Università: “Oggi non è un volano”. Parco Scientifico: “Opportunità se in sinergia con le imprese”.
di Alessandro Carli
Il sole dell’arte – intesa a 360 gradi – sorge ad ovest. Rivolge lo sguardo oltre l’oceano Atlantico (per la precisione, agli Stati Uniti d’America) il segretario di Stato alla cultura e all’istruzione, Giuseppe Maria Morganti che, a San Marino Fixing, parla delle traiettorie del proprio dicastero. Difatti, ogni idea e ogni proposta che andrete a leggere nell’intervista, si può riunire in una definizione: “Progetto Louisiana”.
Segretario, partiamo proprio dallo Stato statunitense. Perché l’ha preso a modello?
“Dopo il terribile uragano, la Louisiana ha creato un distretto ad hoc, con strutture dedicate, e ha saputo riproporre una ripartenza della cultura, riuscendo a offrire posti di lavoro e un’offerta di altissima qualità”.
La cultura – sia artistica che legata all’istruzione – deve partire dalla scuola, la base formativa di ogni individuo.
“La scuole primarie sammarinesi hanno un ottimo stato di salute, ed è piuttosto aggiornata. A mano a mano che gli studenti crescono, aumentano le difficoltà generazionali. A partire dalla scuola media, rispetto all’Italia abbiamo perso qualche punto sul fronte dell’innovazione. Ho già avuto modo di parlare con i presidi, che si sono già attivati per procedere a ridare slancio all’attività didattica. Perché è successo? Io credo che ci siamo consegnati troppo passivamente all’Italia. La riforma Gelmini ha puntato molto sull’informatica e sulla lingua inglese, due materie che i nostri studenti hanno già in possesso. La modernizzazione non passa attraverso questi due punti. Per il futuro delle scuole del Titano, vorrei sperimentare una materia in lingua inglese: prossimamente ne discuterò con il professor Guerra e con i dirigenti e gli staff delle scuole. Sono dell’idea che la scuola debba seguire uno sviluppo verticale, che parte dagli asili nido e arrivi sino alle scuole superiori. Un percorso che deve essere per tutti, sia per chi poi diventerà ingegnere o avvocato che per chi deciderà di entrare subito nel mondo del lavoro. L’istruzione deve avere una democrazia sociale della cultura”.
Molto si è parlato e molto si parla dell’università sammarinese.
“Può diventare un motore per lo sviluppo e per la cultura, ma allo stato attuale delle cose, non lo è. Occorre separare – a parer mio – la parte didattico/scientifica da quella economica/amministrativa al fine di evitare eventuali conflitti di interesse. E’ parimenti importante, per non dire fondamentale, mettere in piedi una serie di forti e profondi rapporti con le imprese del territorio: creare cioè un legame tra i dipartimenti e il settore dell’economia. Sempre sull’università, credo che si debba cercare un’apertura verso l’estero: ha le potenzialità per fornire servizi a paesi che ne hanno bisogno, come l’Africa e il Sud America. Nazioni che non temono di confrontarsi con la nostra cultura”.
Sempre in tema di università, si parla spesso di riconoscimenti dei titoli di studio.
“A Fine gennaio è stato ratificato, in maniera molto parziale, l’accordo sul riconoscimento dei titoli di studio. Il documento riguarderà la mobilità degli studenti: l’anno studiato a San Marino, varrà anche per l’Italia. Vorremmo poi arrivare a far riconoscere i nostri titoli anche a livello europeo. Nel frattempo abbiamo stretto un accordo con l’università di Parma per la facoltà di ingegneria gestionale: la laurea avrà valore sia in Italia che a San Marino. I dottori saranno abilitati ai concorsi anche a Roma”.
Alla base di tutto, c’è comunque la formazione.
“Direi che è fondamentale. In questo senso, proporrò due progetti. Il primo riguarderà gli insegnanti. Per passare da un ordine a un altro, hanno bisogno di una formazione specifica. Mi spiego: se l’insegnante è impiegata al liceo, dovrà avere un certo bagaglio di conoscenze professionali, che saranno comunque diverse da un professore che insegnerà alle scuole medie inferiori. Poi vorrei aprire una scuola di alta formazione per i dirigenti della Pubblica Amministrazione: solo chi avrà le competenze e le conoscenze potrà lavorare ai vertici”.
Un ruolo centrale per il rilancio del Paese riguarda il progetto del Parco Scientifico e Tecnologico.
“E’ certamente una priorità, che nel tempo ha avuto un ridimensionamento, almeno negli obiettivi. Non è un affare per gli immobiliaristi, ma un luogo che servirà per produrre un livello di ricerca e sviluppo da trasferire nel mondo delle imprese”.
La cultura e l’arte, a San Marino, hanno margini di crescita…
“Sul territorio esistono molte iniziative e realtà di interesse: la biblioteca, i musei, i centri sociali – che sono stati lasciati all’abbandono e hanno avuto una sottrazione di risorse – ma anche i teatri. Gli istituti culturali pubblici devono incontrare quelli privati. In questo senso, l’UASC potrebbe mettere a sistema un progetto unitario. A questo proposito, ho due idee. La prima è di dare un senso di compattezza, partendo dalla associazioni di base – come ad esempio lo SMIAF, il Bradipoteatar, la Camerata, la Corale e l’Istituto musicale – per poi favorire un percorso di strutture fisiche, dedicate a ogni specialità. Il teatro Concordia potrebbe specializzarsi nella musica, quello di città nel cinema, quello di Dogana nel teatro di prosa. E pensare anche a uno spazio che diventi la casa di un teatro stabile”.
C’è poi quella “macchia” del museo nascosto, portato alla luce proprio da San Marino Fixing.
“L’intenzione di un polo museale è affascinante: oggi è solo in una fase progettuale ma non finanziaria. Il patrimonio della Repubblica (sul Titano, sparse e senza ordine tra le gallerie, le segreterie, uffici, scuole, eccetera, ci sono le opere di Emilio Vedova, Enzo Cucchi, Shirin Neshat…) diventerà un museo virtuale, un modo per far vedere cose c’è sul Titano”.