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San Marino, Consiglio Grande e Generale: ritirati i contenuti della relazione della Commissione europea

da Redazione

I lavori, nella seduta pomeridiana del 28 febbraio, sono ripartiti dal dibattito sullo stato delle relazioni con l’Italia e l’Unione europea.

 

I lavori del Consiglio grande e generale, nella seduta pomeridiana, sono ripartiti dal dibattito sullo stato delle relazioni con l’Italia e l’Unione europea. Il comma si è chiuso con la presentazione, a nome della maggioranza, di un odg aperto da parte del consigliere Pdcs, Marco Gatti. Il documento è stato approvato a maggioranza. L’odg di Su e C10 affinché il governo riferisca sui rapporti con l’Italia, sulla seconda fase di valutazione dell’Ocse e sui contenuti della relazione della Commissione europea è stato invece ritirato.

 

Di seguito un riassunto dell’ultima parte del dibattito.

 

Stefano Macina, Psd: “Nell’ambito del dibattito si sono sentite diverse posizioni, per quanto ci riguarda, quella del Psd è nota e non è diversa dal passato, ma ci sono una serie di questioni da valutare. Ho sentito troppi interventi dove si discute se è il caso che una maggiore integrazione di San Marino in Europa sia qualcosa ancora da studiare e valutare. Mi sembra che ancora non abbiamo capito che non abbiamo alternative. Ricordo quindi tutti gli interventi che ci hanno richiesto il Moneyval e il Fmi e, rispetto alle questioni che riguardano l’acquis comunitario, abbiamo sottoscritto un accordo in politica monetaria in cui ci impegniamo a fare diverse cose. Quindi non può essere messo in discussione un percorso già avviato. Semmai, dobbiamo decidere quali sono gli interventi da mettere in campo per preparare il Paese, i cittadini, la Pa e le aziende rispetto agli altri impegni che dovremo assumere, Quello che il Consiglio dell’Ue ha indicato sulle opzioni rispetto al rapporto dei piccoli Stati e Ue è una situazione che deve essere verificata e approfondita in maniera precisa. Dobbiamo uscire dalla genericità e dalle parole. Quando la mia parte politica diceva che c’era l’esigenza di fare accordi sulle doppie imposizioni e sullo scambio di informazioni, sembrava dicesse delle eresie. Poi queste cose le abbiamo dovute subire. Crediamo quindi che occorra, al di là delle opzioni politiche, predisporre un piano di azioni finalizzato a verificare fino in fondo anche la capacità della nostra Pa e delle istituzioni a far fronte a questi impegni e valutare quali normative siano ancora necessarie rispetto all’acquis comunitario. Alle delegazioni che verranno bisogna dimostrare che una scelta San Marino la sta già attuando nel concreto. Auspico che alla fine del dibattito ci sia condivisione in un ordine del giorno che esprime un orientamento di metodo per una migliore integrazione del nostro Paese. Integrazione per me significa una cosa: non possiamo permetterci di pensare che sia sufficiente una rivisitazione dell’accordo di cooperazione che abbiamo oggi. Integrazione significa l’avvio di un negoziato che riguarda lo status politico vero e proprio”.

Marco Gatti, Pdcs: “Si è sviluppata una riflessione positiva nel dibattito, sono emerse considerazioni importanti sulle peculiarità del nostro Stato.

Rispetto al rapporto con l’Italia, sottolineo il lungo lavoro diplomatico e di sostanza fatto dal Parlamento e dalle istituzioni sammarinesi per adeguarci agli standard internazionali, per arrivare a firmare un accordo con l’Italia e quindi alla ratifica. Purtroppo, voglio registrare come l’esito delle elezioni italiane ci debba preoccupare, perché una formazione di governo in Italia non sarà cosa semplice e temo ci possa essere un ritardo nelle procedure di ratifica del nostro accordo. Altro problema, ancora più generale, è che il nostro Paese è vittima di una grande crisi economica. Tutti la stiamo attraversando e oggi per affrontarla bisogna fare delle scelte. L’Italia ha i suoi problemi come San Marino, anche se noi siamo stati più fortunati, le nostre elezioni hanno dato modo di poter esprimere un governo e un’opposizione che possono fare politica nell’Interesse del Paese, insieme con la società civile, per affrontare la crisi economica. Diversamente, la crisi italiana è ancora più forte, il fatto che oggi l’Italia non abbia un governo e un parlamento forte ci deve preoccupare. Facciamo parte di un bacino economico comune, se la crisi economica oltre confine peggiorerà, sicuramente San Marino non potrà stare meglio, black list o meno. Le cose che da soli possiamo fare per affrontare questa crisi perciò abbiamo ancora meno tempo per realizzarle. I confronti che abbiamo avviato con la società civile non devono perdersi in chiacchiere, ma é necessario giungere a una sintesi e prendere una strada sul da farsi.

Poi il rapporto tra San Marino e comunità europea: negli ultimi incontri con le delegazioni dell’Ue è venuta avanti l’ipotesi di percorrere strade diverse, anche per esplorare opzioni che tengano conto delle peculiarità che il nostro Stato ha fatto presente. Una maggiore integrazione è un passaggio fondamentale per le scelte che abbiamo fatto. Significa che ci dobbiamo interrogare su tutto, dalla Pa, alle modifiche da fare per acquisire l’acquis comunitario, da quale scelte sulle risorse da mettere in campo. Infine la cittadinanza deve essere partecipe di questo percorso di studio perché ci sarà un referendum che deve essere svolto in piena consapevolezza.

A conclusione di questo dibattito, propongo una bozza di ordine del giorno aperto, su cui la maggioranza cerca condivisione di tutte le forze politiche.

“Il Consiglio grande e generale, udito il riferimento del segretario di Stato per gli Affari esteri sullo sviluppo del rapporto della Repubblica di San Marino con l’Italia e l’Ue, [..]), in vista del prossimo incontro del 12 marzo con una delegazione dei servizi comunitari, incarica il Governo di proseguire le opportune verifiche nelle fasi operative di confronto e approfondimento, previste per l’anno in corso dalle commissioni del consiglio europeo, al fine di valutare la capacità amministrativa necessaria di acquisizione pertinente del’acquis dell’Unione europea, con l’individuazione degli strumenti necessari per predisporre da parte dell’amministrazione un piano di azione che contenga i seguenti interventi prioritari: la prosecuzione dello screening analitico della normativa europea per predisporre l’adeguamento da attuare, l’attivazione di programmi per la formazione concernenti figure professionali nei settori interessati e l’attuazione di ogni più utile scelta di supporto specialistico, rispetto alle esigenze che emergeranno, anche attraverso il sostegno che potrà essere fornito dai competenti servizi comunitari, l’attuazione di apposite iniziative a carattere informativo e conoscitivo sull’Ue e la sua organizzazione e programmi,

impegna altresì il Governo a perseguire il cammino dell’integrazione, avendo cura del recepimento della normativa comunitaria, riconoscendo le specificità sammarinesi, e a riferire periodicamente, almeno ogni sei mesi, al Consiglio Grande e Generale, sullo sviluppo dell’condotta e sui passi da effettuare”.

Pasquale Valentini, segretario di Stato per le Finanze, replica: “C’è stato un contributo significativo al dibattito da parte dei consiglieri. Sull’Italia c’è poco da aggiungere alle preoccupazioni manifestate. Guardiamo con attenzione all’esito elettorale che non dà garanzie di governabilità. Così da un lato l’incertezza politica si associa quella economica, dall’altro l’avvio dell’attività istituzionale è fondamentale per la ratifica degli accordi. Ci sono già in atto delle collaborazioni, con Banca d’Italia, l’Agenzia delle entrate e la Guardia di finanza per esempio, e altre possono essere messe in atto in attesa della ratifica. Insomma non stiamo con le mani in mano.

Sul fronte Ue l’integrazione non è un’opzione a cui possiamo sottrarci. La scelta della trasparenza esige una capacità di confronto con gli standard degli altri Paesi e la domanda da porci è se San Marino è pronta a mettere a confronto la sua operatività con quella di altri Stati. E non tutti i settori sono allo stesso livello. La Commissione europea sta verificando con i piccoli Stati se sono pronti e si rapporta con noi in maniera molto rispettosa.

C’è bisogno di un grande coinvolgimento sul tema. La Pa e tutti i settori privati economici vanno coinvolti. E’ un salto di qualità per il Paese, che deve partire da quest’Aula, magari con un odg il più possibile condiviso. Il confronto con la commissione avrà un secondo atto l’11 e 12 marzo e poi ne seguiranno altri. Intanto c’è un dialogo forte negli organismi europei e noi abbiamo dato un segnale significativo”.

I lavori sono proseguiti con la definizione del compenso per il gruppo tecnico che si occupa della revisione della spesa pubblica. Il segretario di Stato per le Finanze, Claudio Felici, ha proposto inizialmente 3.000 euro per gli esterni alla Pa e 1.500 per chi è già dipendente pubblico. Durante il dibattito che ne è seguito è emersa la proposta di spezzare il contributo, di riconoscerlo solo a relazione finale consegnata e di non prevederlo per i dipendenti della Pa. Dopo una breve interruzione Felici propone 3 mila euro per gli esterni alla Pa, 1.000 per gli interni, da riconoscere il 30% al conferimento dell’incarico e il 70% alla fine dei lavori, previa verifica dell’operato. La proposta passa a maggioranza.

Di seguito un riassunto del dibattito.

Claudio Felici, segretario di Stato per le Finanze: “Il gruppo tecnico ha già iniziato a lavorare e il governo si è già rapportato con esso. Con la visita di questi giorni della delegazione del Fmi c’è stata una riunione di confronto e ci è stato offerto un programma di aiuto per la riduzione della spesa che il governo ha accettato. Per i compensi propongo all’Aula tre mila euro netti al mese per gli esterni alla Pa, la metà per chi ha già rapporti con l’amministrazione”.

Paolo Crescentini, Ps: “Il compenso ci lascia perplessi. Un dipendente della Pa ne percepisce la metà mantenendo la sua retribuzione. E’ una sorta di disparità come accade in Consiglio per chi è dipendente pubblico”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Era già stato individuato come compenso di massima tre mila euro. Propongo che venga riconosciuto dopo la relazione conclusiva, ma non metto in discussione la cifra. Sull’affiancamento del comitato da parte di un gruppo tecnico del Fmi vogliamo qualche informazione in più. Gli indirizzi che dà l’organismo internazionale, infatti, non sono sempre condivisibili. Inoltre i pare che ci sia un accavallamento di competenze con i direttori di dipartimento, che sono come congelati nella loro opera di razionalizzazione della spesa. E infatti avevamo chiesto di non nominarli. Insomma mi sembra che l’attenzione alla riduzione della spesa non ci sia”.

William Giardi, Upr: “Dovere stabilire un compenso è già di per sé una contraddizione. In che cosa consiste l’impegno e quale è l’orario di lavoro? Non dico che deve accadere come in Italia dove il commissario Biondi ha rinunciato al compenso, ma così sembra un gruppo di studiosi che decide la dieta al ristorante davanti a un piatto di tagliatelle. Chi è già pagato dallo Stato non va retribuito e ciò dovrebbe accadere anche per i consiglieri. Infine è poco strategico fare una trattativa in aula tra 3.000 e 1.500 euro”.

Antonella Mularoni, Ap: “Massimo rispetto per tutte le posizioni, anche perché la materia è difficile. La nostra è una proposta. Dal gruppo tecnico ci aspettiamo molto e come politica dobbiamo dare l’esempio. Per le consulenze nella scorsa legislatura davamo subito il 30% e il rimanente 70% a fine lavori. Al gruppo tecnico devono arrivare segnalazioni dai vari enti”.

Gian Matteo Zeppa, Rete: “Rimane amarezza. Si tenta di valutare gli sprechi dando uno stipendio da 1.500 euro a chi già percepisce un obolo per la sua attività nella Pa. Giusto anche splittare la remunerazione. Dunque sì ai 3 mila per chi è esterno alla Pa, ma sui 1.500 per gli interni non siamo d’accordo. Occorre infine legare la retribuzione alla relazione finale”.

Franco Santi, C10: “Sono d’accordo con il dare un contributo secondo il risultato ottenuto”.

Stefano Macina, Psd: “La proposta che il segretario di Stato ha presentato mi sembra equilibrata e tiene conto di un riferimento sempre fatto, quello di tenere come punto di riferimento lo stipendio e il compenso di un dirigente della Pa. Concordo poi con quanto detto dal collega Mularoni, credo che il congresso di Stato stia operando in questa direzione, sull’accorpamento di uffici e funzioni, perché quello che è già possibile fare, in attesa della conclusione di questo organismo, affinché l’obiettivo della riduzione della spesa pubblica sia realizzabile fin da ora. Giudico per questo la proposta doverosa e ponderata”.

Alessandro Rossi, Su: “Assistiamo al dibattito su questo tema, ma sulla trasparenza di assetti societari di banche e finanziarie non abbiano risposte da un mese e mezzo. Chiedo di considerare come ci siano atteggiamenti differenti da parte del governo. Forse questo tipo di atteggiamento e l’ordine del giorno di questa seduta possono essere il frutto di una strategia studiata per far sì che si perda tempo su questioni non importanti per non affrontare le cose in modo opportuno. Lo vedremo poi nei decreti, dove l’attività di governo è delegata a questa attività, ma a livello legislativo non c’è quasi niente. Però perdiamo tempo sugli stipendi per la spending review. Per noi un atteggiamento più corretto sarebbe stato quello di non prevedere un compenso per i dipendenti pubblici, ma eventualmente considerare un premio sui risultati di risparmio ottenuto. Altrimenti si rischia di realizzare non una revisione della spesa, ma un’ulteriore spesa. In questo Paese non c’è bisogno di uno spending team su sprechi e carenze nella Pa, piuttosto non c’è la forza politica di intervenire. E’ evidente da quello che sta avvenendo sulla patrimoniale”.

Luca Beccari, Pdcs: “Mi associo agli interventi dei consiglieri Mularoni e Macina. Non si deve fare confusione tra attività normale dei due membri del team che svolgono come dipendenti pubblici e l’attività del gruppo. Entrambi non hanno preso l’aspettativa rispetto a questo lavoro, sono persone che fanno la loro attività per lo Stato e sono chiamate a eseguire anche il lavoro per la spending review, quindi ciò comporta anche l’esercizio fuori dagli orari di lavoro. Per questo riconosciamo un compenso ridotto rispetto gli altri, perché parte del lavoro lo possono comunque svolgere nel loro orario. Con queste polemiche si va a vanificare l’intesa raggiunta nei lavori di predisposizione della Finanziaria. Questo ci fa dimenticare però l’obiettivo principale: l’idea di un gruppo di persone dedicato alla spending review. Infine ritengo che l’esito dell’attività di revisione della spesa vada poi supportata dagli esperti dell’Fmi”.

Claudio Felici, segretario di Stato per le Finanze, replica: “Mi asterrò dal rispondere a demagogie. Chiarisco invece, rispetto quanto detto da Ciavatta, che non ci sono direttori congelati che stanno lavorando sulla riduzione della spesa. Nel dipartimento di mio riferimento, per esempio, è iniziato il recupero di introiti dagli affitti attivi e passivi dello Stato, c’è dell’arretrato da recuperare. Inoltre è in corso un lavoro sull’utilizzo dei mezzi a disposizione della Pa, sono attività che si stanno facendo senza attendere la conclusione della spending review. Poi il collega Ciavatta lamenta di aver saputo solo adesso dell’assistenza offerta dall’Fmi. Ma è solo in questi giorni che è emersa la proposta di poter usufruire dell’assistenza tecnica. Infine, le decisioni sulla revisione saranno prese comunque in quest’Aula, non dai tecnici dell’Fmi. Sull’orario di lavoro dei tecnici mi limito a dire che non mi pare possa essere valutata la qualità del lavoro attraverso la misura dell’orario. Sulla retribuzione rispetto ai meriti, sul 30 o 40%, lascio la discussione ai gruppi. Ma ricordo che la riduzione della spesa dipenderà da una scelta politica, il team deve solo fare proposte, quindi questo discorso del compenso in base al risultato può essere fuori rispondenza.

Credo sia giusto dare valore alle scelte che si fanno, la scelta dei componenti del team non è stata presa sottogamba, oggi dire che il gruppo non serve mi sembra incoerente”.

Gian Matteo Zeppa, Rete: “Visto che la demagogia regna imperante, io voterò no”.

Giovanni Lonfenrini, Upr: “Annuncio la posizione di contrarietà dell’Upr rispetto alla delibera. Non abbiano neanche partecipato al confronto dei capigruppo. Il nostro auspicio è che il gruppo per la spending review risponda all’attesa, ma non ci piace quello che é successo oggi”.

Paolo Crescentini, Ps, replica: “Esprimo contrarietà a questo provvedimento, non è vero che è stato condiviso da tutte le forze politiche, il Ps ha ribadito in riunione dei capigruppo la sua contrarietà che verrà confermata con voto contrario”.

Mimma Zavoli, C10: “Per gli stessi motivi espressi prima, riteniamo dare dei messaggi precisi in un momento di difficoltà, anche nelle cose più piccole. Dichiariamo per cui il nostro voto contrario”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Anche io, come il collega Zeppa, voterò a sfavore di questa delibera”.

Gian Nicola Berti, Ns: “Ho una preoccupazione, siamo tutti d’accordo sul contenimento della spesa pubblica e sulla necessità di questo intervento. Ora si tratta di dare una giusta contribuzione agli incaricati. Rendiamoci conto che qui ci blocchiamo, ma la qualità del servizio sarà corrispettiva alla qualità del pagamento. Quindi il mio voto sarà favorevole”.

Paride Andreoli, Ps: “Deve essere chiaro in Aula che noi crediamo che tutti i componenti che fanno parte del team, sia del mondo privato, sia di quello pubblico,debbano avere uguale parte economica affinché poi congiuntamente facciano il loro lavoro. Non siamo partiti con il piede giusto e non diamo all’esterno la visione del buon padre di famiglia. Invito il consigliere Berti a ripensare quanto detto, non é solo un problema di economicità. Tutti devono prendere lo stesso compenso”.

Alessandro Rossi, Su: “Solo per fare notare che questo dibattito sugli stipendi dello spending review è durato più del dibattito sull’Europa”.

L’Aula ha poi respinto la richiesta di procedura d’urgenza per il progetto di legge che prevede lo slittamento al 31 marzo per l’emanazione del decreto relativo all’imposta straordinaria sugli immobili prevista dalla Finanziaria 2011. Era necessaria la maggioranza qualificata, i due terzi dei consiglieri, ma la votazione è finita con 31 voti favorevoli e 21 contrari. Il segretario di stato Felici ha poi letto la relazione al progetto di legge.

Di seguito il dibattito sulla richiesta di procedura d’urgenza.

Claudio Felici, segretario di Stato per le Finanze: “Il governo e la maggioranza sono disponibili a considerare la questione di adottare la riforma del catasto e a un confronto nel merito sulla patrimoniale prima di emanare il decreto. Con la procedura d’urgenza ci sarebbe inoltre più tempo per il confronto. A chi sostiene che la riforma del catasto sarebbe propedeutica ricordo che per farla servono 24 mesi”.

Alessandro Rossi, Su: “In campagna elettorale si parlava di un governo che avrebbe risolto tutti i problemi in sei mesi. In tre , invece, non è riuscito a varare quanto previsto nel 2011. Non è questo il modo di fare politica. Se si chiede la procedura d’urgenza occorre almeno sapere a priori a grandi linee i contenuti del decreto. Se non siete stati capaci di gestire la situazione assumetevene la responsabilità”.

Gian Matteo Zeppa, Rete: “Spacciare per apertura qualcosa detto tra le righe ieri mattina lascia il tempo che trova, dato che si chiede la responsabilità di tutti senza potere valutare il progetto. Su argomenti del genere è necessario riunire i capigruppo. La responsabilità del governo è anche quella di rendere esecutive le leggi. Voteremo no”.

Luigi Mazza, Pdcs: “Il provvedimento avrà tempo per verifiche ed esami, la procedura d’urgenza serve per avere maggiore tempo per il confronto”.

Vladimiro Selva, Psd: “Il Psd è favorevole per arrivare poi in tempi brevi all’emanazione del decreto. Le diffidenze dell’opposizione sono comprensibili, ma assicuriamo il massimo impegno per creare uno strumento equo. Le difficoltà sono infatti legate alla volontà di fare bene”.

Passa invece con 50 voti favorevoli e due contrari la procedura d’urgenza sul progetto di legge presentato da tutti i gruppi consiliari “Modifica composizione della commissione per il Lavoro, della commissione per la Cooperazione, della commissione Prezzi, della Consulta pubblica istruzione, del Consiglio per la previdenza e della Consulta sociale e sanitaria”. La proposta viene poi illustrata in Aula dal capogruppo del Psd, Stefano Macina, e ne segue un dibattito. La normativa, dopo una breve interruzione per concordare un emendamento sulla rotazione dei membri dove ce ne è uno solo, passa con 44 voti favorevoli e un astenuto.

Di seguito un riassunto.

Stefano Macina, Psd legge la relazione: “…Il testo è stato elaborato tenendo conto di quanto previsto dall’ordine del giorno approvato dal Consiglio grande e generale all’unanimità il 17 gennaio 2014. Nel nuovo testo vengono apportate diverse modifiche alla composizione delle commissioni e organismi indicati nell’odg, allo scopo di garantire una maggiore rappresentatività dei rappresentanti delle organizzazioni sindacali e organizzazioni dei datori di lavoro giuridicamente riconosciute. (…) Nelle commissioni dove è previsto solo un rappresentante per le organizzazioni sindacali e dei datori di lavoro si intende ribadire l’indirizzo politico contenuto nell’odg della rotazione concordata fra le parti. Si chiede l’approvazione della presente legge con procedura d’urgenze”. Resta un’unica questione da approfondire, anche nell’ufficio di presidenza abbiamo convenuto e lasciato al dibattito consiliare la decisione sul mantenere l’orientamento politico presente nell’odg che raccomanda che in fase di nomina si tenga conto della rotazione, come già avviene per le associazioni di datori di lavoro e forze politiche, oppure se preferire un intervento che vada a normare questa cosa. Su questo però non si può sancire il principio di rotazione solo per il sindacato, ma anche per altre rappresentanze che possono avere un solo delegato. Va quindi poi tenuto conto il livello di rappresentatività delle diverse organizzazioni. La via è quindi o quella di lasciare un indirizzo politico, oppure mettere un dispositivo normativo”.

Roberto Ciavatta, Rete: “Mi risulta difficile prendere posizione sulla possibilità di prevedere turnazioni, essendo un partito piccolo, ed essendo indispensabile allargare questo meccanismo anche alle forze politiche, P evidente che saremo quelli che avremmo più da guadagnare. Mi sento di dare un’indicazione, la rotazione a metà mandato non risolve il problema. Per quanto riguarda il contenuto, su cui siamo d’accordo, come movimento abbiamo verificato le comunicazioni dell’Usl, che aveva dichiarato di essere favorevole ai gettoni al ribasso pur di rivedere il numero dei membri delle commissioni. Nell’ottica discussa questa mattina sulla spending review , credo ci possa essere l’adesione per prevedere che la cifra complessiva attualmente erogata venga splamata piuttosto che su otto membri su dodici, eccetera. E’ la richiesta che come movimento facciamo e ci aspettiamo ci possa essere condivisione”.

Mimma Zavoli, C10: “In questo momento è assolutamente necessario tutelare le fasce esposte. Siamo favorevoli quindi ad appoggiare questo progetto di legge che accoglie i principi del pluralismo e della rappresentatività di tutte le sigle sindacali. Auspichiamo che quindi tutte le sigle sindacali riconosciute siano così in grado di consolidare la capacità di ascolto e collaborazione”.

Giovanni Lonfernini, Upr: “Mi compiaccio con il metodo adottato, l’Upr esprime soddisfazione per questo progetto di legge che va a garantire il principio del pluralismo e di democrazia su cui si sono ritrovate tutte le forze in Aula. Rispetto alla casistica di commissioni in cui é nominato solo un componente, il ragionamento non deve riguardare solo i sindacati ma deve essere ad ampio spettro. Se vi sono le condizioni, bisogna valutare l’introduzione di un sistema di rotazione, sul periodo di presenza legato a metà mandato, rafforzato poi dal principio di rappresentatività. Da parte nostra vi è la massima disponibilità a seguire anche questo nuovo percorso per introdurre questo principio”.

Valeria Ciavatta, Ap: “Già nella precedente legislatura abbiamo discusso all’interno dell’ufficio di presidenza sulla necessità di adeguare la nostra normativa alle novità sorte all’interno del mondo sindacale, senza aver trovato però soluzioni di sorta. Ora, con un semplice atto come questo progetto di legge, riusciamo a dare una risposta in termini di principio e di giustizia. Personalmente, ritengo che le commissioni composte da un numero consistente di partecipanti rischiano di essere meno efficienti e non apprezzo la corsa a partecipare a tutti i tavoli e agli incontri istituzionali, quasi che le organizzazioni sindacali non avessero il giusto riconoscimento, qualora non parlassero sempre con membri di governo e consiglio. L’auspicio è che ci sia la considerazione del ruolo del sindacato anche sul posto di lavoro. Perché se la concertazione diventa cogestione, i problemi sorgono. Alla classe politica spetta quindi compito che legislazione, l’ordinamento e le relazioni istituzionali portino a risultati utili e non al dispendio di risorse e tempo in relazioni agli obiettivi. Oggi è giusto esprimere condivisione, a parole e con il voto”.

Francesca Michelotti, Su: “Con questa legge si è provveduto a risanare un vulnus per garantire il diritto di rappresentanza. C’è però da fare una segnalazione di tipo tecnico. La legge dovrebbe essere generale e astratta, invece regola la contingenza precisa dei tre sindacali che domani potrebbero tornare ad essere due o potrebbero diventare mille. Noi stiamo ragionando nei confronti di quelle associazioni che rappresentano interessi precisi, è compito politico che ci sia un rapporto equilibrato tra tutti gli interessi in gioco. E’ poi una legge laconica che si limita a copiare i testi degli articoli in cui erano fissate le composizioni delle commissioni, già sappiamo che non soddisfa pienamente la richiesta pressante all’origine del provvedimento. Entriamo qui nel tema dei rapporti tra soggetti che dovrebbero trovare un accordo per legge. Questo è un principio sotteso dal provvedimento e l’estensore Macina ha ritenuto di dover omettere da questo testo di legge, alla luce del principio di civiltà delle relazioni, di mettere un obbligo di rotazione. Perché le relazioni devono essere civili, invece questo non é detto che sia”.

Guerrino Zanotti, Psd: “Il provvedimento interviene in ambito istituzionale per garantire la pariteticità e la rappresentanza di tutti i lavoratori nei vari organi, attraverso la rotazione laddove non sono assicurate. Che è giusto non istituire per legge. Rispetto alla richiesta del consigliere Ciavatta sulla revisione del gettone di presenza in quegli organi che aumentano i rappresentanti, non siamo noi a stabilirne l’entità, ma è auspicabile definire una spesa complessiva non superiore a quella sostenuta negli anni precedenti”.

Paolo Crescentini, Ps: “Finalmente un bel segnale di democrazia. La pariteticità è un importante passo in avanti che denota una certa maturità della classe politica. Voteremo a favore”.

Giovanni Francesco Ugolini, Pdcs: “Con il suo riconoscimento l’Usl ha chiesto garanzie sulla rappresentatività nei vari organismi. Con l’odg approvato all’unanimità per la modifica delle commissioni è stato fatto un atto di grande responsabilità. Esprimo inoltre un apprezzamento alla Csu per la sua disponibilità ad un accordo. Il nostro gruppo voterà a favore”.

Stefano Macina, Psd, replica: “Prendo atto della condivisione del progetto. Diversi gruppi consiliari vorrebbero un emendamento sulla rotazione negli organismi dove c’è un solo membro. Chiedo un’interruzione di cinque minuti per concordarlo”.

L’Aula ha poi cominciato ad affrontare quattro progetti di legge in prima lettura.

Progetto di legge sull’Uso delle comunicazioni elettroniche e dell’e-commerce.

Marco Arzilli, segretario di Stato per l’Industria, legge la relazione: “Le nuove tecnologie per la comunicazione offrono significativi benefici, in particolare per Stati di ridotte dimensioni, ma necessitano una disciplina giuridica specifica. La presente proposta di legge mira a offrire un quadro moderno ed efficiente all’utilizzo delle comunicazioni elettroniche in particolare, nell’ambito commerciale.

Il quadro legislativo è stato preparato sulla base delle esperienze internazionali in materia e l’analisi attenta delle esperienze altrui, incluse quelle di Stati con esigenze simili a quelle di San Marino come Singapore, ha portato ad individuare nei testi legislativi preparati dalla Commissione delle Nazione unite per il diritto del commercio internazionale le fonti utili all’esercizio legislativo.

Tali testi si reggono sui tre principi fondamentali che informano il diritto del commercio elettronico così come il presente progetto di legge: il principio di non discriminazione, il principio di neutralità tecnologica ed il principio di equivalenza funzionale.

La nuova disciplina sull’uso delle comunicazioni elettroniche interviene su una materia che, in parte ed almeno in teoria, era già disciplinata e intende offrire linee guida tecnologicamente neutrali e dunque compatibili con soluzioni informatiche non eccessivamente onerose, ma che al tempo stesso non impediscono l’adozione di tecnologie più avanzate da parte di coloro che ne hanno la necessità e le risorse necessarie. Si tratta insomma di uno strumento flessibile.

Il progetto di legge sull’uso delle comunicazioni elettroniche è diviso in due titoli relativi alle comunicazioni elettroniche e alle firme elettroniche. Alcuni punti particolarmente qualificanti sono

la scelta di individuare nei testi legislativi della Commissione delle Nazioni unite per il diritto del commercio internazionale prodotti dall’Uncitral la fonte normativa per l’esercizio legislativo, assicurando certezza, comparabilità ed esperienza nella messa in pratica della presente norma;

la scelta di informare la legge sui principi di non discriminazione, neutralità tecnologica ed

equivalenza funzionale; la scelta di trattare in modo esaustivo i tre titoli rilevanti per regolamentare lo scambio di in formazioni elettroniche: delle comunicazioni elettroniche; della firma elettronica; del commercio elettronico; la scelta di prevedere una licenza esclusiva di commercio elettronico per l’esercizio di tutti i tipi di vendita: all’ingrosso, al dettaglio e di servizi; la volontà di creare un commercio elettronico di qualità e certificato, grazie alla possibilità offerta dalla previsione del registro della attività e-commerce che darà la possibilità agli operatori economici che vi fanno parte di ricevere un marchio “e-commerce San Marino” e permettere la ricognizione, il monitoraggio e il controllo delle attività di commercio elettronico. Il censimento degli operatori permetterà di conoscere chi fa attività di commercio on-line agevolando lo studio di politiche di sviluppo e d’incentivazione del settore e renderà più semplice l’attività di controllo da parte degli uffici preposti; la scelta di aver definito obblighi espositivi validi, a ben vedere, sia nei confronti dei professionisti che dei consumatori.

E’ volontà della segreteria di Stato promuovere al meglio la legge tra gli operatori economici sammarinesi e non, organizzare un convegno all’università di Bologna ed è allo studio un Kit e-commerce che vorrebbe coinvolgere Camera di commercio e le associazioni di categoria. Desidero sottolineare che per la prima volta la Repubblica introduce nel suo ordinamento una normativa sull’e-commerce, sicuramente arrivando molto in ritardo, ma l’aver predisposto una legge moderna e completa utilizzando le migliori esperienze mondiali come fonte ispiratrice darà la possibilità di guadagnare attenzione immediata grazie anche alla unicità di alcuni strumenti presenti nella legge come il registro del commercio elettronico e la relativa licenza ora un forte potenziale per lo sviluppo della nostra economia offrendo l’opportunità di un’apertura sui mercati internazionali grazie alla semplicità e fluidità che solo la rete può offrire.

In ultimo ma non meno importante, l’aver collaborato con un organismo internazionale come il Segretariato Uncitral delle Nazioni unite e che colgo l’occasione per ringraziare, ha permesso al nostro Stato di fruire di un’esperienza unica ed importante per lo studio e la stesura della legge sfruttando a pieno la nostra Sovranità ed utilizzando al meglio la nostra partecipazione all’interno degli organismi internazionali.

In conclusione si propone perciò una normativa moderna, coerente e in linea con i principi giuridici prevalenti di quei Paesi che hanno conosciuto un particolare successo nello sviluppo del commercio elettronico”.

Luca Santolini, C10: “Ci troviamo davanti a un provvedimento acerbo o anacronistico, ci troviamo nel 2013 non nel 1998. L’e-commerce potrebbe essere trainante in un piccolo Paese come il nostro. Invece il presente provvedimento non è che un tratto appena abbozzato di quello che dovrebbe essere l’e-commerce, non parla di sviluppo, non introduce un supporto infrastrutturale per il settore, né incentivi. Non si parla di due problemi basilari di chi fa e-commerce a San Marino, di dogana e tassazione di prodotti spediti all’estero e del rapporto con organismi di controllo. Chiunque debba accedere e aprire un metodo di pagamento necessario è obbligato a dichiarare il falso, a dire che risiede in Italia. La domanda che ci dobbiamo porre è chi domani si occuperà del settore perché dovrebbe venire a San Marino? Serve una rete efficiente, la fibra ottica, un server stabile, sono i primi problemi che il governo dovrebbe affrontare con decisione, se vuole puntare a questo settore per il futuro. Poi anche chi fa e-commerce ha bisogno di una Pa efficiente, bassi costi per lo start up e soprattutto di regole certe. Qui si è voluto introdurre a forza, su una legge complicata, un’appendice richiesta dal settore. Spero segua un confronto tra governo e operatori per giungere a un testo di legge più effici9ente, se non è questa l’intenzione del governo, ci prendiamo l’impegno di avviare, come movimento, il confronto con gli operatori per raccogliere proposte per emendamenti da presentare”.

Marco Podeschi, Upr: “La proposta di legge come si cala rispetto all’articolo 18 della Finanziaria sull’agenda digitale? La legge può anche andare bene, ma prima servono le infrastrutture per effettuare il commercio elettronico. La rete mobile è sempre più in difficoltà. Inoltre in Repubblica non esiste una sezione reati nelle forze dell’ordine. Non ricadiamo nell’errore fatto con le banche. Si fa poi riferimento alla commissione per l’Informatica, il cui ruolo va rivisto. Insomma si mette a repentaglio l’immagine del Paese senza avere strumenti di controllo”.

Gian Matteo Zeppa, Rete: “Apprezzo gli interventi di chi mi ha preceduto. Il consigliere Santolini lavora nel settore e può certificare le carenze del progetto. Non me la sento, né il mio gruppo se la sente, però, di bocciare in toto il progetto di legge. E’ poi atavica la difficoltà delle comunicazioni all’interno del territorio sammarinese su telefonia mobile e rete. E’ necessario aprirsi a migliorie, anche a diverse compagnie che possono contribuire a risolvere i problemi. La legge emendata in una certa maniera deve essere fattibile, anche perché e-commerce esiste in altre nazioni e San Marino può normare il discorso anche a livello di investimenti lavorativi, ma si genererà una legge con l’infrastruttura decadente. Ciò renderà difficile l’esecutività delle norme. Cerchiamo per una volta, visto che il progetto di legge non mi sembra malvagio, visto la possibilità di poterlo modificare, di fare una norma ma di migliorare anche l’infrastruttura”.

Andrea Belluzzi, Psd: “Finalmente si parla di commercio elettronico. E’ vero, ci sono dei problemi, anche sulle infrastrutture. Ma ora diamo una piattaforma giuridica all’e-commerce, anche se la legge va integrata. Due passaggi sono particolarmente importanti: l’attenzione alle norme per la tutela del consumatore e quella agli strumenti di controllo. Ci confronteremo sugli interventi migliorativi”.

Marco Arzilli, segretario di Stato per l’Industria, replica: “Arriviamo tardi, ma non significa che bisogna arrendersi di fronte alla possibilità di sviluppare il settore. Per questo una normativa che è la base per altri Paesi per l’e-commerce e i sistemi di pagamento è un passaggio importante. Auspico che sia possibile guardare avanti e dare a questo Paese la facoltà di sviluppare un settore che per un piccolo Stato può essere strategico. Se oggi dicessimo che non esiste commercio elettronico a San Marino diremmo una falsità, i nomi più importanti li conosciamo, ma non abbiano una fotografia chiara perché il settore non è semplice da controllare, per questo abbiamo creato un registro dell’e-commerce e l’attenzione sui controlli da parte mia è evidente. Il nostro sistema sta iniziando a cambiare, bisogna crederci, in Italia esiste una polizia postale e anche per noi è un obiettivo da perseguire. Non credo che questo progetto sia anacronistico, credo che arrivi semmai in ritardo. E non credo sia burocraticamente esagerato ma é necessario per dare un quadro chiaro su chi fa e-commerce in questo Paese. Sulle lacune eventuali ci confronteremo in maniera franca, è una legge di sistema, non di maggioranza, e su questo costruiremo un testo che mi auguro possa andare prima possibile in seconda lettura, per poi lavorare quanto prima sul problema dell’infrastruttura. Ma da qualche parte bisogna pur iniziare”.

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