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San Marino, decolla il parto in casa. “Una scelta naturale”

da Redazione

parti casa

Sono ben 5 in soli 3 mesi. C’è un vuoto normativo, ma è nata la prima proposta. Rita d’Altri: “Prassi di massima sicurezza. Le famiglie chiedono rimborsi”.

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di Simona Bisacchi Lenic

 

C’era un tempo in cui le madri partorivano in casa. I racconti di nonni e bisnonni sono ancora colmi di acqua bollente, e asciugamani o pezzi di tela per accompagnare la nascita di un figlio.

C’è un tempo, oggi, in cui partorire a casa non è una necessità, ma una scelta, individuale e intima, che può essere realizzata con l’intervento di ostetriche specializzate.

A San Marino nel 2012 ci sono stati tre parti a domicilio. Un numero che può sembrare esiguo, ma non lo è se consideriamo che i parti complessivi di quell’anno sono stati 272 e che solo chi ha una gravidanza a basso rischio può prendere in considerazione questa possibilità. Il dato diventa ancora più interessante, se consideriamo che in Repubblica dall’inizio del 2013 – in soli tre mesi – i parti in casa sono stati ben cinque, come rivela l’ostetrica Rita D’Altri, che dal 1997 presta assistenza ai parti a domicilio ed è tra i fondatori del Centro Le Nove Lune di San Marino. Un piccolo boom che fa crescere la necessità di una legge – per ora inesistente – che regolamenti il parto a domicilio. Una necessità sentita non solo dalla struttura ospedaliera e dalle ostetriche che lavorano sul territorio, ma anche dalle partorienti e dalle neo mamme.

Qualcosa comincia però a muoversi. La dottoressa Miriam Farinelli, direttore del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Stato di San Marino, proprio in questi ultimi giorni ha infatti inoltrato una proposta nero su bianco – inviata tra gli altri ai vertici dell’Iss e all’Authority Sanitaria – per andare incontro alle esigenze del parto in casa, indicando alcuni parametri e auspicando quindi l’inizio di una collaborazione tra la struttura ospedaliera e le ostetriche che agiscono sul territorio. “Ciò che avviene all’interno dell’ospedale è di mia responsabilità – spiega la dottoressa Farinelli – Ma ciò che avviene al di fuori è sotto la responsabilità dell’Authority Sanitaria. Una regolamentazione è fondamentale”.

L’ostetrica Rita D’Altri (a sinistra nella foto, assieme alla ginecologa Giovanna Rossi e, al centro, una mamma), che oltre a San Marino opera anche nelle province di Rimini, Forlì-Cesena e Pesaro, sottolinea che in Italia il parto a domicilio è regolamentato da leggi regionali, che implicano sia un riconoscimento legale, che un riconoscimento economico, pari all’80% del costo di un parto ospedaliero. Rimborso inesistente in Repubblica.

Secondo questo protocollo regionale c’è naturalmente una burocrazia da seguire: al settimo mese la futura mamma deve compilare un modulo apposito per richiedere di partorire in casa, e in un secondo momento, subito dopo il parto, la mamma dovrà compilare un ulteriore modulo per questo rimborso che arriva, solitamente, nell’arco di soli 60 giorni.


A San Marino c’è un vuoto normativo in riferimento al parto in casa.

 

“Io e le mie colleghe abbiamo sempre seguito i parametri del protocollo della Regione Emilia Romagna per garantire la sicurezza del parto – dichiara l’ostetrica D’Altri – Rimane comunque il problema del rimborso. Il parto è totalmente a spese della mamma, così come la visita del pediatra, obbligatoria per legge entro 12 ore dal parto. Sarebbe corretto un rimborso anche solo parziale per le mamme, dato che allo Stato i parti in casa non costano nulla”.


Ma cosa spinge una futura mamma a partorire in casa, nonostante sia più costoso, e nonostante a San Marino si possa contare su un reparto efficiente e mai sovraffollato? La risposta non tocca l’aspetto prettamente scientifico.


“Il parto a domicilio permette alle donne di rimanere nella loro casa, di avere intorno poche persone, seguire i propri ritmi e i propri tempi senza allontanarsi dall’ambiente a loro più familiare – spiega l’ostetrica D’Altri – Inoltre, dopo il parto le mamme possono dormire nel loro letto, con il loro compagno, e per chi ha già avuto figli significa anche non separarsi da loro”.


E in caso di complicazioni?

 

“In caso di complicazioni ci rivolgiamo alla struttura più vicina e più pronta ad accogliere la futura mamma, tendenzialmente ci rivolgiamo quindi all’Ospedale di San Marino”.


Non tutti i parti, però, possono essere gestiti in casa.

 

“Innanzitutto la gravidanza deve essere ritenuta a basso rischio – informa l’ostetrica – Inoltre l’abitazione non deve essere distante più di 30 chilometri dall’Ospedale di riferimento, nel caso di San Marino oltre ai chilometri bisogna tener conto anche della linearità della strada. C’è quindi già una grossa scrematura iniziale”.


Grazie alla proposta della dottoressa Miriam Farinelli un primo passo verso una regolamentazione è stato finalmente compiuto.

 

“Una regolamentazione è necessaria per poter permettere alla donne di scegliere ed essere tutelate, non certo per incentivare i parti a domicilio – conclude l’ostetrica Rita D’Altri – La decisione di partorire in casa viene maturata dalla donna per un suo percorso individuale, per esigenze personali. Dall’altro lato se una donna vuole partorire in ospedale, nessuno la convincerà a partorire a casa. Non c’è quindi conflitto”.

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