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Teatro: recensione di “E’ stato così” di Sabrina Impacciatore

da Redazione

Dentro il personaggio per tutto lo spettacolo, l’attrice dimostra interessanti capacità interpretative, superando – spesso – la stessa forza del testo.

 

di Alessandro Carli

 

BELLARIA – Il viso bagnato di lacrime e trucco che cola sulle guance di Sabrina Impacciatore alla fine del monologo “E’ stato così” – sulle assi dell’Astra giovedì sera – addensa, in uno scatto preciso, la nitidezza profonda di una storia d’amore, scritta da Natalia Ginzburg.

Il tempo si tuffa nel passato: l’attrice, ben diretta di Valerio Binasco, siede su una sedia italiana di 50 anni fa, sormontata da una tappezzeria vintage e una scenografia spogliata all’osso: una luce, un microfono, una voce. E per poco più di un’ora, immobile, si srotola una memoria affettiva di dolore: una giovane ragazza che si innamora di un uomo stronzo, che la seduce, le dà una figlia e si dipana, fugge, alla maniera del “Dilemma” di Giorgio Gaber, rincorrendo “lo sguardo di una fanciulla nuova” (e già maritata e già madre).
E’ solo davanti alla morte della piccola – sacrificata sull’altare dei sentimenti – che l’anziano compagno si riavvicina alla ragazza. Lui le chiede un altro figlio. Ma forse è troppo tardi: “Gli ho detto: ‘Dimmi la verità’ e ha detto: ‘Quale verità’ e disegnava in fretta qualcosa sul suo taccuino e m’ha mostrato cos’era, era un treno lungo lungo con una grossa nuvola di fumo nero e lui che si sporgeva dal finestrino e salutava col fazzoletto. Gli ho sparato negli occhi”. È questo il raggelante inizio dello spettacolo, che poi torna nella chiusura a panino: tutto inizia dove è finito, e tutto finisce dove è iniziato. In mezzo – e durante il monologo di coscienza – la forza (diciamolo: sorprendente) di Sabrina Impacciatore, un’autentica rivelazione: dentro il personaggio per tutto lo spettacolo, l’attrice dimostra interessanti capacità interpretative, superando – spesso – la stessa forza del testo.

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