Pane, carne, olio, formaggi e miele: prodotti tipici del Titano che, in questo modo, vengono conosciuti attraverso una didattica attenta e giocosa.
Come poteva la poesia e la letteratura non innamorarsi del miele per esprimere i sentimenti più profondi e le sensazioni più morbide? Trilussa apre il suo prato e vede: “C’è un’ape che si posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va. Tutto sommato, la felicità è una piccola cosa”.
La stessa che percorre gli occhi e le mani dei piccoli studenti delle scuole del territorio, che con grande passione stanno seguendo i laboratori organizzati da Consorzio Terra di San Marino, in collaborazione con l’Ufficio Gestione Risorse Ambientali ed Agricole.
Per riempire lo sguardo con i colori dell’oro, abbiamo seguito una lezione all’interno di Casa di Fabrica, tenuta da Maddalena Bevitori, Alessandra Lelli (entrambe dell’UGRAA) e da Gian Luca Giardi del Consorzio Terra di San Marino.
Prima di raccogliere le riflessioni dell’UGRAA, partiamo da un dato di fatto: i laboratori hanno come obiettivo quello di diffondere un diverso e nuovo approccio culturale verso il cibo e, di conseguenza, verso il territorio e l’ambiente al fine di ottenere comportamenti alimentari equilibrati. Pane, carne, olio, formaggi e miele: prodotti tipici del Titano che, in questo modo, vengono conosciuti attraverso una didattica attenta e giocosa.
“La lezione – racconta Maddalena Bevitori, esperta dei servizi agricoltura presso l’UGRAA – è stata suddivisa in due parti: nella prima è stata introdotto il mondo delle api e alcuni aspetti legati al miele, come ad esempio com’è strutturato un alveare. Specificatamente, abbiamo spiegato il melario e il nido. Nella seconda parte invece abbiamo proposto una breve introduzione all’analisi sensoriale del miele. Successivamente, i ragazzi della prima media hanno potuto degustare otto varietà di miele monofloreale, messi in otto piccoli bicchieri senza nome. Tra un assaggio e un altro, abbiamo pensato di fornire anche alcuni piccoli pezzi di mela, utili per ‘staccare’ i sapori. Abbiamo poi dato loro una scheda: lì hanno descritto ogni singolo prodotto. Gli studenti si sono dimostrati particolarmente attenti, e hanno proposto alcune domande”.
Mentre assistiamo alla degustazione, la dottoressa Bevitori spiega alla platea che “bisogna lasciarsi andare all’istinto. Più si annusa, meno si percepiscono i profumi”. Una sorta di percorso al riconoscimento delle singole varietà di miele, che sviluppa la memoria olfattiva. “Siamo partiti da profumi semplici, quali il caffè e la menta. Odori, in un certo modo, familiari. Poi siamo passati ai mieli”.
Mentre osserviamo la vivacità e la curiosità dei ragazzi, Maddalena Bevitori spiega la differenza tra lo zucchero e il miele: “Entrambi sono dolcificanti. Ma mentre il primo è solo sapore, il secondo invece è anche essenza e aroma”.
“Questo ciclo di laboratori, dedicato alle scuole del territorio – sottolinea la dottoressa – è utile per capire il cambiamento della società. Una volta, i bambini conoscevano bene come veniva fatto il miele: era una pratica molto familiare. Oggi invece i giovani sono svincolati dalla produzione. I corsi rappresentano uno studio alla memoria: dentro ai barattoli che si possono trovare in casa o al supermercato, c’è una storia e un lavoro”. C’è, diciamo noi, il libro delle tradizioni di un territorio, attento a non dimenticare le proprie origini.
Non c’è quindi da meravigliarsi se gli studenti, gentilmente rumorosi come piccole api, assaggiano, si confrontano, sorridono. Del resto, come scrisse Federico Garcia Lorca, “l’alveare è una stella pura, pozzo d’ambra che alimenta il ritmo delle api. Seno dei campi tremulo d’aromi e di ronzii. Il miele è l’epopea dell’amore, la materialità dell’infinito”. Quell’infinito che si percepisce – ed entra – attraverso il naso e la bocca.