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Giornalisti e giornalismo a San Marino, la professione-fantasma

da Redazione

Un ordine professionale? A molti sembra inutile e obsoleto. Ma dopo un codice deontologico e una legge, un contratto di settore non è più rinviabile per la dignità professionale di tutti gli operatori.

 

di Saverio Mercadante

 

Giovedì 17 gennaio in Consiglio Grande e Generale è stata approvata a maggioranza l’istanza d’Arengo per “l’adozione di una legge che regolamenti la professione giornalistica, anche tramite la costituzione di apposito ordine professionale”. E’ stata proposta dal giornalista di San Marino tv Lorenzo Giardi.

Il dibattito in Consiglio Grande e Generale è stato piuttosto interessante, la politica riconosce ancora una volta l’esistenza di un problema annoso che un paese moderno avrebbe dovuto risolvere già da tempo. Ma c’è molta disillusione tra gli operatori del settore.

Anche nel gennaio del 2012 venne approvata un’istanza analoga ma che non ebbe nessun seguito legislativo. Un codice deontologico istituito dagli stessi operatori del settore potrebbe essere il primo passo.

Si acquisterebbe in credibilità e si farebbe chiarezza sui diritti e i doveri dei giornalisti.

Ma non c’è alcun dubbio che la mancanza di una legge di settore è veramente imbarazzante per la Repubblica di San Marino in presenza di una crescita del settore e l’arrivo sulla scena giornalistica dei new media.

Un ordine professionale? A molti sembra inutile e obsoleto. Ma dopo un codice deontologico e una legge, un contratto di settore non è più rinviabile per la dignità professionale di tutti gli operatori. San Marino Fixing ha chiesto un commento ad alcuni giornalisti che lavorano a San Marino e sulle testate italiane con pagina sammarinese.

“Serve assolutamente una legge. E un codice deontologico – afferma Patrizia Cupo del Corriere di Romagna – che si dovrebbero dare i soli giornalisti. E che per facilità si potrebbe mutuare da quello italiano facendo riferimento alla Carta di Treviso per la tutela dei minori e a quella sulla tutela dell’informazione dalla pubblicità, dunque sulla divisione netta tra l’uno e l’altro settore. Serve poi un organo che le faccia rispettare. Più che un ordine professionale come in Italia meglio una legge che imponga delle sanzioni e una sorta di authority che possa far rispettare le regole. Sarebbe più semplice, meno burocratico e meno dispendioso garantire la tutela dell’informazione dei lettori. Una volta che si creino questi presupposti, un’autorità garante dei lettori e del giornalista, e un codice deontologico, è ovvio che si prefigura la nascita di una professionalità riconosciuta che a tutt’oggi non esiste, e che richiederà l’istituzione di un contratto ad hoc”.

“La legge è certamente necessaria per questi motivi principali: il riconoscimento della professione, e di conseguenza un contratto di categoria, e un codice deontologico. Seppure ci sia l’USGI – spiega Antonio Fabbri – è pur sempre un’associazione che ha un codice deontologico che vale solo per gli iscritti. Il problema vero che queste istanze d’arengo che vengono presentate abbiano un seguito. Ricordo che già nel gennaio del 2012 ne era stata approvata una analoga promossa da Christian Bologna ma anche allora non ebbe seguito. E le istanze d’arengo per legge dovrebbero essere attuate entro i sei mesi successivi alla loro approvazione. L’auspicio è che questa volta ci sia un diverso atteggiamento. Mi sembra che durante il dibattito consigliare sia stata manifestata una certa volontà di dare attuazione a quest’ultima istanza e di risolvere i problemi del mondo dell’editoria. Aspettiamo alla prova dei fatti il governo e in particolare il Segretario di Stato all’Informazione che ha detto di voler mettere mano in tempi brevi alla questione. D’altronde in passato di incontri ne abbiamo fatti tanti, speriamo che questa volta si si risolva il problema”.

“Ritengo che più che un ordine – afferma Davide Giardi de La Tribuna – servano delle regole precise. Ovviamente il contratto è necessario perché non è possibile che siamo equiparati a degli impiegati quando abbiamo tutta un’altra serie di esigenze e di obblighi professionali. Sulla nascita di un ordine sono controcorrente: mentre in Europa vengono eliminati che a San Marino venga istituito mi sembra davvero singolare. Preferirei regole precise che nel caso vengano disattese ci siano anche delle sanzioni severe. Dunque, chiari diritti e doveri. Ripeto l’ordine rischia di diventare un potere forte, una casta contro un’altra casta. La questione va risolta affrontando la materia nel suo complesso non accontentandosi di un ordine. Mi complimento comunque con il giornalista che al di là della proposta specifica ha tirato fuori il problema che è lì e va risolto”.

“E’ positivo che finalmente si affronti la questione – dichiara Franco Cavalli di San Marino Oggi – perché San Marino è in ritardo e ha assolutamente bisogno di una soluzione soprattutto per riconoscere la figura professionale del lavoro giornalistico in relazione al tema del segreto professionale, il rispetto della fonte, e così via. Sulla formazione di un ordine non so se può essere la formula più indicata per San Marino, visto che non c’è da nessuna parte, se non Italia. Non si può comunque far decidere a qualcuno al di fuori della professione il codice deontologico e naturalmente non può essere un giudice. O qualcuno che s’improvvisa. Forse più che un ordine sarebbe meglio pensare ad un’associazione o a una consulta. Sulla possibilità di un’authority ho delle perplessità. Un authority nominata da chi? Dalla politica? Meglio tener separate le due cose. Ultima annotazione: credo anche che in Consiglio si sia fatta un po’ di confusione tra editoria e figura del giornalista. Però è logico che bisogna mettere mano a tutto il settore e non solo agli aspetti giornalistici”.

“Non c’è dubbio che la professione debba essere regolamentata al più presto – sottolinea Giovanna Bartolucci di SMtv – a causa anche dell’imporsi dei new media. C’è una grande difficoltà anche per noi di SMtv di lavorare all’interno di regole che non ci sono. Dunque: il diritto del cittadino ad essere informato ma allo stesso tempo il dovere del giornalista ad informare correttamente. C’è chi ne abusa utilizzando il fatto che non ci sia una legge e c’è chi comunque cerca di darsi delle regole deontologiche. La famosa etica della professione che in Italia c’è, e a San Marino ancora non esiste. Un codice deontologico è fondamentale e non può essere la politica a darcelo ma deve essere istituito dagli stessi operatori del settore. La politica può normare i casi come quello della diffamazione, insomma gli aspetti penali e civili del giornalismo. Più che un ordine forse è meglio un sindacato giornalisti. Però San Marino lascia molte possibilità agli ordini professionali: avrebbe il diritto di sedere al tavolo con il governo avendo autorevolezza quando si parla di riforme. Va da sé che dopo una legge sulla stampa e un codice deontologico sia necessario assolutamente un contratto di settore. Non è possibile che noi siamo ancora riconosciuti come metalmeccanici. In ogni caso il passo più urgente è quello di un codice deontologico”.

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