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San Marino, investimenti esteri: la partita comincia ora

da Redazione

Si parla di attrarre imprenditori per far ripartire l’economia del Titano. Ma qual è il reale punto di partenza? Ve lo spiega Fixing.

 

di Loris Pironi

 

Sulla questione degli investimenti esteri, possibili, auspicabili, San Marino Fixing prova a mettere qualche punto fermo, affrontando in maniera analitica le mille sfaccettature del meccanismo, per fare affiorare i punti di forza, da valorizzare, e le debolezze del sistema, su cui lavorare. La partita, difficile, impegnativa, inizia adesso.


Capisaldi

 

Partiamo dai capisaldi. La Repubblica di San Marino ha alcune peculiarità che non possono essere messe in discussione. Primo: è una Nazione. Al centro dell’Italia, dunque in una posizione geografica che può essere considerata strategica in ambito continentale. Eppure non è in Unione Europea: questo per certi versi è un limite, in quanto ciò comporta procedure più complesse per l’interscambio commerciale, ma per chi viene da fuori può anche essere un vantaggio, da non sottovalutare. Le dimensioni ridotte sono un indubbio vantaggio, c’è estrema rapidità nel contatto con le istituzioni e questo è un fattore molto positivo; poi però non sempre le decisioni – compresi gli eventuali adeguamenti normativi – vengono prese con la stessa celerità, e su questo si dovrà fare un notevole lavoro. La bassa fiscalità (la tassazione sui redditi d’impresa è al 17% e ci sono meccanismi di detassazione degli utili investiti), poi, è un plus di grande valore, spesso l’unico che viene ricordato.

Ecco snocciolati i principali elementi di valore che possono, o per meglio dire potrebbero, aprire la porta ad investitori esteri. Chiaramente tutto ciò non è sufficiente, ci sono diversi altri elementi in gioco che vanno considerati, dalla capacità di relazionarsi all’apparato normativo (e burocratico), fino ad arrivare alla questione nevralgica delle infrastrutture.

Il nostro viaggio comincia, proviamo a seguire un potenziale investitore estero nel suo ipotetico tentativo di aprire un’impresa a San Marino.


Reputazione

 

Perché un investitore cinese, oppure brasiliano, oppure indiano, oppure russo, oppure sudafricano, o di un qualsiasi Paese dall’economia emergente o già emersa dovrebbe decidere di scommettere su quel puntino nella mappa d’Europa che è la Repubblica di San Marino? La risposta standard è la seguente: perché nelle statistiche mondiali viene riportato il livello di attrattività economica. Più il ranking è alto, più è facile che un investitore opti per quel Paese. La “bibbia”, in tal senso, è la pubblicazione “Doing Business” di Banca Mondiale. Nell’edizione 2013 vengono censiti e “recensiti” 185 Paesi: ai primi posti ci sono Singapore e Hong Kong, agli ultimi due la Repubblica Centrafricana e il Ciad, l’Italia è solo a metà classifica, al 73° posto, per via di alcuni atavici problemi. San Marino non è contemplato. Non lo è mai stato. Primi contatti per vedere il Titano censito dal Doing Business sono stati finalmente presi. Restiamo in attesa di conoscere gli sviluppi.

Tornando al nostro ipotetico investitore, se come Stato non sei conosciuto nel mondo, perché dovrebbe scegliere proprio te? I 1.700 anni di storia e l’inserimento nel Patrimonio dell’Umanità Unesco non sono sufficienti.

Se l’investitore è italiano, invece, il problema non necessariamente è la conoscenza, se non altro per una questione di vicinanza territoriale. In questo caso, piuttosto, il problema è la reputazione. L’immagine di San Marino – e della sua economia – in questi ultimi anni è stata letteralmente strapazzata dai media italiani. Talvolta a giusta ragione, spesso immotivatamente, per superficialità o altri motivi. La black list, il Decreto Incentivi con la minaccia fantasma dei riflettori delle Fiamme Gialle su chi fa affari con il Titano, la mancata ratifica degli accordi bilaterali non aiutano. Contestualmente però nulla di serio è stato fatto per tutelare l’immagine della Repubblica, perlomeno dagli attacchi più ingiustificati. E questo è un grave punto a sfavore.


“Aggancio”

 

Chi ha superato il primo scoglio, ovvero ha “scoperto” le potenzialità di un investimento nella piccola Repubblica con vista sull’Adriatico deve prendere contatto con questa realtà. Scoprirla territorialmente, muoversi nei suoi meandri normativi, soppesarla. E qui dobbiamo dire che l’approccio “umano” è un altro di quei fattori che vanno visti in chiave assolutamente positiva: disponibilità e gentilezza, da queste parti, non mancano di sicuro. Nell’articolo nella pagina qui a fianco potete approfondire il discorso dell’Agenzia per l’attrazione degli investimenti esteri, ancora in embrione. Che si chiami Agenzia per gli Investimenti oppure Segreteria all’Industria, poco cambia nella sostanza. L’importante è che l’investitore abbia una porta aperta, abbia qualcuno che sappia aiutarlo a muoversi nei meandri delle leggi e della burocrazia. Che gli sappia dare consigli. Che, guardando le cose da un’altra prospettiva, sappia conquistare la sua fiducia e convincerlo a investire sul Titano piuttosto che in Svizzera, in Lussemburgo o in qualsiasi altro luogo.


Licenza

 

Una volta che l’imprenditore o il gruppo imprenditoriale estero ha deciso di impiantare la sua attività o parte di essa in Repubblica, deve dare inizio alla propria attività. Il primo passaggio è ottenere la licenza. E qui inizia un percorso ad ostacoli. Se in Italia si può aprire una licenza in un giorno (i controlli sono successivi), la legge sammarinese prevede tutta una serie di passaggi piuttosto complicati.

A questo punto, l’imprenditore estero che vuole farsi intestare una licenza in Repubblica deve seguire un iter che lo porterà dal notaio (in Italia non è necessario), in Tribunale, all’Ufficio Industria, all’Ufficio Urbanistica… per un iter che dura abbondantemente più di un mese.


Residenze

 

Abbiamo introdotto in maniera sin troppo soft il discorso delle residenze. Se sono un investitore che ha tutte le carte in regola, decido di investire a San Marino, creando occupazione e un indotto, perché ci devono essere ostacoli per una mia presenza stabile sul territorio? Il problema alla base di questo controsenso palese (ma la politica delle residenze negli ultimi anni è andata espressamente in questa direzione) sta nel fatto che ottenere la residenza è possibile, ma solo in base ad una decisione che spetta alla politica. La legge (95/1997) affida alla Commissione Affari Esteri la possibilità di assegnare residenze “speciali”, previa proposta motivata del Congresso di Stato. Legare la possibilità di concedere residenze ad un meccanismo certo e predefinito, e non agli equilibri (spesso precari) della politica sammarinese, darebbe qualche certezza in più a chi vuole investire in Repubblica. Un sistema di automatismi insomma, e non discrezionalità, che magari abbia un occhio di riguardo anche per i ricongiungimenti familiari (c’è chi non vuol trasferirsi lasciando altrove la propria famiglia) o non solo per l’imprenditore che investe ma anche per le figure apicali della sua azienda.


Mercato del lavoro

 

Qui andiamo giù diretti, senza fare sconti. Parlando con gli imprenditori, sammarinesi e non, che operano sul territorio, il problema che tutti quanti, nessuno escluso, puntualmente sollevano riguarda il mercato del lavoro. Aprire un’attività in Repubblica significa dover garantire occupazione sammarinese. In tempo di crisi è una filosofia sacrosanta, ma cosa succede se una società vuole operare in un ambito iper-specialistico che richiede manodopera altamente professionale? Non si può pretendere che un imprenditore si trovi costretto ad assumere manodopera non necessaria per “pareggiare” quella che gli serve realmente, come in troppi casi abbiamo assistito in questi anni. Il mondo è cambiato, il mercato è cambiato, se non ci si adegua si rischia di uccidere le imprese prima di farle sviluppare. Dobbiamo dire però che la riforma del mercato del lavoro è stata al centro di diversi ragionamenti nel corso della passata Legislatura ed è uno degli snodi del programma di governo della coalizione che ha vinto le elezioni. Tra i punti principali va riformato senza ombra di dubbio l’Ufficio di Collocamento e va data un’importanza sempre maggiore – questo è un cavallo di battaglia di Fixing – alla formazione.


Capannoni

 

Una volta risolti tutti i problemi e avviato l’iter per l’apertura della nuova licenza, il nostro imprenditore – che ormai ha iniziato a frequentare parecchio il Titano – si trova a dover scegliere l’area nella quale sviluppare la propria attività. Il territorio è piccolo, e non tutto è concesso (per fortuna). Però la crisi di questi anni ha – magra consolazione – messo a disposizione di chi vuole investire oggi a San Marino un’ampia scelta di strutture in cui impiantare la produzione. Altro aspetto non trascurabile sono i costi, non proibitivi.


Infrastrutture

 

Resta un’ultima questione da affrontare, che è trasversale. Ed è uno di quegli aspetti che un buon imprenditore non può non prendere in considerazione al momento di scegliere la “location” per la propria produzione. Parliamo delle infrastrutture. Il discorso è ampio perché ci riferiamo sì alla viabilità interna a San Marino e ai collegamenti con l’Italia (la Superstrada, la vicinanza della Riviera, il casello autostradale), ma anche alle infrastrutture tecnologiche. Sulle difficoltà che si incontrano utilizzando la telefonia mobile soprattutto in alcune aree del territorio sono stati sparsi fiumi d’inchiostro, la copertura internet in banda larga pare un’utopia. Ma è uno di quegli aspetti che se restano utopie, per chi deve decidere se investire qua oppure altrove, possono fare la differenza…

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