Il maestro porta in scena il suo ultimo lavoro il 5 febbraio: “Il concerto si chiude con ‘The tower’ e ‘Lady labyrinth’, ma riarrangiate in chiave ‘taranta’, quindi con può ritmo e molte percussioni”.
di Alessandro Carli
BOLOGNA – Una missiva di un uomo già maturo, che dedica, piano(forte), un inno a una nuova vita. Nei respiri che compongono “In a time lapse”, che farà tappa al Teatro Duse di Bologna il 5 febbraio, sembra di assistere alla gioia e ai dubbi che un genitore sente vibrare nel cuore. Ludovico Einaudi, con questo album, prosegue nella ricerca personale delle sonorità delle dita: abbandonato – forse – il delicato minimalismo da concept album dei lavori di 15 anni fa (“I giorni”, un viaggio meraviglioso in Africa, e “Le onde”, un omaggio a Virginia Woolf), il sublime artista, “In a time lapse”, cammina lungo il percorso tracciato dalle due precedenti pubblicazioni, “Divenire” e Nightbook”, superando il tempo e abbracciando nuovi orizzonti. Si sente il battito del cuore, tra i brani, ma allo stesso tempo la necessità di fermarsi a riflettere sulla velocità del mondo. Sui vagiti di un bimbo ipotetico, e sugli occhi di un padre, che si incanta davanti a una nuova vita. Arriva in questo modo, l’album e il concerto: parole sussurrate, inni alla gioia e improvvisi sprofondamenti dell’anima, come davanti a una riflessione mozartiana, che spinge tra le stelle e poi si tuffa negli abissi più intimi.
La risposta è nel titolo della sua ultima fatica, “In a time lapse”, un tempo che va rallentato per non perdere i pianti di un neonato, per ricamare l’attesa e le insicurezze legate al suo futuro, alla sua crescita. Le prime note introducono il pubblico a un viaggio nelle vene, alle carezze, all’osservare una crescita. E nei titoli dei pezzi, si “leggono” la fasi dell’uomo, prima piccolo, poi ragazzo, poi adulto, poi a sua volta padre: “Life”, “Walk” (i primi passi), “Run” (la corsa), “Brothers” (i fratelli), “Discovery at night”, scoprire, di notte, i vagiti di un piccolo naso che chiede calore.
Nessuna lacrima però: il concerto – che vede sul palco anche Alice Costamagna, Svetlana Fomina, Federico Mecozzi (di Verucchio) e la riminese Caterina Boldrini; al violoncello Marco Decimo e Redi Hasa; alle viole Antonio Leofreddi e Laura Riccardi; alle percussioni Riccardo Laganà; Alberto Fabris live electronics e il multistrumentista Francesco Arcuri – ha un’energia che entra dentro, e scuote le assi del teatro. Oltre ai pezzi racchiusi “In a time lapse”, spazio infatti anche alla saltellante “Divenire” e ad alcune pagine di “Nightbook”.
Sorridente, Einaudi, ci ha concesso qualche battuta: “Il concerto si chiude con ‘The tower’ e ‘Lady labyrinth’, ma riarrangiate in chiave ‘taranta’, quindi con può ritmo e molte percussioni. L’intero album invece l’ho registrato vicino a Vicenza, in uno studio per archi che ha un’acustica straordinaria”.
La riminese Caterina Boldrini, ha iniziato a suonare al Lettimi a 8 anni, ed è una perla di luce. Fatica quasi a parlare. “E’ un’emozione infinita, che mi ha arricchito moltissimo. Adesso inizia il tour”. Con un filo di voce, racconta com’è nata questa nuova esperienza: “Federico Mecozzi – che conosco da tantissimo tempo – mi ha detto che Ludovico Einaudi aveva intenzione di allargare l’organico, così ci siamo incontrati. Non ho parole”.
Federico Mecozzi spiega che sul palco suona “il violino, la chitarra e il basso. In ‘In a time lapse’ c’è dentro tutto. Secondo me ci sono tutte le esperienze di Ludovico Einaudi: c’è la sua anima melodica, ma anche quella più elettronica. A mio parere, si tratta di un lavoro molto vario e molto coerente. Io gli ho dato una mano alla stesura di alcuni arrangiamenti”.
Il risultato è sorprendente: note vellutate e intime, dialoghi con gli altri strumenti, ma soprattutto l’energia pulita e contagiosa della pizzica e della taranta. Einaudi è giovane, giovanissimo, e si diverte. Il tempo “rallentato” quindi è solo un buffetto, un sorriso: l’esibizione dal vivo di “In a time lapse” è un concerto rock.