Home categorieCultura Teatro, la recensione di “Vollmond (full moon)” del Tanztheater Wuppertal Pina Bausch

Teatro, la recensione di “Vollmond (full moon)” del Tanztheater Wuppertal Pina Bausch

da Alessandro Carli

LONDRA – Il dvd acquistato a giugno, poi i biglietti a novembre, poi il volo per Londra a gennaio, poi la partenza. Il mondo gira – anzi, danza – a passo di Pina Bausch. La City è un luogo meraviglioso, soprattutto il 22 febbraio: al Sadler’s Wells Theatre (fermata Angel), il Tanztheater Wuppertal Pina Bausch mette in scena “Vollmond (full moon)”, che per chi ha visto il film di Wim Wenders, è lo spettacolo sull’acqua. Dell’acqua.

Il Sadler’s è un posto che in Italia nemmeno ci sogniamo: è la Scala della danza, a livello mondiale. E il pubblico, molto british in ogni sfumatura, è attento, e certi capolavori non li perde: i biglietti per le due serate di mise en scene, sono stati polverizzati nel tempo di due respiri.

Londra a febbraio è il luogo dove il teatro sorride: abbandonati i mercatini di Natale, e in attesa della primavera (da queste parti arriva prima), la città cerca il calore dell’arte. L’evento Pina Bausch, a qualche anno dalla scomparsa dell’artista, è in crescita: il suo nome significa candore. E qui, il pubblico, riconosce la luce vera. Lo fa sempre, quando si presentano le stelle. Ludovico Einaudi, qualche anno fa alla “Royal Albert Hall”. Oggi il corpo di danza tedesco, che ha scelto lo scrigno di questo teatro ai margini di theatreland (Leicester square) per divulgare il verbo del corpo bagnato.

Gli orari degli spettacoli sono insoliti per noi italiani: sera, ma alle 19.30. Il sole è già tramontato, ed è pronto per brillare in scena. “Vollmond” (anzi, come lo avrebbe chiamato la stessa Bausch, “Stuck”) è una luna piena di movimenti, corteggiamenti allegri, giocati sull’acqua, elemento primordiale di purificazione.

La scena è sormontata da una grande roccia, forse caduta sulla terra, che fa da simulacro, elemento totemistico attorno al quale i danz_attori realizzano una tribalità spirituale, fatta di gesti e di sospensioni, semplicemente meravigliosa. Dal cielo piove acqua, e il profumo elementare del filosofo presocratico Talete scandisce ritmo e azione. Il resto, è la vita dell’essere umano, fatto di quotidianità rituale solo all’apparenza banale, corteggiamenti, leggerezza, scontri sessisti, incolmabili strappi tra l’uomo e la donna, amore. Soprattutto amore, nell’accezione di sentimento che si compie. Così, per due ore e 20, la goccia d’acqua incontra un’altra goccia, e non forma mai due gocce ma sempre una goccia più grande: corpi che diventano lievi, bagnati, trasparenti, con le mani che mulinellano l’aria, e lo spazio rompe gli argini – antico fiume di coscienza – per defluire verso la platea, e poi demolire la quarta parete, bagnare gli occhi, sedimentarsi dentro al cuore, stamparsi nella mente: assoli bellissimi e dialoghi a più gesti, sensualità e raffinatissimo erotismo, ma anche tanta dolcezza e innocenza, accompagnati per mano da un tappeto musicale di primissimo ordine, su cui spiccano le sonorità del Balanaescu Quartet e soprattutto della mantrica “Lilies of the valley” di Jun Miyake.

La standing ovation che tutto il Sadler’s ha dedicato allo spettacolo e alla compagnia è la conferma il verbo della sacerdotessa è immortale, e che questo lavoro è un evento unico, come la nascita di una nuova vita.

Recensire Pina Bausch è impossibile: “Vollmond” (foto: https://www.pina-bausch.de/de/plays/7/vollmond) non si può raccontare ma solamente vivere, se si ha la fortuna di poterlo fare.

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