Home FixingFixing L’abbraccio del grano, i tempi della semina. Con Graziano Serrandrei nell’universo dei cereali

L’abbraccio del grano, i tempi della semina. Con Graziano Serrandrei nell’universo dei cereali

da Redazione

“Lavoro come agricoltore dal 1991. A Faetano coltivo grano, orzo, favino, e foraggio, ovvero il fieno che viene dato alle manze da ingrasso. All’attività dei campi, il signor Serrandrei alterna l’attività nella stalla. “E’ il primo e l’ultimo lavoro della giornata – ci confida – e vengo aiutato da mia figlia. Ho circa 40 capi d’allevamento”.


“Al cader delle foglie alla massaia non piange il vecchio cuor, come a noi grami, chè d’arguti galletti ha piena l’aia; e spessi, nella luce del mattino, delle utili galline ode i richiami: zeppo il granaio, il vin canta nel tino, cantano a sera intorno a lei stornelli, le fiorenti ragazze, occhi pensosi, mentre il grano turco sfogliano”. In queste strofe di Giovanni Pascoli, sembra scorgere la vita di Graziano Serrandrei, Presidente della Cooperativa Ammasso Prodotti Agricoli e coltivatore diretto: occhi vispi, mani consumate dal lavoro, e un sorriso sereno, come solo le persone che vivono nella natura possono conoscere.

Graziano Serrandrei ci racconta il suo mestiere, la sua vita, il suo mondo. “Lavoro come agricoltore dal 1991. A Faetano coltivo grano, orzo, favino, e foraggio, ovvero il fieno che viene dato alle manze da ingrasso. All’attività dei campi, il signor Serrandrei alterna l’attività nella stalla. “E’ il primo e l’ultimo lavoro della giornata – ci confida – e vengo aiutato da mia figlia. Ho circa 40 capi d’allevamento”.

Nel suo sguardo però si vede il cielo azzurro, e i 50 ettari di terreno che lavora. “La terra richiede molte attenzioni e grande passione. Il ciclo della natura è abbastanza scandito: a fine ottobre si semina, a marzo – si concima e si tolgono le erbacce che possono dare fastidio. Tra la fine di giugno e i primi giorni di luglio si trebbia, in ordine, l’orzo, il grano e il favino”. Dopo aver fatto chiarezza sulle differenze tra la mietitrebbiatura e la mietitura (“La prima si effettua con una macchina che taglia i cereali, li passa nel battitore e poi divide, come nel vaso del grano, il chicco dalla spiga mentre la seconda è il processo di taglio e raccolta nei campi dei cereali maturi”), Serrandrei racconta i tipi di grano che coltiva e le differenze tra le diverse tipologie. “Io coltivo principalmente due varietà, il ‘Bologna’ e il ‘Palesio’. La prima dà origine ad una farina considerata ‘forte’, più performante. La seconda è più tenera, elastica, ed è la più utilizzata per il processo di panificazione”.

Graziano Serrandrei poi apre le pagine del diario personale. “Questo lavoro lo vivo sin da quando ero bambino: provengo da una famiglia contadina. La terra, come si dice in dialetto, è ‘sempre bassa’, anche se oggi la tecnologia dà una bella mano. L’impegno e la passione però sono gli stessi dei nostri nonni”. Nel tempo però è cambiata la resa. “Una volta bastavano 4 o 5 ettari per vivere, oggi ne servono almeno 50. Quando un ettaro rende 50 quintali di cereali siamo contenti. Nella realtà delle cose però, mediamente la resa è di circa 35-40 quintali. Le faccio un esempio: nel 1988 con un quintale di grano si poteva acquistare un quintale e mezzo di concime. Oggi, per avere un quintale di concime, occorrono 3 quintali di grano”.

La stagione 2013, come ci conferma, “è stata difficile. Il grano soffre i ristagni d’acqua. Le piogge hanno contaminato, attraverso un fungo, i cereali, dimezzando la resa”.

Serrandrei poi si ferma un attimo. Annusa l’aria. “Il nostro mestiere dipende molto dalle variabili atmosferiche. Dobbiamo sperare nella clemenza del tempo”.

Nei suoi gesti e nella sua voce limpida pare di scorgere i versi di Paolo Carbonaio: “Riposare tra il grano maturo in una giornata lucente, sotto il sole d’estate, tra onde di spighe mosse dal vento. Sognare altri universi infinitamente lontani, splendenti d’oro come questo grano maturo che mi abbraccia”.        

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