocco delle assunzioni è stato di fatto bypassato. Si aprirà uno scontro epocale. Ci sono intere categorie che per la loro specificità, per la forza dei numeri che rappresentano, saranno agguerritissime”.

“E il governo passato e l’attuale – scandisce Francesca Michelotti – non hanno fatto niente per far capire alla PA che i tempi erano cambiati per sempre. Anzi, la coscienza dei pubblici dipendenti è stata tenuta in una sorta di ibernazione. E’ stato un errore madornale: vi sarà conflitto sociale. Sin dai primi segnali della crisi, bisognava far condividere ai pubblici dipendenti le preoccupazioni di tutti gli altri cittadini e di chi regge le redini del Paese. La Pubblica amministrazione, bacino di voti, non ha pagato niente rispetto a quello che hanno pagato per la crisi i dipendenti privati. Hanno navigato sul mare della crisi come se fossero su un caravella d’oro. Si è intervenuti minimamente sulle indennità, una sciocchezza. Doveva essere mobilitata come minimo la coscienza collettiva dei pubblici dipendenti in relazione a chi soffre veramente: a me non succede niente, io cosa sto facendo, quando accanto a me c’è chi è in cassa integrazione, in mobilità, in disoccupazione, non trova lavoro. E la riforma della PA è stata fatta in un bagno di acriticità. Non si è cercata una nuova identità lavorativa, non si è creato un nuovo orgoglio collettivo. E’ tutto passato sotto silenzio, non si è risvegliata una coscienza critica”.

“Ed è mancato totalmente l’aspetto organizzativo, ogni ufficio va per conto suo. E’ una delle conseguenze del clientelismo, la PA è ormai più di quindici anni che sta andando alla deriva. E la riforma non ce l’ha fatta a rimetterla in carreggiata. Se manca l’input, – conclude – la volontà politica, l’obiettivo, a che cosa lavora la squadra? E un dato sottolineato anche dal team della spending review”.

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