Home FixingFixing Patrimoniale, è un problema di metodo: si parte da valori non reali

Patrimoniale, è un problema di metodo: si parte da valori non reali

da Redazione

Vito D’Ambrosio (Technology for People): “E’ necessaria una banca dati unica a monte”.

 

di Loris Pironi

 

Fermate la patrimoniale. Fixing ha lanciato questo appello, la scorsa settimana, argomentando i motivi per i quali sarebbe deleterio procedere con il provvedimento. Per palesi motivi di equità innanzitutto, ma anche per il fatto che il provvedimento per come sta proseguendo la sua corsa pare destinato ad essere sbilanciato a sfavore delle imprese.

Detto questo, a San Marino c’è una società, la Technology for People, capofila del Gruppo Car-Tech, protagonista in Italia a fianco di decine di enti pubblici che hanno deciso di gestire nel modo migliore il proprio territorio, a partire – chissà perché – dai tributi. Per questi enti sul Titano è stata sviluppata un’innovativa tecnologia informatica che serve proprio a questo.

Il preambolo ci è servito per spiegare per quale motivo ci siamo in visita a Vito D’Ambrosio, Presidente di Technology for People, per confrontarci sulla delicata materia della patrimoniale e della riforma del catasto.


Dicendo no alla patrimoniale, almeno per come il provvedimento è stato illustrato finora, Fixing è per caso finito fuori strada?

 

“Direi proprio di no – afferma Vito d’Ambrosio – una patrimoniale che non parta da dati certi e precisi per definizione non può essere equa. Fondamentalmente si tratta di un problema di metodo, di approccio alla materia. Un problema che parte dai valori non omogenei e non rispondenti allo stato reale degli immobili presenti sul territorio. Ma per quello che ho potuto leggere del testo del decreto, è sbagliato anche il punto di partenza: si vorrebbe partire dal Catasto, che è un elemento chiave di tutta l’architettura dei dati a disposizione della pubblica amministrazione, ma non certo l’unico, per poi trasformarlo in altro. E prospettando l’affidamento di compiti che non gli appartengono”.


Infatti non a caso sosteniamo che prima di tutto deve arrivare la riforma del catasto e l’aggiornamento dei dati a disposizione dello Stato fino ad avere una fotografia reale della situazione, per poi fare tutti gli interventi che si ritengono opportuni.

 

“In effetti sarebbe un procedimento di buon senso, il più semplice di tutti, che permetterebbe di dare un reale valore agli immobili. Il catasto è l’archivio più ‘ordinato’ a disposizione dell’ente pubblico, ma un catasto con le rendite non è adeguato ai reali valori”.


Da addetti ai lavori cosa consigliereste a San Marino?

 

“Non vogliamo metterci in cattedra, ma per far capire di cosa stiamo parlando posso pensare che la prima cosa da fare sarebbe quella di creare delle micro-zone sul territorio sammarinese, divise per reale valore di mercato. Una vera equità dovrebbe partire da qui”.


E poi? Un altro problema che abbiamo riscontrato, e certo non solo a San Marino, è dato dal fatto che i vari organismi pubblici che hanno dati cruciali a propria disposizione faticano, per usare un eufemismo, a interagire tra loro.

 

“Più esattamente mancano progetti di condivisione delle informazioni. In Italia noi proponiamo un progetto di aggregazione dati che, aiutato da un software e con l’intervento di persone competenti in grado anche di fare formazione al personale pubblico, che permette di creare un’anagrafe immobiliare-tributaria decisamente più attendibile. Questo permette al singolo Comune, piccolo o grande che sia, non solo di essere più efficace nella lotta all’evasione, non solo di portare alla luce situazioni destinate a normalizzarsi producendo l’auspicata equità fiscale, ma anche di offrire tutta una serie di servizi ai cittadini. Che nel medio-breve termine possono portare alla diminuzione dei costi e quindi anche a un’eventuale riduzione della tassazione. Se San Marino creasse una sua banca dati unica nel medesimo modo, potrebbe diventare un esempio virtuoso per tanti. E già partirebbe avvantaggiata: rispetto all’Italia Catasto, Urbanistica e altri uffici pubblici sono sullo stesso piano, mentre in Italia il Catasto resta un ente a sé stante, non su base comunale”.


Qual è il passaggio successivo?

 

“Dopo che è stata creata una unica banca dati che raccoglie elementi provenienti da catasto, urbanistica, anagrafe, attività economiche eccetera, si deve evitare l’errore di assegnare compiti non propri ai vari uffici, a partire appunto dal catasto, ma occorre creare un ufficio tributi ad hoc. È con questo ufficio che i contribuenti si devono interfacciare”.


Infatti il vostro progetto prevede anche un coinvolgimento dei contribuenti.

 

“Abbiamo creato un software apposito dove il cittadino può verificare se i dati su di sé a disposizione dello Stato siano corretti, per eventualmente correggerli on-line in maniera molto semplice. Dove non arriva il cittadino, come sempre, ci possono pensare i professionisti che già sono impegnati a seguire lo stesso contribuente”.

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