San Marino, sprechi e rilancio: intervista al Presidente ANIS, Emanuel Colombini. Politica in ritardo. Bene i provvedimenti nati dal tavolo per lo sviluppo.
di Loris Pironi
La crisi non molla. E le riforme ancora non si vedono. In compenso c’è la patrimoniale, che niente e nessuno è riuscito a fermare. Gli imprenditori sono preoccupati, e se gli interventi contenuti nel progetto di legge scaturito dal tavolo di confronto tra le parti sociali ha già varcato la soglia del Consiglio Grande e Generale, il tempo stringe. Senza contare che ancora nulla è trapelato in merito ai tagli agli sprechi che dovranno essere indicati nell’ambito della spending review. Di tutto questo Fixing ne ha parlato con il Presidente ANIS, Emanuel Colombini.
Presidente, a che punto siamo con questa maledetta crisi?
“Purtroppo dobbiamo parlare dell’ennesimo trimestre di peggioramento. Nella maggior parte dei settori manifatturieri stiamo purtroppo registrando un altro step di discesa dei volumi sul mercato Italia, un dato che ci viene confermato un po’ da tutte le aziende nostre associate. È un trimestre difficile inoltre anche per chi lavora con l’estero, extra-Italia. Sicuramente non possiamo parlare di ripresa, ma purtroppo neanche di staticità. Il fatto, poi, è che se guardiamo la tabella di marcia della politica, siamo indietro su tutto. Un ritardo forte nell’attuazione del programma che la politica si era prefissata, soprattutto per quanto riguarda le azioni che possono portare ad una ripresa economica. In linea generale se la nuova legge sugli incentivi appena portata in Consiglio Grande e Generale è stata sviluppata in condivisione con le forze sociali e recepisce diversi contenuti che avevamo indicato nel nostro Progetto per San Marino, purtroppo non possiamo valutare positivamente l’intervento che ha portato alla patrimoniale, che ci appare assai forzata nei tempi, in anticipo su qualsiasi azione di rilancio e sui tagli annunciati con la spending review”.
Parliamo appunto della patrimoniale. ANIS ha già affermato che non è equa e che inciderà negativamente sull’economia.
“Qui oggi non stiamo neanche più a discutere sul fatto se sia equa o meno, il problema è che è una distorsione in linea di principio. L’Italia dopo averla introdotta sta già ragionando su come può tornare indietro, perché si sono resi conto, alla prova dei fatti, di quanto pesanti sono le conseguenze sulla propria economia. Purtroppo siamo certi che avrà riscontri negativi pesanti in ambito edilizio e immobiliare, credo che anche da noi, come oltre confine, porterà ad una svalutazione dei nostri immobili e a una correlata diminuzione delle entrate fiscali. Il contraccolpo negativo è certo, e i primi danni già si vedono”.
C’era una soluzione alternativa, secondo voi?
“Secondo noi ma anche secondo la politica: le stime della riforma tributaria dicevano che la sua introduzione avrebbe avuto un impatto maggiore sui conti pubblici rispetto alla patrimoniale, e sarebbe andata a colpire i redditi e non il patrimonio immobiliare, sempre se vogliamo parlare di equità. Poi c’è l’introduzione dell’IVA, anche in questo caso mi sembra che siamo in ritardo”.
Però non tutto è negativo. Siete soddisfatti del risultato del tavolo per lo sviluppo.
“Sì, anche se dobbiamo dire che ancora è un risultato parziale. Si vanno a incentivare nuovi investimenti e nuove assunzioni attraverso diverse forme di agevolazione fiscale, per la prima volta il pacchetto di interventi che è stato predisposto ha davvero una considerevole appetibilità anche per gli investitori esteri. Non riusciamo ancora a capire, tuttavia, se c’è la vera volontà da parte della politica di uscire dalla discrezionalità delle scelte, vedremo come il provvedimento uscirà dall’aula di Palazzo Pubblico e quale sarà la sua applicazione”.
Cambiamo argomento e parliamo di privatizzazioni. Cioè vorremmo parlarne, ma qui non si riesce neanche a intavolare un ragionamento concreto.
“Purtroppo è così. Anche al tavolo per lo sviluppo non si è toccato l’argomento concretamente. Io penso che si dovrebbero innanzitutto individuare i settori che vogliamo ritenere strategici per lo Stato e per la collettività. Per tutti gli altri se lo Stato non riesce a essere competitivo, è il caso di aprirsi ai privati. Quanto costano certi servizi, e con quale qualità? Forse certe volte sarebbe il caso di porsi queste domande. Resta il fatto che con l’attuale differenziale negli stipendi tra pubblico e privato, privatizzazioni vere non sono ancora neanche ipotizzabili”.
Nel prossimo Consiglio Grande e Generale finalmente vedremo i risultati del lavoro dello ‘spending team’. Quanto pensate che debba essere l’ammontare di questi tagli?
“Anche in questo caso mi rifaccio alle stime dell’ultima Finanziaria e alle indicazioni del Fondo Monetario Internazionale: credo si debba parlare di tagli per alcune decine di milioni di euro, almeno 30-40. C’è anche un altro ragionamento da fare, in questo ambito. Dato che l’obiettivo è il pareggio di bilancio, servirebbe un migliore controllo di gestione dei conti pubblici, magari con aggiornamenti più dettagliati e più frequenti, per sapere con maggiore precisione qual è lo sbilancio e poter mettere a punto un budget più efficace. Tornando alla cifra complessiva dei tagli, oggi si deve tener conto, poi, che le ricadute di questi tagli si vedranno solo nel 2014”.