San Marino: il dibattito sul decreto 53 è stato approvato dopo un lungo dibattito con 31 voti favorevoli e 22 contrari.
Nel pomeriggio del 4 marzo la seduta del Consiglio grande e generale riparte dall’esame dell’istanza d’Arengo n. 7 lasciata in sospeso nella mattinata. Viene respinta, mentre passa a maggioranza l’odg collegato, presentato in mattinata sull’istanza precedente e firmato da tutti i gruppi.
Si è quindi affrontato il dibattito sul decreto 53 sul trattamento retributivo di dirigenti e direttori di dipartimento, approvato dopo un lungo dibattito con 31 voti favorevoli e 22 contrari, per poi tornare alle istanze d’Arengo rimanenti. La seduta è stata interrotta durante l’esame dell’istanza sul voto palese in Aula. I lavori riprenderanno in seduta notturna.
Di seguito un riassunto della seduta pomeridiana.
Istanza d’Arengo n 7 perché divenga ammissibile la partecipazione a tutte le gare di appalto – per la realizzazione di lavori pubblici – tramite la modalità del raggruppamento di imprese (Ati), respinta a maggioranza.
Claudio Felici, segretario di Stato per le Finanze: “Come precisato per la precedente istanza c’è un decreto che definisce l’Ati. Per un bando pubblico non possono essere previsti obblighi, l’istanza non è accoglibile”.
Stefano Canti, Pdcs: “Il settore dell’edilizia risente della crisi. In materia le leggi di riferimento sono la 196 del 1999 e il decreto 10 del 2000 che prevede quanto richiesto dall’istanza. L’azienda di Stato per i lavori pubblici aspetta ancora il registro unico delle imprese. In attesa della nuova normativa sugli appalti invito ad accogliere quanto richiesto dall’Associazione del settore edile sammarinese”.
Rossano Fabbri, Ps: “L’istanza merita attenzione a approvazione. Non capiamo che problema ci sia a disciplinare che a ogni bando possano partecipare singole imprese o Ati. Non dobbiamo lasciare discrezionalità all’ente appaltante. Prendo atto che l’Azienda autonoma di Stato per i servizi pubblici aspetta il registro unico dei fornitori dalla Camera di commercio. In tal senso sono stati già fatti un paio di decreti e stanziate delle risorse”.
Francesca Michelotti, Su: “L’Istanza chiede la possibilità di partecipare agli appalti pubblici in raggruppamento di imprese. La normativa vigente prevede che gli appalti più importanti siano assegnati a un’unica ditta con determinate caratteristiche. Questa scelta ha fatto affermare alcune imprese che si spartiscono gli appalti più grandi. Difficilmente però svolgono tutto il lavoro da sole, ma ricorrono per le opere minori, guadagnandoci, a imprese secondarie che così hanno condizioni più severe che pesano ancor di più in questo momento di crisi. Così di favoriscono il nero, la scarsa qualità dei materiali e meno accuratezza nei lavori.
Nell’ultimo anno sono stati aperti cantieri per 15 milioni di euro, le assegnazioni sono state regolari ma i cinque appalti più grandi sono in mano a un’unica ditta. La spesa della Pa deve essere efficiente e di qualità. Questa istanza è prudente. E lo Stato deve fare politica economica. Il contenuto dell’istanza è accolto nell’odg presentato prima, ma si può comunque accogliere”.
Marco Podeschi, Upr: “L’Upr è a favore dell’istanza. Valgono i ragionamenti del precedente dibattito. Aspettiamo il fantomatico registro delle imprese fin dal 2008, ma non esiste ancora. Che fine ha fatto? Perché la Camera di commercio non l’ha fatto?Non vorrei che non ci fosse la volontà”.
Roberto Ciavatta, Rete: “L’istanza va trasformata nell’abrogazione del secondo comma dell’articolo 25 della legge del 2000. Sostenere le piccole aziende dovrebbe essere l’obiettivo principe della politica. L’istanza chiede la possibilità di fare proprie offerte unendosi, anche per gare importanti. C’è un controllo sul possesso dei requisiti per chi si iscrive. Quello della mancanza del registro è un problema grave”.
Gian Franco Terenzi, Pdcs: “L’istanza si identifica ai concetti che ho espresso prima. Sostengo l’associazione temporanea d’impresa, dobbiamo trovare il modo di dare la collocazione giusta a questa istanza. E l’odg presentato prima raccoglie tutte le dinamiche”.
Mimma Zavoli, C10: “L’istanza si collega a quella precedente e sono validi gli stessi criteri. Per andare incontro alle difficoltà del settore sarebbe utile accoglierla, garantendo così sostegno alle imprese più piccole e pari opportunità per tutti gli operatori”.
Pier Marino Mularoni, Upr: “L’istanza è uno strumento che testimonia esigenze di cittadini. Sono sorpreso che questa non sia accoglibile perché c’è già una normativa al riguardo. Le istanze servono a intervenire sulle normative. Gli appalti sono un settore delicato e da noi c’è una sorta di monopolio e scattano per quelli più grandi sistemi di capo-commessa. Occorre inoltre evitare che gli appalti finiscano fuori territorio. L’Upr è a favore dell’istanza”.
Augusto Michelotti, Su: “Dobbiamo fare godere a tutti gli operatori le stesse opportunità. Nei grandi appalti si ricorre spesso al subappalto che è una sorta di ricatto più o meno legalizzato e va a pesare sulla qualità dell’opera. C’è un decremento di qualità. Bene venga dunque che le aziende possano unirsi temporaneamente per accedere a una gara” .
Vladimiro Selva, Psd: “E’ giusto dare maggiori possibilità di partecipare agli appalti pubblici alle piccole aziende. Ma l’istanza prevede sempre la possibilità di associarsi il che potrebbe non sempre essere un bene. Dobbiamo recepire lo spirito di questa e dell’istanza precedente, pur votando contro”.
Luigi Mazza, Pdcs: “L’Istanza indica la difficoltà delle aziende edili e la necessità di mettere mano ad alcuni aspetti del regolamento degli appalti. Serve un mix di criteri per favorire il riavvicinamento dei prezzi a valori sostenibili, mentre la possibilità per le aziende di associarsi è prevista. Noi sosteniamo che non debba essere consentito ogni volta il ricorso all’associazione temporanea, ma che sia sempre ammessa questa possibilità se le aziende sono sammarinesi. Così accogliamo l’orientamento dell’istanza”.
Claudio Felici, segretario di Stato per le Finanze, replica: “Sugli appalti c’è una convergenza generale del Consiglio grande e generale. La sensibilità e il livello di attenzione testimoniano che dall’approvazione dell’odg scatterà un aggiornamento delle norme. Per il registro unico delle imprese è questione di un paio di mesi: siamo in dirittura d’arrivo”.
Rossano Fabbri, Ps, replica: “Il Paese aspetta dal 2004 il registro unico delle imprese. Sapere che siamo in dirittura d’arrivo ci fa piacere. Abbiamo sottoscritto con favore l’odg, ma si può fare di più. Ancor non abbiamo capito perché l’istanza non è accoglibile”.
Decreto delegato 14/05/12 n.53
Disciplina del trattamento retributivo dei Dirigenti e dei Direttori di Dipartimento
Nel corso del lungo dibattito, sono approvati gli emendamenti emendamenti proposti dal governo, respinti invece quelli presentati da Civico 10 e Sinistra unita. Di seguito un estratto del dibattito sugli emendamenti più significativi.
Gian Carlo Venturini, Pdcs: “Ho chiesto lo scorporo perché ci sono diversi emendamenti del governo, ma anche di Su e C10. Se non c’è dibattito, procederei a illustrare gli emendamenti. Il primo è riferito al comma n. 1, è di raccordo perché è stata cambiata la tabella 1 allegata al decreto”.
Giovani Lonferni, Upr: “Siamo stati presi in contropiede, mi aspettavo una discussione di carattere generale, non di entrare subito nel decreto. Non credo che in 5 secondo il decreto per la sua importanza possa essere liquidato dall’Aula”.
Roberto Ciavatta, Rete: “La legge, nell’intento valido di limitare discrezionalità negli stipendi dei dirigenti pubblici, resta carente. Le voci restano troppe, fino ad arrivare a stipendi significativi e valutazioni che lasciano estremi margini di discrezionalità sugli staff e sulla valutazione delle retribuzioni di risultato, che nel 2012 non sono state fatte in trasparenza. Restano margini di contrattualità e discrezionalità che sono addirittura contrari agli intendimenti. Prendiamo atto che il segretario non si confronta su questa tematica”.
Luigi Mazza, Pdcs: “In Aula stiamo procedendo alla ratifica di decreti del 2012 che per vari motivi sono arrivati ad oggi con reiterazioni. Il dibattito è comunque più ampio e non si chiude oggi. Il decreto approvato il maggio scorso dava alcune indicazioni sui dirigenti e iniziava a dare degli elementi base di questo percorso di riforma della Pa, che è una materia complessa e ha diversi punti di applicazione. Alcuni aspetti operativi di questo decreto non possono stravolgere il percorso iniziato nel 2011, ci sono tanti aspetti che saranno affrontati e che devono portare passo dopo passo a quell’obiettivo. Rimettere mano alla Pubblica amministrazione non è facile, il decreto è una prima attuazione di questo percorso”.
Giovanni Lonfernini, Upr: “Potrei vedere, rispetto questo decreto, una situazione ordinaria, ma le numerose reiterazioni che ci sono state da un lato e, dall’altro, il continuo lavorio attorno a questa norma sono dovute ad analisi non uniformi in maggioranza su questo tema. Il governo ha dato un taglio pragmatico al dibattito in corso, ma pongo una serie di riflessioni. Il decreto parte dalla riforma della Pa, dalla legge sulla dirigenza, un punto che ha impegnato tanto quest’Aula nella passata legislatura. Noi abbiamo sempre ribadito che questa riforma non era rispondente alle esigenze della realtà sammarinese, perché troppo verticistica e lontana dalle esigenze degli utenti. Dal governo e dalla maggioranza si è sempre detto che obiettivi della riforma erano due: eliminare la discrezionalità e il risparmio.
Mi sarei aspettato un quadro sull’impatto di riforma sulla Pa e un’idea del risparmio potenziale da parte del governo.
Andrea Zafferani, C10: “La non nomina della Direzione generale della funzione pubblica, che nasceva per togliere discrezionalità e potere al governo, porta a far sì che il tema delle retribuzioni dei dirigenti resti governo-centrico. Mi interessa, in questa fase, avere per lo meno una comparazione su quella che è, per pari livello dirigenziale, la differenza tra vecchio e nuovo regime. Per capire quanto e dove è il risparmio di spesa. E capire quanti hanno optato per il nuovo regime e quanti sono rimasti al vecchio. Sarebbe interessante capire, con il nuovo regime, a che stipendi si può arrivare. Se non ho inteso male, ora il governo include nel decreto alcune figure dirigenziale dell’Iss, mi piacerebbe capire quali e quante posizioni rientrano”.
Francesca Michelotti, Su: “Il decreto è oscuro, dettagliato, analitico, un po’ bizantino ecco. E’ mancato l’elemento chiarificatore, utile in un procedimento legislativo ordinario. Non possiamo procedere per deduzioni, servirebbero dati e tabelle. C’è un peccato d’origine che non si risolve nell’emendamento, ma resta nella legge da cui il decreto deriva: è l’elemento verticistico e discrezionale conservato e anzi potenziato rispetto al passato e che mette nelle mani dell’onnipresente istituto della Direzione generale della funzione pubblica ogni criterio”.
Valeria Ciavatta, Ap: “I colleghi che volevano avere queste informazioni le hanno avute nella precedente legislatura. Non appena promulgato il decreto, abbiamo fatto in quest’Aula una presentazione, con diapositive presentate sui monitor, poi le schede proiettate sono state messe online sul sito della segreteria di Stato. Dal vecchio regime, senza considerare la retribuzione di risultato, si risparmiano 460 mila euro all’anno. Con la retribuzione di risultato, 305 mila euro l’anno, al netto di posizioni che non erano ricoperte. Abbiamo valutato anche le posizioni vuote, come se fossero ricoperte da personale a metà carriera. Se si dovesse poi considerare quanti uffici in meno ci sono, il risparmio sarebbe di circa 200 mila euro subito e a regime di 700 mila euro. Il dato è stato fornito sempre in Aula. Dall’opposizione di allora ho registrato un atteggiamento pregiudiziale che resiste anche oggi. E’ vero, c’è stato ritardo nella promulgazione. Quando si va a toccare dei centri di potere si hanno delle reazioni, appunto per questo si dovrebbe riconoscere che un risultato è stato raggiunto”.
Alessandro Mancini, Ps: “Io nella scorsa legislatura c’ero, ricordo l’appuntamento ricordato da Ciavatta in Aula sulla riforma. Ma quello che oggi molti consiglieri chiedono, cui mi associo, è la richiesta del bilancio della riforma sulla Pa, vorremmo sapere in questi mesi, dall’approvazione della legge, quali siano stati gli elementi positivi e di criticità, quali sono stati i dirigenti che hanno scelto di cambiare regime. Sono informazioni di carattere preliminare che non facevano male a questo dibattito”.
Federico Pedini Amati, Ps: “Purtroppo da questo decreto e da quelli precedenti sulla Pa e dai riferimenti dell’ex segretario agli Affari interni non ho capito veramente se c’è, agli atti, un dato che ci dice se oggi c’è un risparmio attuato all’interno della della macchina Pa con questi decreti. Sui dirigenti, più volte, più di un consigliere ha ricordato quanto è spropositato lo stipendio. Abbiano una retribuzione in capo alla massima carica dello Stato, le Eccellentissime Reggenze, di 4 mila e 800 euro mensili e dirigenti che con indennità di scatti e altro percepiscono 6-7 mila euro al mese. E’ un’anomalia rispetto al sistema che dovrebbe essere strutturato in modo diverso. In un periodo di spending review come quello attuale bisogna sapere su base con le nuove regole si registrino risparmi”.
Gian Carlo Venturini, segretario di Stato per gli Affari interni: “Con questo decreto si regola una struttura retributiva di base del dirigente, di posizione, regolata dall’articolo 4 del decreto, e di risultato, che per la prima volta è parte integrante delle retribuzione. Sui risparmi ha parlato la collega Ciavatta che ha dato le cifre in caso di messa a regime del nuovo sistema. E’ ovvio che alcuni dirigenti, circa una ventina, hanno mantenuto il trattamento di vecchio regime, a loro più favorevole, rispetto ai nuovi, che hanno dovuto recepire il disposto del decreto. Con il completamento della riforma della Pa, con la nomina delle Direzione della funzione pubblica si andrà a inserire un ulteriore tassello che attua e integra la riforma approvata nel 2011 e i singoli disposti approvati negli ultimi anni”.
Sull’emendamento aggiuntivo “articolo 5 comma 7” presentato da Civico 10. Respinto con 23 voti a favore, 32 contrari e un non votante.
Andrea Zafferani, C10: “L’emendamento, sulla retribuzione di risultato, deriva dalla risposta all’interpellanza presentata da C10 e Rete, trasformato in mozione.
Il decreto prevede obiettivi che possono essere fissati in modo specifico o obiettivi di carattere generale, che non possono essere già parte della missione dell’unità operativa. La risposta all’interpellanza aveva fatto luce sugli obiettivi assegnati ai dirigenti da cui è scaturita la gratifica natalizia. Erano obiettivi di carattere generale. Il premio, per il segretario, è un atto dovuto, ma deve esserci al raggiungimento di un risultato e non per altro. Da qui nasce il nostro emendamento, sulle assegnazioni di obiettivi, secondo cui devono essere previsti criteri di misurazione e quantificazione del risultato. Per quanto di carattere generale, gli obiettivi devono essere misurati, altrimenti diventa un atto discrezionale del congresso”.
Roberto Ciavatta, Rete: “Per sostenere l’emendamento presentato, per noi riconoscere un premio alla dirigenza è comunque sbagliato”.
Gian Matteo Zeppa, Rete: “Confermo il sostegno all’emendamento di Civico 10”.
Francesca Michelotti, Su: “Apprezzo di questo decreto il fatto che la retribuzione del dirigente sia di tipo composito. Sono d’accordo sulla retribuzione di risultato perché c’è bisogno di motivare le persone, anche se non esistono solo motivazioni pecuniarie. L’emendamento di C10 mette in risalto un aspetto, che non può essere solo una parte dirigenziale, anche di nomina politica come la Dfp, cui si possa delegare quell’imprinting del direttore di un’azienda privata al pubblico. Perché il merito si misura non solo per profitto economico, ma sociale”.
Federico Pedini Amati, Ps: “Per sostenere l’emendamento di C10, anche noi evidenziamo il fatto che l’articolo lascia discrezionalità nel valutare le retribuzioni di risultato, servono invece canoni precisi. Così torniamo ad essere in ostaggio della politica”.
Valeria Ciavatta, Ap: “Rispetto la posizione di chi dice che non ci devono essere incentivi, perché uno al lavoro fa il suo dovere, ma qui è altra cosa. Da sempre è stato detto che la retribuzione dei dirigenti sarebbe stato il banco di prova della riforma, per vedere se questa struttura può essere applicata al resto dei dipendenti pubblici. La valutazione non è calata dall’alto, ma deve essere concordata dal dirigente, e con criteri di misurazione che possano eliminare contestazioni di parte. E’ quello che si prevede nella legge quadro, con una normativa specifica, e si dice che la valutazione dei servizi dovrà essere valutata dall’utenza. L’amministrazione deve usare strumenti tecnici, per questo si prevede che lo faccia la Dfp, bisogna fare allora un appello affinché prima possibile sia nominata, sulla base di professionalità ed esperienza in ambito di organizzazioni complesse. L’emendamento C10 è quindi limitativo di cose già previste dalla legge, lo spirito è però condiviso”.
Alessandro Mancini, Ps: “Questo tipo di incentivi andavano modulati in modo diverso, mi sento di condividere l’emendamento di C10”.
Massimo Cenci, Ns: “Si è detto dell’importanza che possono avere gli obiettivi nell’ambito della retribuzione del pubblico impiego e condivido quando detto dal consigliere Michelotti, che possono essere diversi gli obiettivi di un dirigente pubblico da quello privato. Ma ritengo che gli obiettivi, qualora si è strutturata la paga dirigente con questo sistema, sia anche un’occasione da non sprecare. Per questo non possono essere scopi banali, un dirigente non deve essere premiato per fare il suo lavoro, convengo. Condivido lo spirito dell’emendamento di C10, vedremo se ragionare sul decreto e come. Gli obiettivi sono uno strumento importante per giungere a risultati importanti”.
Paride Andreoli, Ps: “E’ dal 1990 che si sente parlare di rivedere la Pa e la preoccupazione dell’Aula era quella di non andare solo verso l’aumento di stipendi o indennità o invenzioni legate alla produttività e premi. Mi sono sempre chiesto come si può pensare di dare un premio nell’ambito della Pa per la produttività di un dirigente. Noi consiglieri dobbiamo rispondere al Paese e mi sottraggo da questa responsabilità perché non ho modo di poter conoscere se il modo che il governo utilizza per premiare sia corretto. Dovrebbero allora illustrare cosa è stato prodotto e sulla base di ciò potremmo decidere cosa elargire”.
Stefano Macina, Psd: “Rispetto questo articolo è giusto chiarire che la retribuzione di risultato non arriva per il lavoro ordinario del dirigente. Ci sono e ci possono essere alcune situazioni che il dirigente può concordare con il Dfp, che è un ruolo da ricoprire quanto prima. Difendo la retribuzione di risultato, credo che debba essere valutata nella sua applicazione perché può dare un contributo a una concezione diversa del ruolo di dirigenti. L’emendamento di C10 non è in contraddizione con quanto previsto dal decreto”.
Gian Carlo Venturini, segretario di Stato per gli Affari interni: “Ai Michelotti replico che i dirigenti sono una componente importante dalla Pa e con il decreto si differenzia la loro retribuzione, è un passo significativo. Inoltre la retribuzione di risultato non può essere superiore del 30% della retribuzione di posizione. Si va a diversificare una parte degli stipendi dei dirigenti legandole ai risultati, perché deve essere una facoltà riconosciuta solo qualora sono raggiunti certi risultati. Nel caso specifica dell’anno scorso, in assenza della Dfp, si è previsto che questo compito lo potesse svolgere il congresso di Stato, che ha potuto valutare solo obiettivi di carattere generale, in quanto quelli specifici, in assenza della Dfp, non è stato possibile valutarli. Il Congresso ha chiesto consiglio a tutti i coordinatori di dipartimento, occorreva risolvere la problematica prima che i coordinatori cessassero la loro attività. Quindi è stato riconosciuto solo il 10% di retribuzione, concordo che devono essere definite regole chiare con la nomina della Dfp. Quello che chiede oggi l’emendamento di Zafferani è già comprensivo nel disposto legislativo che il governo intende attuare quanto prima. Ultima cosa, anche in assenza della Dfp, il congresso di Stato, su proposta della segreteria agli Interni, ha proposto la delibera n 23 del 7 febbraio 2013, dove si va a definire anche la verifica della qualità dei servizi della Pa che è un aspetto sollevato nell’emendamento. E ciò deve essere definito da un gruppo di lavoro già designato. E poi, con la nomina della Dfp, saranno completati tutti i parametri per una valutazione con maggior cognizione di causa dei dirigenti. L’emendamento quindi è superfluo”.
Francesca Michelotti, Su, replica: “E’ sibillino che gli obiettivi vadano condivisi con i dirigenti, vanno concordati. Inoltre occorre, oltre agli obiettivi, avere gli strumenti necessari per raggiungerli. Altrimenti si crea una sorta di cappa sopra la loro autonomia. Manca poi un controllo sulle funzionalità delle singole persone”.
Andrea Zafferani, C10, replica: “Sono contento del dibattito, noi crediamo nella retribuzione di risultato e l’avremmo fatta anche più significativa rispetto a quella totale. Come dare valore alle retribuzioni di risultato, questo è il nodo. Dobbiamo trovare il modo affinché quello che è successo quest’anno non si ripeta il decreto inoltre non ha termine, gli obiettivi vanno fissati in maniera migliore. Chiedo quando il decreto delegato verrà emesso e quando sarà nominata la direzione generale della finanza pubblica”.
Sull’emendamento aggiuntivo modificativo del secondo comma dell’articolo 7.
Francesca Michelotti, Su: “L’emendamento riguarda la retribuzione per l’assegnazione in staff, che è soprannominato il cimitero degli elefanti. Occorre ristabilire razionalità”.
Roberto Ciavatta, Rete: “Parliamo di dirigenti nominati dal congresso di Stato con uno stipendio di base da 2.9000 euro, scatti di anzianità da 900 euro e retribuzioni di risultato fino a 400 euro. Non condividiamo l’emendamento che chiede di allargare ad altre posizioni un aumento di stipendio. Avrei chiesto il contrario”.
Gian Carlo Venturini, segretario di Stato per gli Affari interni: “Il decreto già disciplina gli incarichi in staff per cui l’emendamento non è accoglibile”.
Francesca Michelotti, Su, replica: “Il consigliere Ciavatta non mi ha capito. Lo staff è il luogo in cui chi ha potere decisionale caccia le persone scomode. E’ una questione di giustizia,di non punire ulteriormente chi già ha subito un’ingiustizia”.
Sull’emendamento modificativo del comma 1 dell’articolo 11.
Francesca Michelotti, Su: “L’emendamento riguarda il dirigente che dirige due unità contestualmente. Va retribuito solo con la busta paga più favorevole”
Roberto Ciavatta, Rete: “Siamo a favore dell’emendamento”.
Giovanni Lonfernini, Upr: “L’emendamento ha una sua logica e precisa coerenza. Dà corso a una esigenza di razionalizzazione e di correttezza. L’Upr è a favore”.
Luca Santolini, C10: “Siamo a favore”
Gian Carlo Venturini, segretario di Stato per gli Affari interni: “L’articolo 11 è già chiaro nell’applicazione ed è conveniente per la Pa. L’emendamento è superfluo”.