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Diario della crisi del 12 luglio 2013

da Redazione

Secondo uno studio elaborato per l’Associazione dei costruttori dal Centro studi economia reale dell’economista Mario Baldassarri, nei dodici anni intercorsi fra il 2001 e il 2012 la spesa pubblica è passata da 536 a 805 miliardi, con un aumento del 50,1 per cento.

 

di Saverio Mercadante

 

A La7 è arrivato Urbano Cairo, il nuovo proprietario: presentando i palinsesti 2013-2014 ha affermato che sono stati spesi 500 mila euro di taxi. “Mi sembra un po’ troppo. A Milano nella mia azienda solo 42 mila e per me erano già troppi. La riduzione probabilmente provocherà una crisi dei taxi a Roma”, ha ironizzato il presidente del Torino Calcio.

Forse i vecchi proprietari avevano come esempio di straordinario spreco quello della spesa pubblica italiana: è aumentata a dismisura ma non ha creato né crescita economica, né occupazione.

Secondo uno studio elaborato per l’Associazione dei costruttori dal Centro studi economia reale dell’economista Mario Baldassarri, nei dodici anni intercorsi fra il 2001 e il 2012 la spesa pubblica è passata da 536 a 805 miliardi, con un aumento del 50,1 per cento. In termini reali, tenendo conto cioè dell’inflazione, il progresso è stato del 15,9 per cento. Ma questa crescita ha riguardato esclusivamente la spesa corrente, lievitata da 485 a 759 miliardi, mostrando un incremento monetario del 56,5 per cento e reale del 20,8 per cento. Perfino l’ultimo governo tecnico iperigorista di Mario Monti ha fatto crescere di 8 miliardi in un solo anno la spesa corrente. Ma è niente al confronto dei 60 miliardi in più accumulati in due anni e mezzo del centrosinistra. E soprattutto della crescita di ben 206 miliardi dei denari divorati dalla burocrazia negli otto anni e mezzo del centrodestra.

Intanto gli investimenti pubblici crollavano: il livello massimo del periodo preso in esame fu nel 2004, con 37,4 miliardi. Da allora una lenta ma inesorabile discesa: 35,9, 34,1, 33,1, 30,7, 28,6, 25,3, 22,6, 20,2. Per planare, quest’anno, a 18,9.

Anche qualcos’altro è cresciuto in Italia: un virus maligno, che gli esperti chiamano, “fallimentus aziendae”.

Ogni due ore in Italia chiudono tre aziende, trentacinque al giorno, non per i debiti ma per i mancati incassi.

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